Il documento finale della Direzione Nazionale dell’Anaao richiama almeno 5 criticità da sanare per rilanciare la sanità e le condizioni di lavoro dei medici e dirigenti sanitari. Senza un impegno concreto la strada verso lo stato di agitazione è segnata a sostegno:
*di un Servizio Sanitario pubblico e nazionale,
*di migliori condizioni di lavoro dei suoi professionisti,
* della loro dignità retributiva e professionale
* del loro diritto al Contratto Collettivo nazionale in tempi rapidi.
E l’Anaao si appresta a coinvolgere anche le altre Organizzazioni sindacali di categoria in un’azione comune.
La Direzione Nazionale dell’Anaao Assomed riunita a Napoli il 15 febbraio 2022, sentita la relazione del Segretario Nazionale, sottolinea con preoccupazione l’assenza nel dibattito sulla sanità post Covid di un progetto di sistema che guardi al presente e al futuro del sistema ospedale e dei medici e dirigenti sanitari del Ssn. Che con organici ridotti al lumicino e falcidiati dai contagi al punto da rendere problematica la copertura dei turni di lavoro, hanno vissuto con fatica e sofferenza due anni in cui l’enorme capacità infettiva del virus ha fatto ricadere sul sistema ospedaliero il peso più gravoso. La pandemia ha evidenziato l’insufficienza dei posti letto, soprattutto nelle UUOO generaliste, in un rapporto con il numero degli abitanti che è all’ultimo posto tra i Paesi del G7, causa di affollamento nei Pronto Soccorso già con la influenza stagionale.
Oggi medici ospedalieri e dirigenti sanitari sono una risorsa tanto preziosa quanto scarsa, visto che nemmeno l’epidemia è riuscita a riempire i vuoti provocati nell’ultimo decennio, se non all’insegna del precariato. Una risorsa stremata, in conclamato burnout, pronta alla fuga, frustrata da catene di comando inadeguate, piegata da condizioni di lavoro mortificanti, esposta ad aggressioni non solo verbali, malpagata e costretta a carichi di lavoro massacranti. Ciononostante, in prima linea, in quelle trincee che non possono essere abbandonate, pagando prezzi durissimi.
La crisi del medico pubblico, certificata da mille indagini, è un elemento strutturale della crisi della sanità pubblica, avviata ormai lungo la china della privatizzazione e della regionalizzazione, anche sotto la forma della resuscitata autonomia differenziata, così i caratteri pubblico e nazionale del Servizio Sanitario, sono la vittima più illustre della pandemia. Senza soluzioni alla prima non c’è futuro possibile per la seconda. Questo è lo scatto che serve alla sanità, un’innovazione profonda capace di valorizzare un capitale umano che reclama un diverso valore, anche salariale, diverse collocazioni giuridiche e diversi modelli organizzativi che riportino i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato.
Oggi, per il personale dipendente del Ssn tutto rischia di essere peggio di prima, con i problemi di sempre intrecciati a quelli creati dal Covid, che ha fatto da acceleratore di fenomeni latenti.
Diverse le attuali criticità sulle quali la Direzione Nazionale chiede di intervenire con forza.
Il definanziamento della sanità pubblica avanza, con la prospettiva di un FSN in rapporto al PIL più basso dell’epoca pre Covid-19. Esso acuisce la questione salariale, evidente nella distanza esistente tra risorse disponibili per il CCNL e il risultato netto nelle tasche dei medici e dei dirigenti sanitari. Sono necessari investimenti specifici e interventi di defiscalizzazione del salario accessorio e del lavoro aggiuntivo contro la pandemia sommersa delle liste di attesa. Senza i quali ogni piano di recupero delle prestazioni non effettuate è destinato a fallire.
Il processo di aziendalizzazione in sanità, di fatto fallito senza migliorare la qualità del servizio reso, ha trasformato gli ospedali in organizzazioni votate al puro controllo dei fattori di produzione, medici e dirigenti sanitari compresi, e dei relativi costi, lasciando peraltro largo spazio alla invasività della politica nel determinare assunzioni e carriere dei professionisti. All’interno delle aziende il peggioramento insopportabile delle condizioni di lavoro rivela uno status degli operatori indegno di chi è chiamato a rendere esigibile un diritto costituzionale, fondamentale, dei cittadini. La attuale governance aziendale, monocratica ed assolutistica, richiede una inversione di rotta che lasci spazio ai professionisti nei processi decisionali che li riguardino, e li sottragga al ruolo di operai specializzati del terzo millennio, prestatori d’opera privati del controllo su importanti prerogative della professione, quali contenuti, autonomia e responsabilità.
