L’Espresso. Il diritto alla salute, articolo 32 della Costituzione, la cosa più preziosa e più civile che abbiamo, è seriamente in pericolo. La salute per la Costituzione è sia un diritto fondamentale dell’individuo che un interesse collettivo. A metterlo in pericolo oggi più che mai c’è la grande questione irrisolta della sostenibilità cioè trovare il modo di far coesistere diritti e risorse senza aver bisogno di metterli in opposizione.
Di sostenibilità è morto, circa mezzo secolo fa, il sistema mutualistico crollato sotto il peso dei debiti e di sostenibilità rischia di morire l’attuale sistema pubblico universale e solidale.
In campagna elettorale nessuno dei partiti ha osato porre onestamente questo problema, eppure a causa della pandemia sono aumentati i costi complessivi del sistema, insieme alla crescita dell’inflazione, del debito pubblico, e al rischio di recessione. Tutti i partiti nessuno escluso, ma anche i sindacati, per la Sanità chiedono semplicemente più soldi come se fosse facile e scontato trovarli quando così non è.
In ragione di una fraintesa e sbagliata idea di sostenibilità la sinistra di governo quindi il Pd a partire dagli anni 90 ha messo in campo uno sconsiderato neoliberismo cioè l’idea del tutto arbitraria che l’unico modo per rendere sostenibile la sanità pubblica fosse la sua aziendalizzazione e la sua privatizzazione.
Il Pd in testa con la scusa della sostenibilità ha pesantemente controriformato l’art. 32. Quattro le circostanze storiche da ricordare: 1) l’aziendalizzazione (1992) cioè il teorema che i diritti debbano essere subordinati alla disponibilità delle risorse; 2) le privatizzazioni della Bindi (1999) che scavalcando la sanità integrativa introdotta da De Lorenzo ammette l’intra moenia (i cittadini che possono pagarsi le prestazioni escono dalle lista di attesa) e la sanità sostitutiva (i cittadini che se lo possono permettere possono sostituire la sanità pubblica con una sanità privata); 3) la Controriforma costituzionale del titolo V voluta da D’Alema per arginare, alla fine degli anni 90, l’avanzata della Lega senza la quale oggi l’autonomia differenziata di Salvini sarebbe impossibile; 4) il jobs act di Renzi (2014) che a suon di agevolazioni fiscali pagate con le tasse dei cittadini ha cercato di americanizzare la sanità pubblica italiana (welfare on demand) spianando la strada ai fondi e alle mutue definite attraverso i contratti di lavoro, cioè ha opposto alla sanità pubblica il welfare aziendale.
Dulcis in fundo recentemente il Pnrr di Speranza cioè lo sfoggio del pensiero vuoto di una sinistra di governo che non è più ne di sinistra e ne di governo. Il niente nascosto dietro l’alibi della pandemia.
Con Speranza abbiamo buttato alle ortiche almeno 20 milardi, ma senza risolvere una sola delle grandi contraddizioni strutturali e funzionali della Sanità pubblica riconducibili alla rogna della sostenibilità. Lasciando quindi gli ospedali ancora in balia di vecchie politiche di deospedalizzazione (Dm70 del 2015), lasciando insoluta la grande questione dei medici di medicina generale e delle cure primarie, (Dm71 del 2022) e il grande problema degli operatori la cui assunzione ancora oggi resta subordinata a superati tetti di spesa.
Il Pnrr con Speranza, alla fine, sul piano politico non è stato altro che una gigantesca auto-assoluzione di tutte le fesserie politiche fatte dal Pd in Sanità contro l’art. 32 in questi ultimi decenni.
Per la campagna elettorale in Sanità, con la pandemia che non sembra mollare resta quindi tutto come prima: nessun limite alla privatizzazione, via libera al welfare aziendale, autonomia differenziata, grande delega al privato sociale soprattutto per i soggetti più deboli (anziani, non auto-sufficienti, malati cronici).
La Controriforma dell’art. 32 iniziata principalmente dalla Bindi e poi rafforzata con Renzi e mai ridiscussa dal Pd di Letta è quindi interamente confermata e ribadita.
Il paradosso oggi è che il Pd in sanità vuole
come Salvini il regionalismo differenziato, ma è di fatto più neoliberista della destra, o almeno, sempre per restare nel paradosso il centrodestra se volesse risolvere alla vecchia maniera la questione della sostenibilità non dovrebbe fare altro che continuare a fare quello che fino ad ora ha fatto la sinistra. Cioè privatizzare.
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Il paradosso a questo punto diventa un super paradosso al limite del crampo mentale: per salvare l’art 32 oggi, la destra se andasse al governo, soprattutto quella sociale, cioè quella che tradizionalmente coniuga giustizia, nazionalismo, comunitarismo e anliliberismo, dovrebbe opporsi alla deriva neoliberista e secessionista del Pd e della Lega. Un salto mortale davvero difficile da immaginare.
E noto che il centro destra sulla sanità oggi si presenta con intenzioni molto pericolose e contro-riformatrici (si pensi alla questione dell’autonomia differenziata).
Nel caso dovesse vincere la coalizione di centro destra il vero guaio per la sanità pubblica non è solo lo spasmodico desiderio della Lega di far saltare il Servizio Sanitario Nazionale o quello altrettanto morboso del Pd di privatizzare ancora di più il sistema, ma la più totale assenza di pensiero nei confronti della vera sfida che ripeto oggi più di ieri resta la sostenibilità. È evidente che per vincere questa sfida ci vorrebbe un progetto di riforma ma che nessuno ha. Né a destra né a sinistra.
Il Pd in una delle sue tante agorà elettorali (8 giugno 2022) ha negato che esista un problema di sostenibilità limitandosi a promettere alla Sanità semplicemente più soldi.
Italia Viva, quindi Renzi, per finanziare la Sanità propone di chiedere al Mes un prestito dunque di aggiungere al problema sempre più pesante degli scostamenti quello di un ulteriore indebitamento e senza cambiare di una virgola il sistema che c’è.
In sintesi oggi la situazione è la seguente: il sistema pubblico è sempre più regressivo, offre sempre di meno in ogni senso ma allo Stato costa sempre di più. La gente che vuole curarsi e che se lo può permettere è come costretta a ricorrere al privato. Nel pubblico resta il popolo degli sfigati. Si aggiunga il regionalismo differenziato della lega e del Pd. In queste condizioni è impossibile che l’art. 32 sopravviva .In sanità le immorali diseguaglianze tra regioni esploderanno e dispoticamente comanderanno le differenze di reddito.
La soluzione per salvare l’art. 32 ci sarebbe. Non è vero che la sanità è per forza insostenibile e che l’art. 32 è una utopia. Solo pochi anni con lungimiranza qualcuno prevedendo il peggio avanzò una proposta di “quarta riforma” .Ma nessuno lo ascoltò.
La vera futura pandemia nel nostro paese è imminente causerà milioni di “morti bianche” soprattutto tra i bassi redditi e sarà politica perché dipenderà non da un virus ma dalla morte dell art. 32