Repubblica. Una certezza e un grande timore. Con l’avvio da ieri della nuova quarantena a scuola si è capito che il cosiddetto “tampone zero”, grazie al quale se tutti i compagni di un positivo sono negativi rientrano a scuola, non esiste. Ci vorranno comunque 24-48 ore per fare l’esame e avere i risultati e quindi gli studenti staranno comunque a casa uno o due giorni a fare la Dad. E se questo a sentire gli assessorati alla Salute è ormai certo, poi arriva la parte più preoccupante: qualcuno potrebbe infatti metterci di più a dare una risposta ad alunni e famiglie, costringendo i ragazzi a casa per giorni.
Le nuove indicazioni sulla quarantena dovevano servire a rendere la situazione nelle Regioni omogenea ma non è detto che ci riescano. Intanto su come fare i tamponi si parte in tanti modi diversi. C’è chi userà le Usca e chi manderà le famiglie in farmacia, chi spedirà il personale sanitario a scuola e chi indirizzerà verso i drive through. La casistica è varia. Poi molti si stanno ancora organizzando e non riusciranno a breve a far scattare il nuovo sistema.
«Ci saranno grandi difficoltà a fornire il servizio — dice Antonio Ferro, presidente della Società italiana di igiene e anche direttore della sanità del Trentino — Riuscire a fare nei tempi i tamponi è complicato operativamente, a meno che tu non abbia personale da mandare nelle scuole ». Quando poi vengono fatti i test bisogna mettere insieme i risultati delle classi, per chiarire se si rientra o no a lezione. «Adesso — dice Ferro — dovremmo dedicarci a un feroce contact tracing per gli adulti, che rischiano problemi seri di salute».
Se si osserva il primo giorno, qualche crepa si intravede. Maria Rosa Lauricella, preside dell’Ic “Valente” a Roma allarga le braccia: l’Ausl 2 per un caso comunicato domenica ha messo in quarantena la classe sino al 15 novembre. «Evidentemente non ce la fanno», commenta. È ciò che temono i genitori e i presidi che promuovono le nuove regole, ma avvertono sul rischio che non siano poi applicate. In un circolo didattico a Palermo per un caso segnalato venerdì gli alunni sono stati chiamati ieri a fare il tampone. «Se non ci fosse stato di mezzo il weekend sarebbero stati 3 giorni di scuola persi, troppi», osserva il preside Giuseppe Gallo. Per le famiglie della primaria, dove ci sono più contagi e gli alunni erano messi tutti in quarantena per 10 giorni, comunque un passo avanti. Manuela Manferlotti, preside alle medie dell’Ic Manzoni a Roma, ha avuto un caso segnalato sabato che ha portato la classe ieri al test: «Funziona se non vai nel panico e non ti perdi nelle carte».
Per la gestione Antonello Giannelli dell’Anp reclama più personale nelle segreterie e un riconoscimento economico per i compiti aggiuntivi in carico ai presidi. Il comitato Priorità alla scuola chiede hub dedicati per tamponi rapidi. «I meccanismi che riducono le quarantene — fa notare Costanza Margiotta — dipendono dalla tempestività delle analisi ». In Puglia l’Anp reclama gli operatori sanitari per le scuole deliberati dalla Giunta a febbraio «e mai arrivati, mentre sarebbero utili ora», spiega Roberto Romito. Proprio dalla Puglia, l’assessore alla Salute Pierluigi Lopalco dice che verranno usati i drive through «ed estenderemo il test salivare. Va detto che queste indicazioni erano state pensate in un momento nel quale il virus non circolava, adesso invece si trova tantissimo tra i bambini. Si poteva evitare di cambiare». È la stessa idea che hanno in Piemonte, dove i tamponi si faranno negli “hotspot” sul territorio già utilizzati per i test molecolari. Il Lazio invece manderà nelle scuole il personale della Asl, mentre la Toscana, che genererà un Qr-code per gli studenti che dovranno fare il test, si affida anche a farmacie e medici di famiglia. La Sicilia invece ha coinvolto le Usca, le unità territoriali per l’assistenza domiciliare.
Da tutte le Regioni spiegano che ci vorranno almeno 24-48 ore per fare gli esami e avere una risposta sul rientro a scuola. Meglio di una settimana di Dad ma non a tempo zero.