La Direzione Nazionale esige l’apertura quanto prima delle trattative per il CCNL 2019-2021 auspicando che sia il contratto di un nuovo modello di organizzazione del lavoro e di nuove politiche retributive, da rendere coerenti con la gravosità e rischiosità del lavoro. Occorre accrescere il valore salariale di tutte le prestazioni svolte al di fuori dell’orario contrattuale, specialmente quelle legate al disagio notturno e festivo. Che non possono essere svendute al massimo ribasso o retribuite con indennità minime. Mai più ore di lavoro non pagate, ferie non godute per anni, ritmi e carichi di lavoro che mettono a rischio la sicurezza delle cure, precariato stabile, caporalato, emigrazione forzata. Occorre anche rivedere il modello contrattuale della PA misurando la distanza tra il Dlgs 229/1999 ed il Dlgs 165/2001.
Con l’emergenza Covid è peggiorato il già pesante carico di lavoro dei medici e dei dirigenti sanitari, soprattutto per alcune specialità. I fondi destinati ad aumentare il numero di operatori sanitari hanno limitato solo parzialmente gli effetti di tanti anni di turnover bloccato, senza contare le procedure lente e antiquate richieste per reclutare nuove forze. In molte regioni è ritornato strisciante il blocco del turnover o il tetto alle assunzioni, con gravi effetti sugli organici ospedalieri e sulle liste di attesa.
Un altro elemento di preoccupazione è la ripresa del neocolonialismo universitario all’interno del Ssn, forte di 50 facoltà di Medicina, con il favore delle Regioni, che si accollano gli oneri economici e l’espansione delle AOU al di fuori delle mura ospedaliere, incuranti della logica e della legge.
Il PNRR rappresenta l’occasione, forse ultima, per costruire un sistema sanitario moderno. A condizione di reimpostare la Missione 6 dal punto di vista finanziario, visto che la dote assegnata alla salute è la metà di quella concessa a villette, condomini, seconde e terze case, e strategico, perché l’ospedale del futuro non è solo tecnologia, senza riguardo a chi la fa funzionare o adeguamento a norme, senza attenzione alla necessaria flessibilità di spazi, modelli organizzativi, dotazioni organiche. Per creare un nuovo equilibrio con le cure primarie, in un’ottica di continuità assistenziale bidirezionale che faciliti la presa in carico del paziente, occorre riempire il tempo medico previsto per gli ospedali di comunità con personale ospedaliero, per garantire la continuità delle cure tra tempi e luoghi differenti di erogazione della prestazione sanitaria.
Finita la retorica degli angeli e degli eroi, i medici e i dirigenti sanitari sono tornati nell’invisibilità politica con i problemi di sempre, accentuati, costretti addirittura alla lista di attesa per l’apertura di un Contratto di lavoro già scaduto.
La legge di bilancio ha colpevolmente dimenticato le criticità di un personale che è il vero baluardo al dilagare di un virus dagli effetti disastrosi. Ora occorre rimediare con misure urgenti quanto incisive, perché le parole non bastano più.
La Direzione Nazionale dà mandato al Segretario e all’Esecutivo Nazionale di concordare con le altre Organizzazioni Sindacali le iniziative ritenute più opportune per raccogliere e rilanciare la rabbia e il dolore provenienti dalle corsie ospedaliere e dai presidi territoriali, fino alla dichiarazione dello stato di agitazione dei Medici e dei dirigenti sanitari del SSN, da prevedere per responsabilità nei confronti dei Cittadini solo una volta terminato lo stato di emergenza pandemica, a sostegno di un Servizio Sanitario pubblico e nazionale, di migliori condizioni di lavoro dei suoi professionisti, della loro dignità retributiva e professionale e del loro diritto al Contratto Collettivo nazionale in tempi rapidi.