Il Salvagente. Un nuovo studio che ha controllato il latte materno delle donne americane per la contaminazione da Pfas ha rilevato la sostanza tossica in tutti i 50 campioni testati e a livelli quasi 2mila volte superiori al livello che alcuni enti della salute pubblica ritengono sicuro per l’acqua potabile. A riportarlo è il Guardian, citando gli autori, parla di potenziale minaccia per la salute dei neonati. Lo studio peer-reviewed, pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology, ha rilevato livelli di Pfas nel latte che vanno da 50 parti per trilione (ppt) a oltre 1.850 ppm.
Contaminazione universale
Erika Schreder, coautrice e direttrice scientifica di Toxic Free Future, dichiara: “Lo studio mostra che la contaminazione da Pfas del latte materno è probabilmente universale negli Stati Uniti e che queste sostanze chimiche dannose stanno contaminando quello che dovrebbe essere il cibo perfetto della natura”. Come i lettori del Salvagente sanno, le sostanze perfluoro alchiliche, usate dall’industria per produrre impermealizzanti, sono state collegate da diversi studi a cancro, difetti alla nascita, malattie del fegato, malattie della tiroide, spermatozoi in calo e una serie di altri gravi problemi di salute.
Sul latte materno non ci sono soglie precise
Ma in base a cosa gli autori del nuovo studio parlano di livelli migliaia di volte superiori alla soglia di sicurezza? Non ci sono standard per Pfas nel latte materno, ma negli Usa l’organizzazione per la difesa della salute pubblica Environmental Working Group pone il suo obiettivo massimo per l’acqua potabile a 1ppt e l’Agenzia federale per le sostanze tossiche e il registro delle malattie, all’interno del Dipartimento della salute e dei servizi umani, raccomanda fino a 14 punti percentuali nell’acqua potabile dei bambini.
Studio trasversale
Sebbene lo studio abbia verificato una dimensione del campione relativamente piccola, la contaminazione ha interessato gruppi socioeconomici e geografici, che è “ciò che rende il problema così difficile a livello individuale”, secondo Sheela Sathyanarayana, coautrice dello studio e pediatra dell’Università di Washington, che ha aggiuntO: “Ciò di cui parla è che le sostanze chimiche sono così onnipresenti che non possiamo davvero prevedere chi avrà le esposizioni più elevate”.
Pfas a catena corta e lunga
Lo studio è anche in contrasto con l’affermazione dell’industria chimica secondo cui la sua nuova generazione di Pfas ancora in uso non si accumula negli esseri umani. Ha trovato più di 12 tipi di composti in circa la metà dei campioni e 16 composti in totale, inclusi diversi attualmente in uso. Nello specifico, oltre all‘acido perfluoroottanesolfonico (Pfos) e l’acido perfluoroottanoico (Pfoa), le sostanze più presenti, giù riconosciute come molto dannose per la salute, due Pfas a catena corta, inclusi l’acido perfluoro-n-esanoico (PfhxA, C6) e l’acido perfluoro-n-eptanoico (PfhpA, C7), sono stati rilevati nella maggior parte dei campioni
Il problema sta peggiorando
“Le prove suggeriscono anche che il problema sta peggiorando – scrive il Guardian – Lo studio è il primo negli Stati Uniti dal 2005 a controllare i campioni di latte materno e mostra un aumento nella nuova generazione di Pfas, mentre i composti più vecchi che sono stati gradualmente eliminati dall’industria (come il Pfoa, ndr), sono ancora presenti e alcuni a livelli elevati”.Lo studio ha anche analizzato i dati sul latte materno di tutto il mondo e ha scoperto che la frequenza di rilevamento dei Pfas è in aumento.
Le cose da fare per minimizzare il rischio
Tra i passaggi che gli autori raccomandano alle donne incinte e alle madri di proteggersi sono evitare imballaggi alimentari da asporto antiolio, prodotti antimacchia che si passano sulle superfici in maniera preventiva, indumenti impermeabili che utilizzano Pfas e prodotti da cucina con Teflon o simili proprietà antiaderenti. Purtroppo, però, non sempre è facile capire dove si trovano i Pfas.
I nuovi Pfas si comportano come i vecchi Pfas
Inoltre, l’ubiquità dei composti li rende quasi impossibili da evitare, e Schreder ha affermato che la soluzione migliore è un divieto virtuale dell’intera classe chimica, comprese quelle che l’industria sostiene non si accumulano così tanto negli esseri umani: “Lo studio fornisce ulteriori prove del fatto che i Pfas che le aziende stanno attualmente utilizzando e inserendo nei prodotti si comportano come quelli che hanno eliminato gradualmente, e stanno anche entrando nel latte materno ed esponendo i bambini in una fase di sviluppo molto vulnerabile”.