Il Corriere del Veneto. Nella partita dei sottosegretari, il Veneto esce con «zero tituli». Il giorno dopo la débâcle si affilano i coltelli, ciascun partito a casa sua perché stavolta Mario Draghi non c’entra. A decidere sono stati i segretari di partito. Scricchiola la difesa d’ufficio «ma abbiamo 4 ministri» perché è chiaro a tutti che di veneti-veneti ci sono solo Erika Stefani e Federico D’Incà. Daniele Franco e Renato Brunetta sono, di fatto, romani. Partiamo dalla Lega. Si dà Massimo Bitonci furibondo: non gli avrebbe giovato la sponsorizzazione di Giancarlo Giorgetti. A microfoni spenti, che la disciplina di partito è cosa seria, c’è chi non si tiene: «La mossa di spostare l’asse regionale da Treviso a Padova ha portato a questo». Il riferimento è al neo commissario regionale, il padovano Alberto Stefani per alcuni troppo malleabile nelle mani di Salvini. Gli si riconoscono doti di mediazione ma questa dei sottosegretari era una finale di Champions, serviva lo scatto. Vero è che la linea di Salvini nel piazzare tutti fedelissimi è netta. Stefani difende il ruolo di raccordo col territorio dei parlamentari e lancia una piattaforma digital ma anche incontri «live» fra cittadini e parlamentari e dice: «Le scelte non si discutono perché so quant’è difficile farle. soprattutto con una rosa ampia di nomi di qualità». A Treviso il sindaco e presidente Anci Mario Conte aggiunge un elemento: «Non solo il Veneto non è rappresentato ma non lo sono neppure i sindaci. Non ne faccio una questione di partito, con Achille Variati ho lavorato molto bene. Per noi solo tante belle parole. Si impone una riflessione politica. Sì,anche interna».
Mastica amaro il Pd con l’europarlamentare Alessandra Moretti: «Constatiamo con amarezza la (ir)rilevanza del Veneto per il partito». La richiesta formale del segretario Alessandro Bisato al Nazareno sui sottosegretari è caduta nel vuoto e la fronda interna cresce. Lui commenta: «Logiche romane del Pd hanno escluso i veneti». C’è chi si chiede: «Ci stupiamo? Qui il Pd non pesa più niente». Su questa linea i consiglieri regionali Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni: «Così non va». Fra i grandi delusi c’è Andrea Martella che ha visto sfumare la conferma all’Editoria al fotofinish. Lui augura buon lavoro ai colleghi e vola alto: «Dobbiamo essere animati da un nuovo spirito costituente, ho servito il Paese con disciplina e onore ottenendo risultati apprezzati da tutti». Pier Paolo Baretta si accomiata con un «buon futuro a tutti» ma aggiunge «il rammarico per l’assenza, politicamente rilevante del Veneto». Il rimpianto di Achille Variati resta la grande incompiuta, la riforma del Testo unico degli enti locali. Lato 5s, Francesca Businarolo che era in lizza per la Giustizia non ne fa un dramma: «C’era da compensare il Sud e comunque, il legame col territorio resta soprattutto quello dei parlamentari».