Il Sole 24 Ore. Una marcia indietro su Opzione donna. E un possibile secondo tempo al Senato della partita sull’allargamento della platea dell’Ape sociale. In attesa che Mario Draghi apra formalmente il tavolo con le parti sociali sugli eventuali interventi strutturali da adottare nel 2023, ma rimanendo nell’alveo del sistema contributivo, il capitolo previdenza della manovra continua ad essere al centro delle attenzioni della maggioranza. Con tanto di ritocchi in extremis da parte del governo. Come nel caso di Opzione donna. Che nel 2022 non vedrà salire a 60 anni la soglia anagrafica d’accesso, come invece era stato indicato nel testo d’ingresso del disegno di legge di bilancio varato il 28 ottobre scorso dal Consiglio dei ministri.
Dopo l’intenso pressing esercitato dalle forze politiche che sostengono l’esecutivo Draghi, oltre che dai sindacati, il testo finale della manovra, che approderà al Senato soltanto verso la fine di questa settimana, dovrebbe riproporre per la proroga di un anno della misura gli stessi requisiti fissati nel 2021: 58 anni d’età (59 per le lavoratrici autonome) e almeno 35 anni di contribuzione, con l’assegno interamente ricalcolato con il metodo contributivo. Anche se non è ancora del tutto escluso che la complicata ricerca di una quadratura del cerchio per le “coperture”, dovuta agli ultimi ritocchi apportati al testo di partenza (si veda gli altri articoli in pagina), possa costringere il governo a collocare l’asticella anagrafica a quota 59 lasciando poi al Parlamento il compito di tornare a 58 anni. Un’ipotesi, comunque, che ancora ieri appariva abbastanza remota.
Molto più probabile è un intervento in sede parlamentare per estendere ulteriormente la platea dell’Ape sociale, aggiungendo ulteriori categorie di lavori gravosi alle nuove otto già previste dal governo in coda alle 15 originarie. Per ottenere questo risultato, su cui punta soprattutto il Pd, ci sarà un lavoro congiunto di deputati e senatori. Anche perché, visti i ristretti tempi ormai a disposizione, soltanto il Senato avrà la concreta possibilità di correggere la manovra che si muoverà all’interno di una sessione di bilancio “abbreviata”. Nei pacchetti dei possibili correttivi che arriveranno dai gruppi parlamentari ci dovrebbe essere anche quello su cui spinge la Lega per rafforzare la dote del nuovo Fondo per i pensionamenti anticipati della aziende in crisi con meno di 15 dipendenti (attualmente quantificata in 600 milioni nel triennio, di cui 20 per il prossimo anno). Ma in questo caso la strada si presenta in salita soprattutto a causa della difficoltà a recuperare le risorse necessarie.
Naturalmente, al centro della discussione al Senato sulla legge di bilancio è destinata a finire anche Quota 102 (la possibilità di uscire dal lavoro con almeno 64 anni d’età e 38 di contribuzione) che è stata individuata dal governo per rendere più graduale nel 2022 il passaggio da Quota 100, che a fine anno concluderà la sua sperimentazione triennale, alla legge Fornero in versione integrale. Per Draghi Quota 102 è un punto fermo che non potrà essere rimesso in discussione a Palazzo Madama, ma il dibattito nelle commissioni parlamentari, a partire dalla Bilancio e dalla Lavoro, sarà funzionale anche a fornire indicazioni utili per il tavolo con le parti sociali sulla possibile riforme da far scattare nel 2023.