Sono mille 977 i suini selvatici abbattuti in Piemonte per contrastare il diffondersi della PSA, ossia la peste suina africana. E quello piemontese è il territorio dove l’azione di depopolamento ha dato numeri più alti, con l’abbattimento di 1.977 capi, seguito da Lombardia (745), Liguria (450) e Lazio (285).
Questi i dati emersi da un bilancio, dopo un anno di attività, presentato da Angelo Ferrari, direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, nominato dal governo commissario nazionale straordinario per l’emergenza della peste suina.
Il monitoraggio della situazione epidemiologia – portato a termine in questi ultimi giorni dell’anno – evidenzia 267 casi accertati in Italia, isole escluse. La maggior parte (139) in Piemonte, seguono Liguria (78 casi) e Lazio (49). Ma l’emergenza non è finita, perché come dice il commissario Ferrari: “Non bisogna abbassare la guardia, anche perché con il freddo i casi sono aumentati. Non voglio fare allarmismi ma è importante avere la situazione sotto controllo e intervenire al primo segnale di contagio”.
Per il suo andamento epidemiologico, ma anche per la virulenza, si può dire che la peste africana è il Covid dei suini?
“Sì, il paragone è possibile, però con una grande differenza: nel caso della peste suina non esistono vaccini”.
Come si può contenere e combattere l’epidemia?
“Abbiamo adottato diverse misure che si stanno rilevando efficaci ma è necessario anche mettere in atto e mantenere semplici prassi che sono fondamentali per non aumentare i contagi, anzi spezzarne la catena. Barriere protettive, depopolamento, ricerca e analisi delle carcasse, servono per avere un’idea dell’infezione e contenerla ma a tutto ciò deve essere affiancata la biosicurezza. Mi riferisco a dei comportamenti, a delle prassi virtuose da mettere in atto affinché la peste non si propaghi ulteriormente. Perché se è vero che questa malattia virale non si trasmette all’uomo, quest’ultimo può essere un buon vettore di contagio”.
Quali sono queste prassi?
“Per esempio, riferendomi agli allenamenti di suini, trasportare i capi su mezzi disinfettanti, cambiarsi gli abiti quando si esce o si entra nell’allevamento e poi recintare gli stabilimenti, non dare cibo ai cinghiali e segnalare ogni carcassa ritrovata. Tutelare la produzione dei suini in Italia è fondamentale anche dal punto di vista economico: per la zona infetta è stato stimato un danno di 20 milioni di euro al mese da quando è stata accertata la pandemia suina, che potrebbe salire a 60 se la peste intaccasse i grandi stabilimenti. Incalcolabile sarebbe il danno nel caso in cui si sospendessero le produzioni DOP”.
Le barriere di contenimento hanno funzionato?
“Hanno isolato le aree più infette, impedendo la circolazione del virus. Attualmente siamo ad un buon punto, anche se potrebbe esserci la necessità di crearne altre”.
Per quanto riguarda le barriere di contenimento, tra Piemonte e Liguria sono stati realizzati 105 chilometri su 170 previsti dai lotti in cantiere. Per i lotti appaltati si sono spesi poco meno di 7 milioni di euro. Per il prossimo anno avrete a disposizione altri finanziamenti?
“Attraverso la legge del 29 aprile 2022, sono stati messi a disposizione già dieci milioni di euro, per posizionare le barriere ed effettuare gli espropri. Ad agosto, abbiamo richiesto un incremento fondi di sei milioni e 700mila euro. Importanti, nella lotta alla peste suina, sono stati gli interventi delle Regioni, con il quale il dialogo e stato costante. Per esempio la Lombardia ha messo a disposizione un milione e mezzo, l’Emilia Romagna due milioni”.
Cosa si può fare di più?
“La linea tracciata dà buoni risultati, per migliorare ancora è necessario potenziare il monitoraggio, accelerare il processo di depopolamento, uccidendo più cinghiali, stimati in Italia in oltre due milioni e mezzo. Questo è anche ciò che chiedono agricoltori, cacciatori, rappresentati di Regioni e del Ministero che in questo periodo ho incontrato più volte, raccogliendo le istanze di tutti. Solo agendo in maniera mirata, tempestiva e decisa, possiamo fare terra bruciata intorno al territorio dove si sono verificato i casi di peste suina e debellarla”.