Angelo Gamberini, Agronotizie. Sullo scenario europeo si registra un calo della produzione in quasi tutti i settori, che coincide con un aumento delle quotazioni. Ma più che la domanda è l’aumento dei costi a dettare l’evoluzione del mercato. Le analisi della Commissione Europea
Sono tre gli elementi che accomunano i mercati della carne europei: minore produzione, prezzi più alti, costi di produzione in continua crescita.
È questo in sintesi lo scenario tratteggiato dal recente report della Commissione Europea sulle tendenze a breve termine nei vari segmenti produttivi, a iniziare dalle carni bovine.
In questo comparto la crescita dei prezzi ha preso il via dal maggio dello scorso anno per poi proseguire quasi ininterrottamente nei mesi a seguire.
Due i fattori che hanno contribuito a questa crescita, la minore produzione, che ha coinciso con la ripresa dei consumi seguita all’attenuarsi dell’emergenza sanitaria.
Il calo della produzione, mediamente dello 0,8% su base annua, non è avvenuto in modo lineare fra i vari paesi dell’Unione.
Francia e Germania figurano fra i paesi che hanno registrato un calo più significativo, ai quali si potrebbe aggiungere l’Italia, che però ha aumentato la quota di ristalli di importazione da avviare all’ingrasso.
I bovini
Gli allevatori tuttavia non hanno tratto vantaggio dalla ripresa dei mercati, che ha coinciso con il forte aumento dei costi di produzione e in particolare degli alimenti per il bestiame.
Le conseguenze si sono viste anche sugli allevamenti di bovine da latte, con un aumento dei capi riformati.
Negli allevamenti da carne l’aumento dei costi ha portato a una diminuzione del peso al macello, nel tentativo di ridurre i costi per il finissaggio degli animali.
A fronte di queste difficoltà, le analisi della Commissione prevedono che la produzione di carne bovina nell’Unione continui a flettere e a fine si anno si potrebbe registrare un meno 0,5%.
Bovini, la bilancia commerciale
Nei primi tre mesi di quest’anno le esportazioni di carni bovine sono aumentate del 6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Fra le principali destinazioni della produzione europea figurano il Canada (+31%), il Giappone (+61%), e il Regno Unito (+32%).
Le previsioni per il 2022 indicano un complessivo aumento delle esportazioni di carne (+4%).
Di segno opposto sono invece le esportazioni di animali vivi, che nei primi tre mesi del 2022 hanno registrato un calo dell’8%.
Una flessione destinata a continuare anche nei rimanenti mesi dell’anno.
Aumentano per contro le importazioni, in particolare da Brasile e Argentina,
La carne suina
Come per la carne bovina, anche nel caso dei suini i prezzi sono in netta ripresa, tanto da registrare nei primi mesi del 2022 un più 17% rispetto alla media aprile-maggio del periodo 2017-2021
Una serie di fattori negativi spinge però la produzione verso il basso.
Colpa dei focolai di peste suina africana registrati in alcuni paesi europei, ma anche dei vincoli alla produzione dettati da motivazioni di carattere ambientale.
Le analisi della Commissione prevedono un importante calo della produzione (meno 14%) in Germania e in Polonia, mentre in Italia la flessione dovrebbe fermarsi a un meno 7,5%.
Problemi che sembrano non toccare la propensione alla crescita dei suinicoltori spagnoli, che potrebbero chiudere il 2022 registrando un incremento del 3%.
Nel complesso la produzione di carne suina a livello europeo dovrebbe chiudere il 2022 con un calo del 4,7% e allo stesso tempo si prevede una diminuzione del consumo (meno 3,3%) che potrebbe attestarsi su una media di 31,7 kg procapite.
Carni suine, la bilancia commerciale
Restando sulla filiera delle carni suine, cambiamenti significativi sono quelli che si registrano per gli scambi commerciali con i paesi terzi.
Profondamente mutati sono gli scambi commerciali con la Cina, che superata l’emergenza peste suina africana ha ripreso la produzione interna e ridotto le importazioni.
Non stupisce allora il notevole calo (meno 40%) delle esportazioni europee di carni suine verso Pechino.
Recuperano in compenso le esportazioni verso il Regno Unito, e sono attesi in aumento anche i flussi di export verso Giappone e Filippine.
Ma nel complesso l’export europeo di carni suine sembra destinato a chiudersi con un dato negativo (meno 9,6%).
Le carni avicole
L’avicoltura europea si è trovata ad affrontare una forte ondata di influenza aviaria, che ha coinvolto anche l’Italia.
A dispetto di questa emergenza, il mercato europeo ha segnato un importante recupero dei prezzi, che superano in larga misura (più 38%) la media dei prezzi 2017-2021
A spingere le quotazioni verso l’alto ha contribuito il calo produttivo seguito al ripetersi di focolai di influenza aviaria.
Solo la Francia ha mantenuto praticamente immutata la quantità di carne avicola prodotta, mentre Ungheria e Italia sono fra i paesi che più ne hanno risentito, segnando un calo della produzione rispettivamente del 9% e del 10,5%.
La crescita del settore è peraltro frenata, analogamente a quanto avviene per altre filiere della carne, dal forte aumento dei costi di produzione.
In Belgio e Olanda il settore avicolo trova un ulteriore ostacolo all’espansione dalle politiche ambientali.
Solo in Spagna e Polonia la tendenza è invece all’aumento della produzione, tanto da compensare i cali degli altri paesi e mantenere così stabile la produzione media europea di carni avicole.
Carni avicole, la bilancia commerciale
Sul fronte degli scambi commerciali si segnala la ripresa delle esportazioni verso il Regno Unito, come avvenuto per gli altri segmenti produttivi.
L’export europeo verso Oltremanica dovrebbe così superare i valori precedenti, registrando un aumento del 6% sulla media degli anni dal 2016 al 2019.
Il ripetersi di focolai di influenza aviaria ha però nuociuto agli scambi commerciali con i paesi africani e asiatici in particolare.
Pur prevedendo una tendenza all’aumento delle esportazioni, non si riuscirà a raggiungere i livelli del periodo 2016-2019, rispetto ai quali l’export europeo segnerà a fine 2022 una flessione del 6%.
In aumento al contrario le importazioni e l’azzeramento dei dazi per le merci provenienti dall’Ucraina, dove l’ampia disponibilità di cereali potrebbe favorire una crescita della produzione di carni avicole da collocare sui mercati europei.
Nel complesso si stima un aumento delle importazioni del 16,5%, che non sarà sufficiente per raggiungere il livello medio del periodo 2016-2019, rispetto al quale le importazioni saranno inferiori del 4,5%.
I possibili scenari
In conclusione, le analisi tendono a mostrare complessivamente un calo della produzione in tutti i segmenti, cosa che potrebbe favorire una tenuta delle quotazioni.
Solo un radicale e al momento imprevedibile cambiamento degli scenari internazionali potrebbe favorire un calo dei costi di produzione, condizione necessaria a un aumento produttivo.
Ma bisogna tenere conto di quali saranno le reazioni del consumo a fronte di un aumento dei prezzi al dettaglio, al momento solo rimandato ma inevitabile.
Se inoltre il potere di acquisto sarà eroso dall’inflazione, potrebbe verificarsi un calo della domanda, in particolare per le carni più costose, come possono esserle quelle di bovino.
Molti gli scenari possibili, che invitano a valutare con attenzione le ipotesi di investimento a ogni livello, dagli allevamenti alle industrie di trasformazione.