Una sporca guerra: non dichiarata, ma tremendamente reale; senza armi classiche, ma con impatto comunque devastante; priva di caduti sul terreno, ma egualmente segnata da una drammatica contabilità di vittime. L’offensiva congiunta di Covid e Ucraina sta mettendo in ginocchio l’ex Veneto del benessere, con scenari allarmanti già a brevissimo termine: tempo due mesi e sarà recessione, ha segnalato in questi giorni Gianfranco Refosco, segretario Cisl. E da Versailles il premier Mario Draghi ha avvisato che dobbiamo prepararci a un’economia di guerra: che vuol dire un’economia di fame, sintetizza con brutale concretezza un esperto del valore di Giuseppe De Rita.
Come in ogni guerra, le ricadute dureranno a lungo anche dopo la fine delle ostilità: perciò anche il Veneto deve attrezzarsi in quest’ottica, non semplicemente riparando i guasti ma cambiando totalmente passo. E questo perché Covid e Ucraina non sono la fonte delle lesioni inferte al sistema: hanno esasperato e appesantito storture esistenti da tempo.
Il catalogo delle criticità è impietoso: l’ex Veneto dei record economici è oggi sfigurato da consumo ad oltranza del suolo, pessima qualità dell’aria, carente manutenzione del territorio, scarsa efficienza delle reti idriche, proliferazione di discariche abusive, dilagare di agenti inquinanti a partire dai Pfas; non ultimo, il virus di una criminalità organizzata divenuta pervasiva.
Tutti fattori che incidono sull’economia reale, sia a livello di imprese che di tenore di vita. Lo segnalano con brutale evidenza i dati su povertà ed esclusione sociale, che riguardano ormai il 16 per cento dei veneti, come dire 800mi1a persone, di cui 165mila minori; con una proiezione allarmante sul domani prossimo venturo, considerando una presenza di anziani già oggi pari al 20 per cento (oltre 400mi1a persone), e destinata ad accentuarsi fino a determinare un pesante squilibrio tra generazioni: tra dieci anni, in Veneto ci saranno 260 anziani a carico di ogni 100 giovani.
Tutto questo deve indurre la politica e l’economia a reagire alla guerra in corso con un drastico cambio di passo rispetto alla struttura attuale: dove i due punti di forza, export e turismo, fin qui hanno concorso per quasi la metà del pil regionale, coprendo le criticità esistenti. Ma oggi l’impatto congiunto di Covid e Ucraina mettono in vistosa crisi entrambi, denunciando i limiti strutturali di un modello ormai non più competitivo come un tempo. Da qui la necessità, inderogabile e urgente, di rivedere lo schema dello sviluppo, con scelte innovative che abbiano quale comune denominatore la sostenibilità economica, sociale e soprattutto ambientale; anche facendo leva sui fondi aggiuntivi messi a disposizione dai fondi europei del piano nazionale di ripresa e resilienza.
I rammendi al sistema non reggevano più già prima della pandemia e della guerra; l’offensiva delle loro due aggressioni ne mette impietosamente a nudo i limiti. Per non rimanerne travolti, è indispensabile un patto sociale in grado di trasformare la crisi in ripartenza: una risposta che i veneti di ieri hanno saputo dare ottant’anni fa, riscattandosi dalle micidiali lesioni inferte da due guerre mondiali in soli trent’anni. Tocca a quelli di oggi dimostrare di valere altrettanto: se ne sono capaci.
Francesco Jori – Il Mattino di Padova – La Nuova Venezia – La Tribuna di Treviiso