La Stampa. Nel giorno in cui l’Organizzazione mondiale della Sanità critica l’Europa per «l’inaccettabile lentezza» della sua campagna vaccinale, al tavolo di Bruxelles finisce nel peggiore dei modi la trattativa per aiutare i Paesi più in difficoltà con le somministrazioni. Slovenia e Repubblica Ceca si sono accodate all’Austria per far saltare l’accordo di solidarietà. Ma gli altri 24 Stati hanno comunque deciso di siglare un’intesa tra di loro per fornire più dosi ai cinque governi maggiormente colpiti dalle mosse di AstraZeneca, i cui tagli sono la principale causa del piano Ue.
Il braccio di ferro va avanti da giorni: al Consiglio europeo della scorsa settimana i leader non erano stati capaci di trovare un accordo e per questo avevano deciso di passare la palla ai rispettivi ambasciatori Ue. L’oggetto del contendere sono 10 milioni di dosi del vaccino Pfizer/BioNTech, un lotto che è parte dei 100 milioni di vaccini opzionati dall’Ue e che sarà consegnato in anticipo dalla casa farmaceutica (nel secondo trimestre). Sebastian Kurz aveva chiesto di rivedere la chiave di distribuzione, che di norma è legata alla popolazione di ciascuno Stato, per avere più dosi. L’Austria è tra quei Paesi che nei mesi scorsi avevano deciso di puntare di più sul vaccino di AstraZeneca, perché economico e facile da gestire logisticamente, rifiutando parte delle forniture dei vaccini più cari (soprattutto Moderna e Johnson&Johnson). Ma il mancato rispetto degli accordi da parte del gruppo anglo-svedese ha complicato i piani e Kurz è andato a Bruxelles per chiedere una compensazione, forte del sostegno di una schiera di Paesi in difficoltà.
Gli altri governi hanno accettato di fare un gesto di solidarietà, ma non nei confronti dell’Austria, che ha un tasso di vaccinazione superiore alla media Ue. La presidenza di turno portoghese ha proposto di suddividere in base alla popolazione 7 milioni di dosi e di riservare i restanti 3 milioni ai Paesi in difficoltà. Ma Austria, Slovenia e Repubblica Ceca si sono rifiutate, facendo saltare l’accordo. Per questo motivo i 10 milioni di vaccini saranno distribuiti teoricamente in base alle popolazione, ma 19 Paesi cederanno una parte della loro quota (per un totale di 2,8 milioni di dosi) a Bulgaria, Estonia, Croazia, Lettonia e Slovacchia. Un «contributo di solidarietà» che nel caso italiano dovrebbe valere circa 400 mila dosi (ne arriveranno 950 mila anziché 1 un milione e 350 mila).
Secondo i dati circolati al tavolo Ue, il nostro Paese dovrebbe vaccinare il 57,14% della popolazione adulta entro fine giugno, sostanzialmente in linea con Francia (58,16%) e Germania (61,04%). Faranno decisamente meglio Malta (93,10%) e Danimarca (79,88%), mentre in fondo alla classifica ci saranno Repubblica Ceca (44,33%) e Bulgaria (45,01%). L’Ue vuole vaccinare il 70% della popolazione adulta entro la fine dell’estate, ma per il momento gli obiettivi intermedi di fine marzo non sono stati raggiunti. Bruxelles puntava a vaccinare l’80% del personale sanitario e degli over 80, ma i dati dicono che ci si è fermati rispettivamente al 61,1% e al 56,7%. Per l’Oms si tratta di una «lentezza inaccettabile che prolunga la pandemia». —