Michela Nicolussi Moro. Dopo il caso Venezia — con il codice di priorità cambiato dall’Usl Serenissima su 44.600 ricette in tre anni — e relativa indagine aperta dalla Procura, la Regione accende un doppio riflettore sull’appropriatezza prescrittiva. Il Veneto eroga circa 80 milioni di prestazioni specialistiche ambulatoriali all’anno, per una media di 4 ad abitante (non si contano gli esami al Pronto Soccorso e in regime di ricovero, le visite di controllo e gli screening), parametro che sale a 6-7 a Padova e scende a 3,5 a Vicenza. Da una parte ieri in commissione Sanità è stato votato a maggioranza il «Piano annuale 2020 di attività del Servizio di vigilanza sul Sistema sociosanitario», che per quest’anno impone ai commissari l’analisi delle misure organizzative e procedurali adottate dalle Usl per contenere le prescrizioni di specialistica ambulatoriale non appropriate da parte di medici di base, pediatri di libera scelta e specialisti. Dall’altra l’area Sanità ha dato tempo alle Usl fino al 15 marzo 2021 per avviare il controllo continuativo di un campione di accertamenti «traccianti», cioè i più richiesti, quelli con maggior impatto sulle liste d’attesa e sull’utilizzo dei macchinari (per esempio Angiotac, risonanza alla prostata, prima visita cardiologica, ecografia ostetrica, prima visita oculistica), per appurare l’esatta corrispondenza tra il sospetto diagnostico e il tipo di prestazione ordinata al paziente.
Nel momento in cui dovessero emergere situazioni ad alto rischio di inappropriatezza, il medico responsabile sarà chiamato dall’Usl di riferimento a fornire le spiegazioni del caso. Sarà la Regione a definire il campione di esami da valutare, uguale per tutte le aziende sanitarie, e toccherà ad Azienda Zero effettuare il controllo finale, Usl per Usl. La ratio di tutto ciò è di limitare il rischio di inappropriatezza, e conseguenti costi in più per il sistema, e di ridurre il ricorso alla medicina difensiva, nato per evitare contenziosi con i malati. Nel 2017, quando l’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, varò il decreto appropriatezza, nel Veneto Tac e Risonanze crollarono del 30%, per poi risalire quando il provvedimento fu cancellato.
«Gi ispettori dovranno presentarci una relazione sul lavoro svolto dalle Usl per garantire l’appropriatezza prescrittiva e per avviare eventuali azioni correttive — spiega Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità —. E’ un tema centrale per la programmazione sanitaria». Ancora una volta sorvegliati speciali saranno i medici di famiglia e le loro ricette rosse. «Noi rispondiamo delle nostre azioni, il problema resta però la grande quantità di prescrizioni indotte, cioè firmate dagli specialisti — avverte Domenico Crisarà, segretario regionale della Fimmg, sigla di categoria —. L’eventuale eccesso di accertamenti è valutabile dalle prime visite, che disponiamo noi, ma il 70% sono appunto responsabilità degli specialisti. Noi dobbiamo recepirli nelle nostre ricette rosse e quindi sono sempre i medici di base a figurare come prescrittori».
Corriere Veneto