E’ entrata in queste settimane nel vivo la discussione sul nuovo Sistema Qualità Nazionale Benessere Animale – SQNBA, derivante da quanto previsto nell’art. 224 bis del cd. Decreto rilancio (D.L. 34/2020 conv. L. 77/2020), la cui attuazione è demandata ad un Decreto Interministeriale (MISA – MIPAAF) oggettooradi valutazione e conseguenti osservazioni da parte dei molteplici soggetti a vario titolo interessati. E, per quanto ci compete, siamo stati costretti ad osservare proprio come detto Sistema, e in particolare le ipotesi attuative dello stesso, palesino diverse criticità proprio in quanto carenti dei suddetti presupposti di equità e soprattutto di trasparenza; specie a riguardo dell’illustrazione, necessariamente chiara di fronte al consumatore e ai cittadini tutti, degli effettivi e reali requisiti che consentono l’esposizione del conseguente “bollino di qualità”.
L’osservanza delle prescrizioni in materia di salute animale e di benessere degli animali destinati alla produzione di alimenti, come dettate dalla normativa dell’Unione e degli Stati membri, in applicazione dei Regolamenti UE nn. 429/2016 e 625/2017, è verificata e certificata attraverso le attività di Controllo Ufficiale obbligatorie svolte da parte di Veterinari Ufficiali operanti in seno alle Autorità Competenti che, nel nostro Paese e a livello locale, sono le Aziende Sanitarie Locali e in specie i Servizi di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare.
Salute e benessere degli animali produttori di alimenti sono elementi interdipendenti. Perciò, laddove in ogni fase di produzione degli alimenti di origine animale, dall’allevamento alla tavola, il prodotto “animale-alimento” non potesse essere favorevolmente certificato anche, e in specie, relativamente ai succitati requisiti di salute e benessere animale, non potrebbe essere esitato al consumo.
I requisiti di benessere animale richiesti dalla normativa dell’Unione Europea sono equivalenti per tutti gli Stati membri a garanzia di equità e pari opportunità di accesso ai mercati per le imprese zootecniche e alimentari e di pari standard delle produzioni che arrivano sulle tavole dei consumatori, così come ritenuti basilari e imprescindibili dal legislatore UE.
Una volta garantiti tali standard è chiaramente possibile qualsiasi certificazione volontaria “di qualità” finalizzata a illustrare peculiarità del prodotto ultronee e specifiche.
Ogni eventuale certificazione “ulteriore e facoltativa” deve tuttavia essere esposta in totale trasparenza dei requisiti che la determinano e non già mediante acronimi ovvero definizioni che possano risultare ingannevoli, sostitutive di quelle ufficiali, degradanti per le imprese zootecniche e alimentari che ne fossero sprovviste, considerata l’inevitabile sussistenza – come da Regolamenti UE – di ogni pre-requisito di legge in ordine alla qualità igienico-sanitaria del prodotto stesso, comprendente anche già la piena osservanza dei dettami normativi dell’Unione in materia di benessere animale.
Inoltre, nessuna certificazione volontaria deve, in alcuna maniera, generare disparità di accesso, tra i produttori, ai sistemi di agevolazione economica posti in essere dall’Unione mediante norme che già prevedono i requisiti necessari per l’accesso alle agevolazioni stesse.
Non può esservi distinzione, tra chi, in modo equivalente, rispetta i requisiti basilari sottoposti a verifica mediante i controlli ufficiali, al fine dell’accesso ad agevolazioni economiche gravanti sul denaro pubblico europeo, tanto meno ove la discriminazione trovasse base in adesioni volontarie a disciplinari ulteriori e diversi rispetto a quelli che il controllo pubblico deve già garantire; si creerebbero difatti le condizioni per una marginalizzazione ulteriore di chi non avesse agio e strumenti per aderire a sistemi proprio per tale motivo volontaristici, con la possibile espulsione dal mercato di tutte quelle produzioni locali e di nicchia che costituiscono la fondamentale peculiarità del sistema agro-zootecnico-alimentare italiano.
