«La terza dose va fatta. Punto». È esplicito l’immunologo Sergio Abrignani, docente dell’Università Statale di Milano, esperto del Comitato tecnico-scientifico e del Consiglio superiore di sanità. Nelle ultime settimane si è vista una netta presa di distanza dal booster . A febbraio la media quotidiana di somministrazioni è risultata addirittura inferiore del 64% rispetto al mese precedente. Il 20% degli italiani che hanno completato il ciclo primario (due dosi) non ha fatto il richiamo: all’appello, sulla carta, ne mancano circa dieci milioni.
Perché?
«Una spiegazione può essere legata all’ondata di infezioni da variante Omicron che ha colpito l’Italia tra dicembre e febbraio. Tra coloro che hanno effettuato due dosi di vaccino potrebbero esserci cittadini che sono stati contagiati e che quindi, anche se intendono ricevere ugualmente il richiamo, devono aspettare che siano passati quattro mesi dalla guarigione».
I guariti, immunizzati con due dosi e poi dall’infezione naturale, dovrebbero comunque potenziare la protezione con il booster o l’infezione funge da terza dose?
«Non c’è un consenso definitivo, aspettiamo di raccogliere altri dati per arrivare a conclusioni certe. Dal punto di vista immunologico l’infezione ha il valore di una terza dose, ma non c’è nessuna controindicazione a sottoporsi a vaccinazione, trascorsi quattro mesi dall’infezione. È una sicurezza in più».
Tanti italiani potrebbero aver sperimentato la positività tra dicembre e febbraio, nella fase esplosiva della quarta ondata, ed averla «gestita», con pochi sintomi o addirittura senza, autonomamente a casa, affidandosi ai tamponi fai-da-te. Quindi senza riscontri ufficiali?
Tra i quattro e i sei milioni di italiani si sono fermati dopo il ciclo primario: uno sbaglio perché il richiamo evita nel 93% dei casi la malattia grave
«Sì, il numero dei positivi in quelle settimane potrebbe essere stato superiore a quello riportato nei bollettini quotidiani, anche 300 mila al giorno, in parte non dichiarati».
Questo non basta però per giustificare il rallentamento delle terze dosi.
«È vero. Altre persone potrebbero essere ancora in attesa del tempo giusto per fare il terzo vaccino, a quattro mesi dall’ultimo. Altri ancora potrebbero essere stati emotivamente colpiti dalla guerra in Ucraina a tal punto da ritenere superfluo difendersi dal Covid, di fronte a un dramma immenso. Altri hanno pensato che l’emergenza pandemia fosse finita, ed è sbagliato. Il risultato è che tra i quattro e i sei milioni di italiani si sono fermati».
Lei che ne pensa?
«È un errore. I dati dell’Istituto superiore di Sanità ci dicono che saltare il booster è un rischio perché ci evita nel 93% dei casi la malattia grave da Omicron e nel 65% dei casi l’infezione. Un’efficacia altissima, mentre dopo due dosi si è protetti solo al 73%».
C’è chi si è ammalato e sta aspet-tando 4 mesi dalla guarigione per il booster. Molti sono poi i positivi accertati con i test fai-da-te sfuggiti ai riscontri ufficiali. Forse discutere di quarta dose è stato incauto? Qualcuno potrebbe essersi sentito preso in giro e aver deciso di temporeggiare.
«Sull’opportunità della quarta dose si è iniziato a discutere quando Israele ha cominciato a somministrarla, offrendola alla popolazione su base volontaria lo scorso autunno. Il 16 marzo uno studio israeliano condotto sul personale medico e pubblicato sul New England Journal of Medicine ha mostrato che un ulteriore richiamo produce benefici marginali».
Quindi?
«Tre dosi sono sicuramente sufficienti a proteggerci. In medicina però si decide sulla base delle evidenze, quindi si vedrà se i dati cambieranno con il passare del tempo».
E se arrivassero i nuovi vaccini che hanno come bersaglio la variante Omicron, oggi prevalente in tutto il mondo, mandando in soffitta quelli attuali costruiti sul ceppo originario di Wuhan, dal quale è partita la pandemia?
Quando saranno pronti i preparati mirati contro Omicron non si potrà parlare di quarta sommini-strazione ma di prima dose di un nuovo prodotto
«Le aziende Moderna e Pfizer hanno avviato studi sui nuovi vaccini. Quando saranno disponibili non si potrà dunque parlare di quarta dose ma di prima dose di un nuovo prodotto. Esattamente come succede per l’influenza».
Come mai il vaccino di Novavax, che si pensava avrebbe convinto i no vax a fare la profilassi grazie alla sua diversa struttura, non ha sfondato?
«Perché questo vaccino non può essere offerto come terza dose ed è arrivato in ritardo, quando la maggior parte della popolazione che voleva immunizzarsi aveva completato il ciclo primario». (Il Corriere della Sera)