La Stampa. «I tempi sono maturi per discutere l’introduzione dell’obbligo vaccinale». Dopo che l’Austria ha fatto il primo passo – seguita a ruota dalla Grecia – e soprattutto dopo le apertura del prossimo cancelliere tedesco Olaf Scholz, Ursula von der Leyen butta ufficialmente nella mischia la proposta che fino a pochi mesi fa era un tabù in tutta Europa. «Si tratta di una decisione di competenza dei singoli Paesi» mette le mani avanti la presidente della Commissione europea: l’Ue non può certo imporlo. Ma la sua presa di posizione lascia intravedere la possibilità che altri Stati seguano l’esempio di Vienna.
La ragione è molto semplice: «Abbiamo una pandemia in corso – dice von der Leyen –, abbiamo i vaccini che salvano vite e che non vengono usati adeguatamente ovunque. E questo ha un costo sanitario enorme». A oggi, nell’Unione, un quarto della popolazione adulta non è vaccinata (un terzo se si considerano anche i minori) e le resistenze sono molto più forti nei Paesi dell’Est, dove la ripresa della pandemia è stata più netta dopo l’estate proprio a causa dei ritardi nelle immunizzazioni, contribuendo all’impennata dei contagi anche nel resto del Vecchio Continente. È chiaro dunque che, pur essendo una decisione nazionale, l’obbligo vaccinale è un problema europeo. E dunque sarà discusso anche a livello Ue. Non ci sarà però un vertice straordinario dei leader per analizzare i recenti sviluppi legati alla variante Omicron: la richiesta di Charles Michel ha trovato la resistenza di alcuni capi di governo, che ritengono ingiustificato l’allarmismo. Di fronte ai timori per la presunta inefficacia dei farmaci in circolazione nel contrastare la nuova variante sudafricana, Ursula von der Leyen ripete quello che sostanzialmente dicono tutte le autorità pubbliche: serviranno 2-3 settimane per avere certezze, ma nel frattempo non ci si può permettere il lusso di rimanere fermi. «Non ne sappiamo molto, ma abbastanza per essere preoccupati». Quindi bisogna continuare a vaccinare perché durante una pandemia «2-3 settimane sono un’eternità». A differenza della scorsa primavera, ora i vaccini non mancano: entro fine marzo gli Stati Ue ne avranno a disposizione 360 milioni, «sufficienti per una dose di richiamo a tutti i cittadini». E dal 13 dicembre saranno disponibili le fiale per i bambini dai 5 agli 11 anni.
L’altro tema che sta tenendo banco a livello Ue riguarda le restrizioni alla libera circolazione. Se fino a una settimana fa si discuteva dell’ipotesi di garantire una corsia preferenziale ai vaccinati, ora le cose sono un po’ cambiate. Per non dire ribaltate. Portogallo e Irlanda hanno introdotto l’obbligo di tampone anche per i viaggiatori immunizzati e da Bruxelles, in controtendenza con le raccomandazioni pubblicate la scorsa settimana, è arrivato un implicito via libera. «Bisogna fare i test» riconosce von der Leyen, che chiede ai governi di rivedere «su base quotidiana» le restrizioni di viaggio e di «essere pronti a imporre tutti i controlli necessari». In particolare, la Commissione suggerisce di «prestare particolare attenzione all’applicazione e alla comunicazione di misure specifiche per quanto riguarda i contatti durante il periodo di fine anno». Il ministero della Salute spagnolo, per esempio, ha già raccomandato di ridurre il numero dei partecipanti agli eventi per le festività natalizie. —