Nella nottata fra il 23 ed il 24 dicembre il Senato ha approvato, con la fiducia, il testo della manovra di bilancio 2022, dopo che la Commissione aveva emendato il quello proposto dal Governo. Sarà ora la Camera, il 28 dicembre, a dare il via alla manovra, approvando senza modifiche il testo ormai blindato. E’ un testo in cui il Parlamento è stato, di fatto, tagliato fuori da ogni dibattito, in cui si rilevano molte luci, ma anche molte ombre; nell’ottica della sanità pubblica ci occuperemo esclusivamente di un’ombra pesante, quella della mancata riduzione dell’Irap.
C’erano attese concrete da parte delle aziende del Ssn circa un taglio dell’imposta, dopo che il Governo, con l’approvazione dell’art. 2 del disegno di legge approvato nella seduta del 5 ottobre ( con il titolo “Riduzione della pressione fiscale”) aveva rinviato a successivi provvedimenti normativi l’utilizzo di un ammontare di risorse pari a 8 miliardi di euro annui, che era previsto fossero accantonate a decorrere dal 2022, destinate alla riduzione:
1) dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, con l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali effettive, da realizzarsi attraverso sia la riduzione di una o più aliquote, sia una revisione organica del sistema delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo.
2) dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Si erano ipotizzate alcune soluzioni alternative in merito alla riduzione della aliquota Irap :
•un identico taglio percentuale delle due aliquote, attualmente del 3,9 % per il settore privato ed dell’ 8,5% per quello pubblico;
•un intervento mirato sui settori più bisognosi di un alleggerimento.
Nella seconda ipotesi si auspicava che la riduzione dell’Irap cominciasse proprio dal settore pubblico. In particolare non si riteneva accettabile che il settore sanitario pubblico dovesse continuare a sostenere un costo fiscale, esagerato in confronto a quello privato, pagando un’imposta il cui gettito è destinato proprio ad alimentare il Fondo sanitario nazionale…
Le ragioni di un intervento in favore del settore sono sintetizzate nell’articolo pubblicato su Sanità del 4 novembre scorso, dal titolo : “La manovra di bilancio 2022 e le misure fiscali per le Aziende del SSN: riflettori sul fondo da 8 miliardi.”
Il testo del Governo trasmesso alla Commissione del Senato, dopo aver recepito molte richieste da parte delle forze politiche e sociali, su questo specifico punto era stato piuttosto timido: l’art. 2 : “Riduzione della pressione fiscale”, prevedeva infatti l’utilizzo del fondo di 8 miliardi, sia per finanziare la riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ( con lo scopo di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro) e le aliquote, abbinate ad una revisione del sistema delle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo, sia per la riduzione dell’aliquota IRAP.
In sostanza il Governo mentre non si pronunciava in merito alla suddivisione del fondo fra Irpef ed Irap, sceglieva, fra le varie ipotesi in materia di Irap , quella della riduzione dell’aliquota, senza far riferimento ai vari soggetti di imposta, per cui tutti si aspettavano qualcosa…
Ebbene, la scelta della Commissione è andata in un’altra direzione, a cominciare dal nuovo titolo attribuito all’art. 2 “Modifiche al sistema di tassazione delle persone fisiche””; sono stati definiti tutti i particolari in materia di Irpef, vale a dire nuovi scaglioni, nuove aliquote e nuove detrazioni (vedi art. 2), mentre è stato inserito l’art. 2 bis che abolisce a decorrere dal 1 gennaio 2022 solo l’Irap a carico delle persone fisiche che esercitano attività commerciali o professionali.
In concreto la scelta della Commissione del Senato ha favorito esclusivamente le persone fisiche, ed in particolare i percettori di redditi medio alti, tenendo conto che l’Irap non gravava, ormai da una ventina d’anni, i commercianti, gli artigiani ed i professionisti che svolgono la propria attività senza dipendenti e senza attrezzature di particolare valore; ne beneficiano in particolare i partecipanti a grossi studi professionali associati, fra cui quelli tecnici che partecipano alla “torta” del Bonus 110% per l’edilizia.
Evidentemente ogni forza politica doveva mettere la propria bandierina su qualche singolo provvedimento, ma nessuna ha ritenuto che l’unica misura di cui avrebbe beneficiato ogni singolo cittadino, a cominciare da quelli più deboli , sarebbe stata l’abolizione o quanto meno un congruo alleggerimento dell’Irap a carico degli enti non commerciali, fra i quali le amministrazioni pubbliche e fra queste, in particolare, le Aziende del SSN.
Non risulta che qualche forza politica abbia presentato qualche emendamento finalizzato a modificare una situazione critica nella sanità pubblica, già pesante da molti anni, ma che con il Covid è precipitata. Non risulta neanche che da parte della Conferenza delle Regioni sia stata invocato quanto meno un alleggerimento, se non la completa abolizione di un’imposta che costituisce un vero mostro giuridico. E’ mai possibile che le Aziende del SSN siano chiamate, attraverso il pagamento dell’Irap, a partecipare al costo della sanità pubblica, cioè di loro stesse ?
Da una parte alcuni presidenti di Regioni invocano l’intervento del Fondo sanitario nazionale per ripianare le perdite che si stanno maturando nel Servizio sanitario regionale, ma nessuno sembra abbia pensato di proporre di utilizzare intanto lo strumento fiscale.
Ricordiamo che l’Irap, che nelle intenzioni del Legislatore che l’ha introdotta dal 1999 anche nel settore pubblico, aveva lo scopo di non favorirlo rispetto a quello privato, ma nei fatti è avvenuto il contrario; è infatti il settore pubblico, che prevede, per le attività istituzionali, il calcolo dell’imposta sulle retribuzioni dei dipendenti con l’aliquota dell’8,5% (mai diminuita dalla sua istituzione), che è penalizzato nei confronti di quello privato , esonerato ormai da qualche anno da qualunque onere analogo, per cui la concorrenza fra sanità pubblica e privata è drogata, a danno della prima, da una misura fiscale applicata in maniera distorta.
In sostanza, il diritto costituzionale alla salute di ogni cittadino, assicurato dall’attività delle Aziende del SSN, è gravato da una imposta, con l’aliquota esosa dell’8,5% sulle retribuzioni dei dipendenti, anche in una difficile fase storica come quella che stiamo attraversando, in cui in tutto il Paese si lamenta la mancanza di medici ed infermieri, per la cui assunzione mancano le risorse, come pure mancano le risorse per pagar loro gli straordinari per l’impegno eccezionale connesso all’epidemia Covid. E poi ci si lamenta se il personale sanitario trova all’estero migliori opportunità di lavoro.
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