Elena Dusi, Repubblica. Il sistema immunitario ha forse una memoria migliore del previsto, di fronte ai coronavirus. L’incontro con Sars-Cov-2 resta impresso nelle cellule T – uno dei reparti dell’esercito che ci difende dai microbi – anche negli asintomatici. Finora si credeva che solo se accompagnato da sintomi il Covid lasciasse anticorpi e protezione. L’infettivologo Antonio Bertoletti, originario di Cremona, ma volato da 15 anni alla Duke University di Singapore, è andato a cercare tracce dell’immunità dove nessuno aveva pensato di guardare. Fra i muratori accatastati nei dormitori delle periferie della metropoli asiatica.
Cosa avete fatto?
«Lì si annidano dei focolai e molti lavoratori, giovani e in salute, sono asintomatici. Abbiamo trovato 85 positivi senza segni di Covid. La loro risposta immunitaria era stata esemplare. Sapevamo da studi precedenti che negli asintomatici non restano anticorpi. In compenso abbiamo trovato altri attori del sistema immunitario, le cellule T, in quantità simili ai sintomatici».
Chi ha cellule T ha memoria dell’infezione ed è immune?
«Crediamo che sia così, anche se non abbiamo certezza. Le cellule T sono più difficili da osservare rispetto agli anticorpi, anche se stiamo lavorando a un test da distribuire per facilitare queste analisi. Nel caso degli anticorpi sappiamo che c’è un calo rapido dopo la guarigione. Le cellule T invece sembrano durare di più. I nostri volontari avevano infezioni vecchie di 3 o 4 mesi. A luglio abbiamo pubblicato su Nature uno studio in cui ne trovavamo anche fra i guariti della prima Sars, 17 anni fa».
Quindi il timore che l’immunità duri solo pochi mesi è infondato?
«È presto per dirlo. Sappiamo che alcune cellule T resistono alcuni mesi. Ma non sappiamo se bastano a proteggerci da un nuovo contagio».
È più protetto chi è guarito o chi riceverà il vaccino?
«Il sistema immunitario durante un’infezione naturale produce anticorpi contro più porzioni del virus. Nel caso del coronavirus, riconosce la spike, la punta della corona, ma anche altre proteine. I vaccini invece prendono di mira solo la spike. Ma questo non vuol dire che il vaccino non funzioni. I dati preliminari sono incoraggianti».
Chi ha avuto il virus va vaccinato?
«Dopo gli altri. Può darsi che chi è guarito non abbia una protezione completa: ci sono stati sporadici casi di reinfezione. Ma non è nemmeno naif come gli altri. Neanche il vaccino funzionerà probabilmente come uno scudo totale. Ma dovrebbe contenere l’infezione in un gruppo ristretto di cellule. Il sistema immunitario agisce così: non blocca, ma contiene».
Vaccini e immunità naturale ci faranno uscire dalla pandemia?
«Sì, avremo altri picchi, che saranno via via più bassi. L’immunità naturale dei guariti si aggiungerà a quella dei vaccinati, Nel frattempo, però, vedremo calare anche anticorpi e cellule T. Ancora non sappiamo quanto durerà la loro protezione».
Come mai a Singapore e nei paesi vicini ci sono pochi casi?
«Le regole sono rigide. Ci sono focolai soprattutto nei dormitori di operai e muratori, che però sono in genere giovani, magri e sani. In tutta la regione, anche dove i contagi sono numerosi, la severità dei sintomi sembra più bassa rispetto all’occidente. A contare è l’età più giovane. Ma può darsi che la frequenza delle malattie infettive i sia più alta e che essersi contagiati in passato con un virus che al sistema immunitario ricorda l’attuale coronavirus aiuti a far scattare le nostre difese in modo più efficiente».