La Stampa. La prossima pandemia sarà peggiore del Covid e sappiamo già da dove arriverà: da un allevamento di polli. Da mesi numerosi centri di ricerca cercano di catturare l’attenzione dei governi e degli scienziati sui pericolosi nuovi ceppi di influenza aviaria registrati in molti allevamenti, ma non sono stati ascoltati. L’attenzione di tutti è rivolta ai problemi di oggi, e non ai futuri disastri che sono dietro l’angolo.
Con più di sette miliardi di esseri umani da sfamare, nel mondo vengono allevati in ogni momento 20 miliardi di polli e 700 milioni di maiali. Per farli crescere e renderli rapidamente appetitosi, gli animali vengono allevati in spaventosi ambienti sovraffollati e tenuti al riparo dalle malattie con ampie dosi di antibiotici: le condizioni ideali perché batteri, virus e agenti patogeni si mescolino, mutino e contagino prima gli animali, e poi gli esseri umani.
Anche alla FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, sono molto preoccupati. “I virus dell’influenza aviaria – dice un documento interno – si stanno evolvendo in un pool genetico virale ampio e diversificato. Un agente patogeno può trasformarsi in modo ipervirulento; nelle monocolture che comportano l’allevamento di massa di animali geneticamente identici selezionati per un’elevata conversione alimentare, un patogeno ipervirulento emergente si diffonderà rapidamente all’interno di un gregge o di una mandria”.
Sam Sheppard, biologo della Bath University, sottolinea come il tenere gli animali chiusi in allevamenti affollati stia provocando mutazioni genetiche anche negli insetti che vivono in simbiosi con pollame, suini e bovini. “Questi mutamenti – ha detto al Guardian – sono emersi per la prima volta nel XX secolo, in coincidenza con un forte aumento del numero di bovini allevati. Anche gli insetti ora sono resistenti agli antibiotici a causa dell’uso eccessivo di medicinali”. In passato si pensava che le epidemie di influenza aviaria fossero causate dagli uccelli migratori, ma ora tutti gli scienziati sono concordi nel ritenere che i focolai si sviluppino principalmente negli allevamenti, non solo in quelli di pollame e di maiali: la BSE si è diffusa tra i bovini, la Mers nei cammelli, i coronavirus tra i visoni.
Michael Greger, autore di un libro sull’influenza aviaria, sostiene che ci sono state tre epoche di malattie umane: quando abbiamo cominciato ad addomesticare gli animali 10.000 anni fa abbiamo contratto le loro patologie, come il morbillo e la varicella. Con la rivoluzione industriale del XVIII e XIX secolo sono cominciati diabete, obesità, cancro, malattie cardiache. Ora, con la sovrappopolazione globale e gli allevamenti e le coltivazioni intensivi, arrivano altre malattie di origine animale, come l’aviaria, la salmonella, la Mers, il Nipah, il Covid19.
La diffusione di nuovi virus dell’influenza aviaria riscontrata negli ultimi mesi è senza precedenti e conferma che la rottura del rapporto di convivenza tra uomo e animali è la più grave che si sia verificata da 10.000 a questa parte. Bisognerà cominciare presto ad occuparsene, non solo studiando nuovi vaccini, ma anche ristabilendo un equilibrio che si è rotto e trovando altri modi di procurare all’umanità l’impressionante e crescente quantità di cibo di cui ha bisogno ogni giorno.