Marco Rogari, il Sole 24 Ore. La scelta di affidare il delicato dossier del Pnrr, insieme agli Affari europei e alle Politiche di coesione, al fedelissimo Raffaele Fitto. E di attribuire la gestione delle politiche del Mare al dicastero per il Sud, guidato dall’ex governatore della Sicilia, Sebastiano Musumeci, aprendo, almeno sulla carta, la strada a un possibile incrocio di competenze, soprattutto per la gestione della Guardia costiera, con il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, dove approda Matteo Salvini. Anche se dalla Lega hanno subito fatto sapere che «le deleghe del ministro Musumeci non assorbiranno alcuna competenza attualmente in capo al ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili». Non mancano le novità rispetto all’assetto dell’esecutivo uscente nella compagine governativa annunciata dalla neo-premier Giorgia Meloni.
E alcune sarebbero state perfezionate nelle ultime ore. Come la decisione di attribuire il timone dello Sviluppo economico ad un alto esponente di primo piano di Fdi come Adolfo Urso (si tratta sostanzialmente di un ritorno), invece che a Guido Crosetto (chiamato alla Difesa). E soprattutto di dare a questo ministero una mission mirata con una nuova denominazione, che diventa “delle Imprese e del Made in Italy”.
Anche il ministero dell’Istruzione, dove arriva Giuseppe Valditara, uno dei consiglieri di Salvini con un passato in An, si mostra con una fisionomia ritoccata assumendo la denominazione di “Istruzione e merito”. Un restyling che rappresenta anche un segnale preciso della rotta che su questo versante intende seguire l’esecutivo.
Scompare il dicastero della transizione digitale. Mentre in parte con un ritorno al passato ma anche con vesti nuove si presenta il ministero che avrà in cabina di comando Francesco Lollobrigida, un altro uomo molto vicino a Meloni: quello delle Politiche agricole, trasformato in Agricoltura e sovranità alimentare. Così come quello Transizione ecologica, rinconvertito in ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, inizialmente attribuito per errore a Paolo Zangrillo di Fi, destinato alla Pa, ma del quale sarà invece il titolare il collega di partito Gilberto Pichetto Fratin. Lollobrigida ha immediatamente precisato che il riferimento alla sovranità alimentare non è un inedito: «ce l’hanno anche in Francia dove hanno difeso meglio i loro prodotti, quindi riteniamo sia completamente in linea con la vocazione che avremo anche noi».
Ma sicuramente le tessere imposte con maggiore forza dalla premier per completare il puzzle dei 24 ministeri su cui poggia il governo sono quelle del Pnrr e delle politiche del mare. La scelta di assegnare proprio a Fitto, chiamato a gestire gli Affari europei e le politiche di coesione, il coordinamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza non è casuale. Il ministro avrà anche il compito di preparare il terreno per gli eventuali ritocchi e affinamenti del Piano ai quali ha più volte fatto riferimento Meloni, oltre che a mantenere l’interlocuzione con Bruxelles sul nodo cruciale della fase attuativa. E casuale non è neppure l’attribuzione delle politiche del mare a Musumeci. Soprattutto sulla gestione della Guardia costiera la linea di confine con le competenze del ministero delle Infrastrutture, assegnato a Salvini, non appare ancora chiara. E dovrà essere precisata nel momento in cui le deleghe delle due strutture ministeriali saranno messe nero su bianco per decreto. Nel mosaico composto da Meloni viene anche confermato il ministero della Famiglia e delle pari opportunità, ma con l’aggiunta tra le competenze assegnate a Eugenia Maria Roccella di quelle specifiche sulla natalità, ed è ripristinato il dicastero dello sport e delle politiche giovanili con alla guida Andrea Abodi.