I globuli rossi dei pazienti e a volte anche dei guariti hanno una variabilità nelle dimensioni e sono più rigidi e meno deformabili anche una volta che il paziente è guarito. Questi e altri cambiamenti nelle cellule del sangue potrebbero in parte spiegare Long Covid
Di Long Covid, degli strascichi della malattia prolungati, si parla da tempo, anche se ancora le cause non sono chiare. Una delle principali ipotesi vede un coinvolgimento del sistema immunitario. Oggi uno studio condotto da biofisici tedeschi entra nel merito dei meccanismi che potrebbero modificare a lungo l’attività del sistema immunitario. I ricercatori, infatti, hanno rilevato delle alterazioni nelle cellule del sangue, nei globuli rossi e nei globuli bianchi, dei pazienti che hanno o che hanno avuto Covid-19. E proprio queste anomalie potrebbero avere un ruolo nel protrarsi dei sintomi. Il lavoro, condotto da un gruppo dell’Istituto Max Planck per la scienza della luce insieme all’Istituto Max Planck per la fisica e la medicina, è pubblicato su Biophysical Journal. I risultati riguardano ancora un piccolo campione di pazienti, anche se aprono la strada per nuove ricerche più approfondite e, qualora confermati, potrebbero in futuro, a detta degli autori, essere usati come biomarcatori di Covid-19.
Studiare forma e proprietà delle cellule del sangue
I biofisici hanno coinvolto 31 pazienti che avevano o che avevano avuto Covid-19, di cui 14 con una forma molto grave in atto e 17 già guariti, insieme 24 volontari sani che non avevano avuto Covid e non mostravano alcun segno della malattia. Dopo il prelievo di sangue, gli autori analizzato le caratteristiche delle principali cellule del sangue, eritrociti (o globuli rossi), monociti, linfociti, neutrofili ed eosinofili, attraverso l’analisi di vari parametri fisici. La tecnica impiegata è (relativamente) nuova e si chiama citometria di deformabilità in tempo reale (Rt-Dc) e consente di analizzare centinaia di cellule del sangue al secondo, rilevando eventuali anomalie nella dimensione e nella struttura.
I cambiamenti a volte persistono
“Abbiamo trovato cambiamenti significativi nella durezza dei linfociti, nella dimensione dei monociti e dei neutrofili, nella deformabilità dei neutrofili e una variabilità nella deformazione e nella dimensione degli eritrociti”, scrivono gli autori nel testo. “Mentre alcune di queste variazioni sono rientrate e i valori sono tornati normali alla fine del ricovero [con la guarigione da Covid-19 ndr], altre sono rimaste per 14 mesi dopo la dimissione dall’ospedale, una dimostrazione degli effetti a lungo termine del Covid-19 sul corpo”. Gli eosinofili, invece, non sono stati intaccati da Covid, almeno in questi pazienti.
Attenzione ai globuli rossi
La maggiore variabilità dei globuli rossi (gli eritrociti) nella dimensione e la diminuita deformabilità, con una struttura più rigida, che potrebbe avere un impatto sulla loro capacità di trasportare ossigeno attraverso il corpo e rilasciarlo nei tessuti. “Le proprietà fisiche degli eritrociti sono essenziali per la microcircolazione”, scrivono sempre nella pubblicazione, “e per questo questi cambiamenti potrebbero danneggiare la circolazione e promuovere l’ipossiemia”, ovvero un livello di ossigeno nel sangue più basso del normale. Questi cambiamenti dei globuli rossi non sono rientrati, almeno non del tutto, nei guariti e gli scienziati ipotizzano che questo effetto possa contribuire ai sintomi a lungo termine di Long Covid.
Ma anche ai globuli bianchi
Le alterazioni dell’infezione riguarderebbero anche i monociti, un tipo di globuli bianchi che partecipa alla risposta immunitaria in alcune malattie infiammatorie. Per questo presenza di una variazione in queste cellule “non sorprende”, come spiegano i ricercatori. In particolare, c’è un forte aumento del loro volume. Fra i globuli bianchi abbiamo poi i linfociti, che al contrario dei globuli rossi nel campione analizzato sono risultati meno rigidi, e i neutrofili, che hanno mostrato un volume e una deformazione maggiore. Nei casi di Covid-19 grave c’era un alto numero di neutrofili (neutrofilia) e una bassa quantità di linfociti (linfopenia). In particolare i parametri dei neutrofili non erano tornati alla normalità nei pazienti guariti e questo, insieme agli altri risultati, indica che l’influenza di Covid-19 sul sistema immunitario può permanere a lungo. I ricercatori concludono che “i dati della citometria di deformabilità potrebbero essere utilizzati come biomarcatori di Covid-19 e potenzialmente di altre malattie infettive”. In futuro, azzardano, la tecnica Rt-Dc potrebbe rientrare nella prima linea di difesa contro un virus sconosciuto durante un’altra pandemia (sempre sperando che non ci sia).
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