Sul fronte dei vaccini, i sei paesi che potranno produrre i vaccini messi a punto dalla tedesco-americana Pfizer BioNTech e dalla americana Moderna sono l’Egitto, il Sud Africa, la Tunisia, la Nigeria, il Kenya e il Senegal. «La pandemia ha dimostrato, meglio di qualsiasi altro evento, che affidarsi a una manciata di aziende per fornire beni pubblici globali è pericoloso», ha detto il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Salute, Tedros Adhanom Ghebreyesus.
L’annuncio è giunto qui a Bruxelles dove si è tenuto un summit alla presenza di 70 capi di Stato e di governo africani ed europei. La decisione dovrebbe facilitare la vaccinazione della popolazione africana, drammaticamente in ritardo rispetto a quella del mondo occidentale. La stessa Unione europea ha promesso che invierà entro metà anno almeno 425 milioni di dosi di vaccini anti-Covid 19 (oltre ai 150 milioni di dosi già distribuiti).
I governi africani avrebbero voluto anche la condivisione dei brevetti. L’Unione europea ha respinto la richiesta. Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen hanno accettato un mero trasferimento di tecnologia. «Dobbiamo proteggere la proprietà intellettuale, perché è molto importante per continuare a creare», ha detto il presidente francese. «Con il trasferimento di tecnologia, limitiamo i profitti dei laboratori farmaceutici», ha aggiunto la presidente della Commissione europea.
Attualmente solo l’1% dei vaccini inoculati in Africa sono prodotti sul continente, dove abitano 1,3 miliardi di persone. I nuovi impianti – che saranno a regime nei prossimi anni – potranno produrre altri farmaci, oltre a quelli anti-Covid 19, come i vaccini contro alcune malattie cancerogene, il paludismo o la tubercolosi. All’inizio di febbraio, appena l’11,3% della popolazione africana era stato completamente vaccinato (la quota europea ha superato il 70%).
Tornando al vertice Europa-Africa, il summit è stato l’occasione per rilanciare i rapporti tra i due continenti. L’incontro è avvenuto sia in sessioni plenarie che in specifici gruppi di lavoro su temi quali il cambiamento climatico, la finanza sostenibile, la sicurezza, l’istruzione, l’agricoltura, la salute. «Questa scelta ha reso i lavori più dinamici e concreti», notava ieri un alto funzionario comunitario. Il desiderio è di creare forme di partenariato.
Come detto, Bruxelles vuole mobilitare 150 miliardi di euro di investimenti. Il presidente del Senegal, Macky Sali, ha parlato della necessità di «reinventare la relazione» e di «installare un nuovo software» nel rapporto segnato ancora dalla storia coloniale. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha segnalato che il nuovo accordo prevede «un monitoraggio in comune del progresso sul terreno» per evitare che come in passato «intenzioni forti, generose e ambiziose» restino lettera morta.
Molti sono consapevoli che migliori relazioni sono una opportunità per entrambe le parti. Al tempo stesso numerosi paesi africani sono in preda all’instabilità politica – come conferma il caso maliano. La speranza a Bruxelles è che focalizzare gli investimenti nei settori delle infrastrutture, dell’energia e della transizione climatica, uscendo dall’ottica dalla cooperazione per lo sviluppo, possa promuovere una modernizzazione del continente, migliorare i rapporti bilaterali e rafforzare la presenza europea.