Con i sei nuovi casi di West Nile – il virus trasmesso dalle zanzare, individuato per la prima volta nell’omonima regione dell’Uganda settentrionale, in Africa, ma ormai endemico in Europa meridionale, orientale e occidentale – nelle ultime 24 ore, Padova sarebbe la provincia d’Italia più colpita dalla nuova emergenza virale. Sarebbero 68 i casi sul centinaio complessivo registrato in questo momento a livello nazionale. L’allarme è alto anche nelle altre province del Veneto: a Verona i casi sarebbero saliti in poco tempo da due a nove, mentre cinque sarebbero quelli registrati a Treviso e a Rovigo. Proprio a Verona sarebbe stata individuata la prima vittima under 45, secondo quanto riferito dal Corriere del Veneto. Si tratterebbe di una bambina di appena 20 mesi, arrivata all’ospedale della città giovedì 4 agosto. La piccola si trovava a casa dei nonni che, spaventati dalla reazione scatenata sul suo corpicino da una serie di punture di zanzare, l’avrebbero portata d’urgenza in ospedale. Visitata dai medici, la bimba avrebbe evidenziato tanti «pomfi» sul corpo accompagnati da febbre, sintomi che avrebbero fatto scattare il ricovero immediato nel reparto di Neuropsichiatria infantile, a Borgo Trento.
In attesa del referto di conferma della bimba e di due anziani
Sempre stando alla ricostruzione fornita dal Corriere del Veneto, un campione di sangue della bimba sarebbe stato inviato alla Microbiologia dell’Università di Padova per il test di conferma del sospetto diagnostico inerente, appunto, al West Nile. In attesa dell’esito dell’esame, che dovrebbe arrivare nelle prossime ore insieme a quelli di altri due casi sospetti, quello di un 73enne e di un 77enne veronesi, la piccola è monitorata in reparto. Al momento la situazione sarebbe sotto controllo e non sarebbero emersi sintomi gravi, ma, data l’età delicata, si starebbe procedendo con la massima attenzione.
Se il caso della bimba venisse confermato dalle analisi del sangue, si tratterebbe dell’ennesimo contagio rilevato in Veneto, dove finora, a eccezione di un ventenne padovano e di alcuni trentenni, sarebbero stati ricoverati solo over 45. Tra il 7 giugno e il 4 agosto nella Regione sono stati registrati 70 pazienti affetti da West Nile, saliti rapidamente a 105. Padova, la provincia più colpita d’Italia, sarebbe passata da 40 a 68 casi, 42 dei quali interessati dalla forma neuroinvasiva, la più grave. Il bilancio delle vittime, al momento, sarebbe fermo a otto persone: cinque a Padova, due a Treviso e una a Venezia.
Un virus più preoccupante del Covid
Ma l’allarme West Nile è in costante crescita, al punto da preoccupare più del Covid, i cui casi, nell’ultima settimana, sono diminuiti del 19,6%, con un’incidenza scesa da 962 a 947,5 tamponi positivi per 100mila abitanti (dati ministero della Salute). A soffrire di più è, prevedibilmente, l’Azienda ospedaliera di Padova. «Attualmente contiamo 15 ricoverati, sei dei quali in Terapia intensiva — ha spiegato al Corriere del Veneto il direttore generale, Giuseppe Dal Ben —. Il resto è distribuito fra le Malattie infettive, le Clinice Neurologiche e Mediche. I degenti stanno aumentando con una certa velocità e l’impatto della malattia sulle strutture ospedaliere non è trascurabile. Possiamo affermare che il West Nile ha soppiantato il Covid per numeri in molti reparti, anche ad alta intensità di cura».
Si rischia di eguagliare il record del 2018: 211 malati e 15 morti
«È una malattia da non sottovalutare, nelle forme più gravi riguarda soprattutto persone già colpite da altre patologie e quindi immunocompromesse», spiegano dalla Direzione medica dell’ospedale padovano. «Il virus in questi fisici già debilitati provoca febbre, mal di testa, debolezza, per arrivare nei casi più gravi a meningoencefaliti e ad altre forme neurologiche che possono diventare fatali». Il trend dei contagi, al momento, è in così rapido aumento da avvicinarsi al record del 2018, quando in Veneto furono registrati 211 malati — 59 dei quali colpiti dalla forma neuroinvasiva — e 15 morti. «È difficile fare un confronto in base ai dati di poche settimane, ma l’impressione è che ci sia una tendenza all’incremento anche delle espressioni più gravi della malattia — spiega la professoressa Evelina Tacconelli, primario delle Malattie infettive dell’Azienda ospedaliera di Verona — di solito diagnosticate all’1% dei soggetti infettati. Causano meningiti, encefaliti, paresi, ma possono attaccare anche fegato, reni e, più raramente, il cuore. Il cambiamento climatico e una maggiore distribuzione delle zanzare nelle aree urbane possono aver agevolato la diffusione del virus».
La Regione scrive ai Comuni per richiamare i cittadini alla massima attenzione
Per cercare di arginare l’epidemia, la Regione ha inviato una serie di note a Comuni e Usl affinché esortino la popolazione a proteggersi con i repellenti delle zanzare e a evitare qualsiasi forma di ristagno d’acqua. Misure già contemplate dal «Piano di lotta alla diffusione dei virus trasmessi dalle zanzare», che prevede la collaborazione tra Regione, Comuni, prefetture, Consorzi di Bonifica, Istituto Zooprofilattico delle Venezie e Usl. Ogni anno i sindaci, cooperando affianco delle aziende sanitarie, ordinano la rimozione delle larve e la manutenzione delle aree a maggior rischio di proliferazione di zanzare. Le Usl controllano che le operazioni vengano eseguite e le amministrazioni inadempienti vengono segnalate alle prefetture. «Nei giorni scorsi si è tenuto un incontro straordinario del Tavolo intersettoriale regionale, in cui sono state condivise le ulteriori misure che verranno attivate dai Comuni e dalle Usl per contrastare la diffusione del virus», ha detto Manuela Lanzarin, assessora alla Sanità della Regione. «Oltre ai piani di disinfestazione e al potenziamento della manutenzione delle aree verdi, è indispensabile un’informazione capillare ai cittadini».
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