Il Sole 24 Ore. Conto alla rovescia per l’adeguamento delle aziende al decreto Trasparenza. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio scorso, il Dlgs 104/2022 – che recepisce la cosiddetta direttiva Trasparenza 1152 del 20 giugno 2019 del Consiglio europeo – da sabato 13 agosto entra infatti in vigore. Comincia, dunque, per questo provvedimento, destinato ad avere un impatto importante sull’organizzazione delle imprese, la fase operativa.
Prima di analizzare nel dettaglio i nodi da affrontare riepiloghiamo lo spirito del testo e i suoi contenuti. La direttiva riguarda la creazione e applicazione di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea. Scopo dichiarato del provvedimento europeo è «migliorare le condizioni di lavoro promuovendo occupazione più trasparente e prevedibile».
L’obiettivo del legislatore europeo è chiaro: si tratta di migliorare l’accesso dei lavoratori alle informazioni riguardanti le loro condizioni di lavoro; le condizioni di lavoro per tutti i lavoratori, in particolare quelli in forme di lavoro subordinato nuove e non standard, salvaguardando l’adattabilità e l’innovazione del mercato del lavoro; la trasparenza nel mercato del lavoro senza imporre oneri eccessivi alle imprese.
Le novità
Come questi obiettivi sono stati calati nel nostro contesto? La nuova normativa italiana amplia e rende più stringenti obblighi che già erano stati introdotti dal Dlgs 152/1997. In sintesi, il datore di lavoro deve comunicare, in formato cartaceo o elettronico, al lavoratore in modo chiaro e completo dettagliate informazioni sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare: l’identità delle parti, il luogo di lavoro, la sede del datore. Poi l’inquadramento, il livello e la qualifica, la data di inizio del rapporto, il tipo di rapporto e durata del rapporto a termine. Inoltre, la durata del periodo di prova, il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro. Ed ancora la durata delle ferie e congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore, il preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore, la retribuzione e gli elementi costitutivi, con periodo e modalità di pagamento, la programmazione dell’orario normale di lavoro ed eventuale straordinario sua retribuzione, condizioni per i cambiamenti di turno, il contratto collettivo, anche aziendale, e le parti che lo hanno sottoscritto, gli enti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e gli elementi previsti dall’articolo 1-bis del Decreto, qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati. Per i dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro, andrà indicata anche l’identità delle imprese utilizzatrici.
Nodi e interventi
Il primo problema riguarda la tempistica: tali informazioni dovranno essere inserite nei contratti di lavoro al momento dell’instaurazione del rapporto o al più tardi entro sette giorni o un mese dall’inizio della prestazione lavorativa a seconda della natura delle stesse informazioni (il decreto definisce alcune informazioni essenziali ed altre non essenziali, queste ultime possono essere comunicate appunto dopo 30 giorni). Fra le informazioni essenziali da dare al lavoratore vi è la programmazione dell’orario ordinario di lavoro. Se non è possibile prevedere un orario di lavoro programmato, il lavoratore dovrà essere informato circa: a) la variabilità della programmazione del lavoro, b) le ore e i giorni di riferimento, c) il periodo minimo di preavviso.
Attenzione: in tali casi il lavoratore ha addirittura diritto di rifiutare l’esecuzione della prestazione, senza subire pregiudizio. È riconosciuto inoltre al lavoratore il diritto di poter pianificare la propria attività, prevedendo che ci possa essere un ristoro mediante un’adeguata compensazione del mancato guadagno derivante dalla tardiva revoca di un incarico di lavoro preventivamente concordato col datore di lavoro. In caso di revoca di una prestazione programmata, se non comunicato al lavoratore con un ragionevole periodo di preavviso, a quest’ultimo spetterà la retribuzione pattuita o una somma a titolo di compensazione non inferiore al 50% della somma convenuta per la prestazione annullata.
Si tratta di disposizioni che possono avere conseguenze negative sulle aziende che si trovino costrette a cambiare improvvisamente i propri piani di lavoro.
Il lavoratore, inoltre, può avere parallelamente un altro lavoro, al di fuori dell’orario lavorativo; il datore non potrà vietarlo, a meno che, detta attività comporti rischi per la salute e la sicurezza del dipendente, o se si debba garantire un servizio pubblico nella sua integrità, o nel caso in cui vi sia un conflitto d’interessi tra le due attività. Anche questa non è una novità assoluta, ma il fatto di non poter imporre l’esclusività della prestazione potrà sicuramente causare difficoltà, in particolare per aziende di cultura ed impostazione anglosassone dove l’esclusività è sempre prevista.
I lavoratori con anzianità lavorativa di sei mesi presso lo stesso datore di lavoro potranno richiedere per iscritto, al datore di lavoro, condizioni di lavoro più stabili, sicure e prevedibili. Un’altra disposizione problematica e che si presta ad essere utilizzata da dipendenti desiderosi di creare un casus belli con il proprio datore.
L’applicazione
La normativa si applica ad ogni tipo di rapporto, tra cui: lavoro subordinato, anche agricolo, a tempo indeterminato e determinato, a tempo parziale; somministrato; collaborazione coordinata e continuativa; prestazione occasionale; pubbliche amministrazioni
In pratica sono esentati dai nuovi obblighi solo i rapporti autonomi, agenzia, impresa familiare, forme speciali di lavoro pubblico, contratti di durata pari o inferiore a una media di 3 ore a settimana per quattro settimane consecutive.
L’Informativa privacy dovrà essere modificata da tutte le aziende che utilizzino sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.