Non siamo contrari ad alcuna certificazione volontaria di sistema nell’ambito delle filiere di produzione degli alimenti di origine animale: a condizione che siano presenti i summenzionati presupposti di trasparenza ed equità, senza i quali, essendo impedita la corretta lettura dei certificati, ovvero dei “bollini di qualità”, di diversa natura, si pone innanzitutto a repentaglio la credibilità stessa del primario sistema di controllo ufficiale e correlata certificazione dell’Autorità statale, dei medesimi alimenti, da parte sia dei produttori sia dei consumatori; un’eventualità perciò da scongiurare.
Tuttavia, è entrata in queste settimane nel vivo la discussione sul nuovo Sistema Qualità Nazionale Benessere Animale – SQNBA, derivante da quanto previsto nell’art. 224 bis del cd. Decreto rilancio (D.L. 34/2020 conv. L. 77/2020), la cui attuazione è demandata ad un Decreto Interministeriale (MISA – MIPAAF) oggetto in questi giorni di valutazione e conseguenti osservazioni da parte dei molteplici soggetti a vario titolo interessati. E, per quanto ci compete, siamo stati costretti ad osservare proprio come detto Sistema, e in particolare le ipotesi attuative dello stesso, palesino diverse criticità proprio in quanto carenti dei suddetti presupposti di equità e soprattutto di trasparenza; specie a riguardo dell’illustrazione, necessariamente chiara di fronte al consumatore e ai cittadini tutti, degli effettivi e reali requisiti che consentono l’esposizione del conseguente “bollino di qualità”.
Il sistema è difatti basato sulla presenza di specifici parametri di allevamento, registrazione, tracciabilità, derivanti da un sistema di controllo ulteriore e diverso da quello ufficiale, esperito pure da medici veterinari, strutturati su livelli diversi di responsabilità e competenze (incaricati, aziendali, valutatori), ma sostanzialmente tanto estranei all’Autorità Competente, come del resto un sistema ad adesione volontaria deve prevedere, quanto invece appaiono, leggendo il decreto, caratterizzati da un’assai debole terzietà complessiva; una criticità che abbiamo perciò messo in discussione, non potendo essere negata la rilevanza della stessa in un sistema il cui “plusvalore”, tanto del processo quanto e ancor più del prodotto, dovrebbe risultare perlomeno valutabile compiutamente, attraverso la conoscenza di quanto precede da parte di chi, cittadino-consumatore, intendesse avvicinarsi ad un prodotto definito di “superiore qualità”.
La poca chiarezza e distinzione tra il percorso di certificazione ufficiale e quelli di certificazione volontaria, in termini sia di attori, sia di certificatori, sia di requisiti presupposti nei diversi sistemi, rischia, anziché di raggiungere l’obiettivo di valorizzare produzioni di qualità, al contrario di generare una pericolosa destrutturazione dei sistemi di garanzia in materia di sicurezza alimentare e di qualità degli alimenti.
Tanto abbiamo quindi posto in evidenza alle competenti direzioni del Ministero della Salute, nell’intento di contribuire ad un esame approfondito delle criticità su esposte, come si appalesano nelle attuali ipotesi attuative del sistema SQNBA; in modo che lo stesso possa vedere la luce, ma senza pericolose accelerazioni, e viceversa previa ogni ponderata valutazione che consenta allo stesso di cogliere le opportunità offerte dai regimi di certificazione volontaria; i quali, accanto ai sistemi di certificazione ufficiali, devono perciò risultare parimenti credibili e allo scopo chiaramente distinguibili, specie in un settore delicato come quello della qualità degli alimenti di origine animale, di cui il benessere degli animali stessi è certamente un fondamentale pre-requisito.
Il Segretario Nazionale
Aldo Grasselli