Il Sole 24 Ore, Federico Mereta. DIAGNOSI. CHE SI VADA A RICERCARE L’RNA VIRALE O GLI ANTIGENI, I TEST NASOFARINGEI O SALIVARI SONO ANCORA IMPERFETTI. OCCORRONO ESAMI DI NUOVA GENERAZIONE PIÙ PRECISI E RAPIDI
Occorre quindi trovare sistemi di controllo tanto specifici e precisi da cogliere anche i soggetti che hanno una carica virale estremamente bassa ma albergano il virus, magari senza sintomi, e possono anche trasmetterlo ad altri facendo “allargare” l’epidemia. Ed allora, come fare nella logica delle tre T “Test-Track-Treat”, strumento ottimale per identificare e spegnere rapidamente, con l’isolamento, i nuovi focolai infettivi? «La grande differenza, anche in termini numerici e di gravità globale del quadro, di oggi rispetto a qualche mese fa è che si fanno test anche ad asintomatici mentre all’inizio i tamponi venivano riservati solo a chi presentava sintomi significativi – segnala Stefano Vella, docente di Salute Globale all’Università Cattolica di Roma -. Questo significa che, mediamente, gli asintomatici con una carica virale bassa possono in qualche occasione sfuggire ai risultati dei test disponibili. Per il classico tampone, ad esempio, esiste una variabilità che si lega non solo alle tecniche di laboratorio ma anche a chi esegue fisicamente l’esame nelle cavità nasali. Per questo, in termini di screening, i test antigenici (test rapidi) che già peraltro si stanno facendo e danno risultati in pochi minuti e a costi limitati potrebbero diventare uno strumento di ampio impiego». Senza dimenticare, tuttavia, che anche in questo caso il risultato non è sempre preciso ed esiste un rischio di falsi negativi ancora superiore di quello osservato con i tamponi molecolari classici.
A prescindere dal materiale biologico in questione, si sta facendo strada l’impiego della saliva. E dallo Spallanzani di Roma fanno sapere che “entro fine mese saranno disponibili i test salivari che stiamo testando e che potranno aiutare anche nello screening della popolazione scolastica”. Comunque ad oggi non esiste un test assolutamente sicuro e certo e i risultati, parlando di positività, dipendono molto dalla carica virale del singolo individuo. «Quello che sappiamo è che se la carica virale è elevata i test antigenici riescono a cogliere quasi tutti i soggetti che hanno contratto l’infezione, se la carica virale è media siamo intorno al 75% e se è bassa si rischia di “perdere” diversi positivi, molto più che con il classico tampone – ricorda Perno -. È vero che i test antigenici sono facili da eseguire, ma soprattutto a basse cariche possono dare molti falsi negativi e questo può essere un serio problema perché perdiamo persone che oggi sono a bassa carica e poco infettanti, ma domani con l’evoluzione dell’infezione possono diventare ad alta carica e pertanto potrebbero essere altamente infettanti. Quindi occorre ricordare che un test antigenico negativo oggi non è una patente di negatività: se ci sono sintomi va fatto il tampone. Ma anche se non ci sono e non ci saranno sintomi non è una garanzia assoluta che la persona non sia infettata e infettante».
«Oggi l’importante, in attesa anche di modalità di prelievo più semplici sulla saliva, è fare il triage con i test a più persone possibile – conclude Vella -. Risultano sempre meno importanti, sotto l’aspetto del controllo dell’infezione gli esami del sangue per la ricerca degli anticorpi: possono avere un significato di “numerosità” delle persone che hanno incontrato il virus, ma non aiutano, anche per la presenza di un “periodo finestra” legato alla comparsa degli anticorpi stessi in seguito all’infezione, che può ingannare».
Federico Mereta