Alla mezzanotte Giuseppe Conte era ancora chiuso a Palazzo Chigi con i capi delegazione dei partiti, impegnato in una estenuante trattativa tra prudenti e rigoristi. E i presidenti delle Regioni, bozza del Dpcm in mano, discutevano in video conferenza gli ultimi ritocchi prima di dare il via libera arrivato all’una. Testo sofferto, pieno di cancellature e note a margine, segni di una battaglia politica iniziata all’alba e finita col buio. Lo stop alle feste private è stato il tema più divisivo, ma non il solo su cui ci si è scontrati nella cabina di regia con le Regioni.
C’è voluto l’alert del Quirinale per convincere il governo a ripensare il divieto alle feste private, anche dentro casa. Regola che Conte non ha mai condiviso, convinto anche lui che sconfinare negli appartamenti degli italiani esporrebbe il decreto al rischio di incostituzionalità. Per il premier la stretta del Dpcm si è resa necessaria per scongiurare una nuova chiusura di tutto il Paese: «Escluderei un nuovo lockdown, abbiamo lavorato proprio per prevenirlo. Se proprio questa curva dovesse continuare a risalire, prevedo qualche lockdown circoscritto».
Parole che il capo del governo ripete anche di fronte ai presidenti delle Regioni. Il ministro Francesco Boccia comunica che la cabina di regia si terrà ogni settimana «anche quando non ci sono nodi, per avere un raccordo permanente» e strappa un sorriso ai governatori: il Cts si è rassegnato a consentire i test rapidi «validati dalle strutture scientifiche del G7», un allargamento delle possibilità diagnostiche che consentirà di allentare la pressione sulle Asl. Insomma, forse finirà la vergogna delle file per i tamponi. Altra questione è il pasticcio di Immuni: se molte Asl non richiedono i codici di sblocco a chi risulta positivo, a che serve avere l’app?
Il presidente Stefano Bonaccini si fa portavoce del grido di allarme delle società che gestiscono gli impianti sportivi, dopo lo stop al calcetto e agli sport da contatto a livello amatoriale. Le Regioni vogliono più controlli per fermare la movida e chiedono al governo di risarcire gli operatori. «Bisogna garantire un ristoro economico», attacca Marco Marsilio. E Giovanni Toti denuncia l’affanno del trasporto pubblico locale: «Un piano di incremento da parte del governo non è stato predisposto». La grana scoppia quando Bonaccini si fa portavoce di una proposta «choc» che è di «altri governatori», Luca Zaia in primis: ritornare alla didattica a distanza, per gli ultimi anni delle scuole superiori. Ma la ministra Lucia Azzolina si infuria e fa sapere, dati dei contagi nelle scuole alla mano, che la sua posizione è un «no secco». Il «blitz» fallisce, ma un ministro teme che «presto il tema si riproporrà». Il perché lo ha spiegato Zaia alzando la voce: «Se tagliate ancora i posti del trasporto pubblico non resta che lasciare a casa gli studenti più grandi».
Il Corriere della Sera