A Palazzo Chigi hanno cerchiato di rosso due date. La prima: dopodomani, venerdì 13 novembre. Quel giorno, il ministro della Salute Roberto Speranza firmerà un altro pacchetto di ordinanze che potrebbe far scomparire quasi del tutto il giallo dalla mappa d’Italia, elevando ad arancioni o rosse quasi tutte le Regioni del Paese. La seconda data è martedì 17 novembre. Per quel giorno l’esecutivo deciderà se uniformare le restrizioni regionali, estendendo la zona rossa all’intero territorio nazionale. E se cambiare rotta sulla scuola, ampliando la didattica a distanza quantomeno alle scuole medie, forse anche alle elementari.
Andiamo con ordine, perché il virus stravolge gli schemi che ha in mente Giuseppe Conte alla velocità della luce. Ieri, ad esempio, è arrivata una prevedibile doccia fredda: 580 decessi in 24 ore, un numero enorme, che ricorda le settimane infernali della prima ondata (il picco, allora, fu di 969 morti il 27 marzo). Ma non basta. Già oggi i ricoveri supereranno il picco di primavera, e si prevede che le terapie intensive – al ritmo attuale – facciano lo stesso entro una settimana. Con una aggravante: allora l’Italia era già chiusa ermeticamente da settimane.
Per tutte queste ragioni, Speranza prepara nuovi interventi. Oggi affluiranno dalle regioni – e in anticipo rispetto al previsto – i nuovi dati. Poi toccherà all’Iss elaborarli nel consueto monitoraggio di venerdì, quindi al ministro decidere dove intervenire. Negli ultimi cinque giorni ha già decretato cinque zone rosse regionali e sette arancioni. A questi dodici territori si aggiungeranno nelle prossime ore altre tre regioni del Nord, ma per autonoma decisione dei governatori.
Si tratta di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Rivolgendosi a loro (e alla Campania), il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro è stato chiaro: con un Rt sopra l’1,5 e un rischio però moderato, restano per adesso in zona gialla. Ma basta il peggioramento di qualche parametro (tenuta degli ospedali, soglia critica delle terapie intensive) per passare direttamente a zona rossa. Speranza non può ancora intervenire, per non delegittimare lo schema elaborato dall’esecutivo. Saranno loro, dunque, a varare già oggi restrizioni fotocopia, per evitare un vero e proprio lockdown. Tra le misure che prenderanno – e che hanno anticipato al ministro della Salute in numerosi contatti telefonici – c’è la limitazione della circolazione interregionale e, forse, una sorta di lockdown morbido del week end. Non è esclusa la chiusura totale o parziale di bar e ristoranti. Da affiancare a rigorosi controlli nei luoghi di aggregazione come parchi, piazze e spiagge, che ieri una circolare del Viminale ha promesso di intensificare a partire dal fine settimana nell’intero Paese.
Ma non è finita qui. C’è il caso Campania ad angosciare l’esecutivo. I numeri non tornano, Speranza non può firmare ordinanze non giustificate dai 21 parametri. Oggi, comunque, affluiranno i nuovi dati. Difficile che la Regione sfugga alla stretta, probabile che diventi zona rossa. O meglio, che lo diventi quantomeno l’area di Napoli e Caserta, con quest’ultima che presenta parametri anche peggiori del capoluogo.
Resta un dilemma, ancora insoluto: ha senso frammentare in venti interventi diversi una stretta che potrebbe essere riassunta in un unico lockdown nazionale? Il dibattito divide in queste ore l’esecutivo. Di certo c’è che Giuseppe Conte vorrebbe evitare una restrizione generalizzata. Assai probabile che non se ne parli – salvo dati devastanti nei prossimi tre giorni – prima di lunedì o martedì prossimo. A quel punto peseranno due parametri: la soglia psicologica dei quarantamila contagi giornalieri e l’eccessiva pressione su terapie intensive e ricoveri ordinari.
Il lockdown nazionale, in ogni caso, si gioca soprattutto attorno al destino della scuola. “Non si può escludere la chiusura”, sostiene la responsabile del Pd per la scuola Camilla Sgambato, «ma decideremo dati alla mano». Pesa soprattutto la tendenza dei governatori a chiudere in autonomia le classi. Dopo Puglia e Campania, ieri la Basilicata si è detta pronta a valutare la didattica a distanza. La Sardegna ci ragiona. E il sindaco di Palermo Leoluca Orlando non è da meno: senza numeri aggiornati sul contagio tra i banchi, dice, lunedì sbarrerà i cancelli agli alunni.
Repubblica