Il pezzo forte del pacchetto famiglia è comunque il mese in più di congedo parentale in cui la retribuzione sale all’80%:un congedo facoltativo che si aggiunge ai cinque mesi obbligatori per le mamme retribuiti al 100% e ai sei mesi pagati al 30% per i genitori che ne facciano richiesta entro i 12 anni dei figli. In aggiunta a questi ci sono altri tre mesi che possono essere utilizzati entro i 12 anni di età, e che sono retribuiti al 30% solo se il reddito individuale non supera le 2,5 volte la pensione minima, circa 1.300 euro al mese.
Che il governo voglia invertire la tendenza alla desertificazione del Paese incoraggiando la natalità lo conferma anche la maggiorazione dell’assegno unico per i figli, che sale del 50% per tutti nel primo anno di vita del bambino e sempre del 50% ma per tre anni nel caso di famiglie più numerose. Anche i bonus edilizi verranno concessi in funzione di quanto è numerosa la prole, estendendo l’uso del nuovo quoziente familiare, introdotto dal decreto Aiuti quater per il superbonus a vantaggio di chi deve ristrutturare le villette. Un meccanismo che sommando i redditi familiari e dividendoli per il numero dei componenti il nucleo finisce per avvantaggiare le famiglie con più figli dove la donna fa da «angelo del focolare domestico». Un’immagine della famiglia non proprio al passo con i tempi.
Per chi è veramente in difficoltà economica la manovra si limita invece a rinnovare il bonus bollette per le famiglie in difficoltà introdotto da Draghi, aumentando però il reddito Isee che da diritto al bonus dagli attuali 13 a 15mila euro. Poco più di una mancetta le misure per contrastare il caro vita. Che si limitano a una riedizione della social card introdotta niente di meno che da Giulio Tremonti e che servirà a facilitare l’acquisto di beni di prima necessità da parte delle famiglie più bisognose, quelle con reddito inferiore ai 15mila euro l’anno. A finanziare la “carta di risparmio” sarà un fondo ad hoc di 500 milioni riservato ai comuni. Poca cosa di fronte a un’inflazione che viaggia quasi al 12%.
Nel primo anno di vita da 75 a oltre 260 euro
La manovra ritocca all’insù l’assegno unico per i figli a carico fino a 21 anni di età, senza limiti anagrafici per i disabili. Per il primo anno di vita di ogni figlio nel 2023 è prevista una maggiorazione del 50 per cento dell’assegno, che oggi varia da 50 a 175 euro mensili, a seconda del reddito Isee. Ma il premio maggiore lo ottengono le famiglie più numerose, quelle che hanno dai quattro figli in più, per le quali la maggiorazione forfettaria raddoppia, passando da 100 a 200 euro al mese, anche se resta da capire se l’aumento verrà scaglionato o meno in due anni. Altra misura pro natalità è il mese in più di congedo maternità, che si potrà prendere fino ai sei anni di età del figlio e che sarà retribuito all’80 anziché al 30 per cento. Confermato l’assegno per i disabili.
Nel 2023 diventerà strutturale il Fondo per finanziare i centri estivi e quelli che offrono delle attività educative ai bambini extra orario scolastico. Spetterà ai Comuni attingere alle risorse.
Bollette, aiuti estesi: arriva la social card
Confermato ed esteso il bonus contro il caro bollette alle famiglie con reddito Isee fino a 15mila euro anziché 13mila, gli aiuti per contrastare l’inflazione si riducono a poca cosa.
C’è la cosiddetta “tampon tax” che dimezza dal 10 al 5% l’Iva sugli assorbenti e i prodotti di prima necessità per l’infanzia, come pannolini, biberon ed omogeneizzati, sui quali grava oggi un Iva del 22%.
Sfumato l’azzeramento dell’Iva su pane, pasta e latte, che secondo le associazioni dei consumatori si sarebbe tradotto in una mancetta di poco superiore ai 20 euro l’anno per le famiglie, al suo posto arriva una riedizione della “social card” introdotta da Giulio Tremonti, che servirà alle famiglie con un reddito non superiore a 15mila euro per acquistare beni di prima necessità.
Confermati i bonus fino a un massimo di 100 euro per la rottamazione delle vecchie televisioni e il contributo di 20 euro per i decoder per chi è sotto i 20mila di reddito Isee.
LE FAMIGLIE
Quoziente familiare allargato all’Irpef
Per ora servirà per accedere al Superbonus edilizio, ma per il centrodestra il nuovo quoziente familiare è una delle misure identitarie per favorire la famiglia con tanti figli e la donna magari in casa. Tanto da volerlo applicare sia all’Irpef che all’accesso alle prestazioni sociali oggi regolate dall’Isee, che oltre al reddito considera anche i patrimoni, invece ignorati dal nuovo quoziente familiare, che in tal modo potrebbe finire per favorire gli evasori fiscali.
Il quoziente funziona infatti sommando i redditi di tutti i componenti del nucleo familiare, dividendo per uno se si è single, due in presenza di un coniuge o convivente e via via per un numero più alto a secondo del numero di figli.
Cosa succede se applicato all’Irpef ce lo dice la Francia, che adotta un meccanismo simile: tra due coniugi che lavorano, senza figli, con un reddito di 60mila euro e una famiglia con due figli e lei in casa a parità di reddito quest’ultima versa 2.618 in meno di imposta.