«Quello che era l’obiettivo di una nostra grande battaglia diventa realtà per tutto il sistema sanitario nazionale», scrive, con trasparente soddisfazione, Luca Zaia. Il presidente del Veneto si riferisce a un emendamento del governo al decreto Milleproroghe, approvato ieri dalle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, che prevede la possibilità per i medici di rimanere al lavoro oltre i 40 anni di servizio ed entro i 70 anni d’età. Il testo «tocca» anche gli specializzandi: potranno essere inquadrati a tempo determinato già «a partire dal terzo anno del corso di formazione» e non più all’ultimo (quarto o quinto che sia, secondo specialità). Saranno impieghi con orario parziale, per consentire di completare il percorso di specializzazione. Gli specializzandi saranno quindi ammessi ai concorsi per l’accesso alla dirigenza sanitaria, «a partire dal terzo anno del corso di formazione». Nel caso vinca il concorso, la norma prevede che lo specializzando sia collocato «in graduatoria separata». L’emendamento, infine, proroga fino al 31 dicembre 2022 la possibilità per le Asl di assumere i medici specializzandi.
La lettura di Zaia dei fatti romani è netta: «In un momento storico in cui gli organici nazionali dei medici sono carenti di 56 mila professionisti, 1.300 solo nelle strutture venete, è fondamentale che un medico possa lavorare fino a 70 anni, naturalmente se ne ha voglia e se lo sente per forma fisica. Siamo stati dei precursori anche nella battaglia, sostenuta anche da altri colleghi presidenti, per aprire le corsie agli specializzandi. É affermazione di civiltà permettere ai medici di far pratica verso la specializzazione, col tutoraggio dell’università, lavorando nelle strutture sul territorio». Conclusione: «Sono fiero che come Regione, siglando l’accordo con gli atenei di Padova e Verona, abbiamo aperto la strada a questa partita importante».
Difficoltà a reperire personale, crisi di vocazioni, esiguità delle borse di specializzazione: il governo, pare chiaro, ha messo una toppa alla falla che rischia(va) di far colare a picco la sanità pubblica. Sono, comunque, dei cambiamenti importanti: come li valutano gli interessati? Giovanni Leoni, veneziano, è segretario veneto di Coordinamento italiano medici ospedalieri: «Il trattenimento in servizio oltre i 67 anni e fino a 70 è una misura che avevamo indicato anche noi di Cimo. Meglio così – dice – che non congedare il medico a 67 anni e poi riprenderlo fino a 70 in regime di libera professione facendo leva sulla sua dedizione. In ogni caso, dev’essere chiaro che il trattenimento in servizio, quanto a carico di lavoro, deve variare a seconda delle specialità». Guardia notturna, reperibilità, reparti di emergenza e urgenza: «Esistono specialità in cui il decadimento fisico è fisiologico», rammenta Leoni: limiti di cui va tenuto conto, a tutela dei dottori (ipotesi di errore, quindi di colpa medica) e dei pazienti.
Per chi esce dopo c’è chi entra prima, ma sono contenti gli specializzandi? A sentire il padovano Andrea Frascati, la risposta è no. «Col Milleproroghe – dice il vice presidente nazionale di Federspecializzandi – si anticipa al terzo anno un’assunzione mai testata neppure al quarto e quinto. Questo perché, eppure lo avevamo richiesto, non si è fatto un accordo/quadro tra ministero del’Università e ministero della Salute, per dare alla norma applicazione omogenea nelle varie regioni». Qual è il dubbio? «Che la formazione diventi aspetto marginale rispetto alla grande responsabilità dell’inquadramento dirigenziale già al terzo anno». O si fa il dirigente o ci si specializza: fare entrambi «diventa pericoloso per lo specializzando e consegna ai pazienti un servizio di qualità inferiore». Ultimo aspetto: «La proroga fino al 31 dicembre 2022 della possibilità per le Asl di assumere – chiude Frascati – fa pensare che non si tratti di procedura temporanea ma del tassello per la smobilitazione della formazione medica». (r. piv. )
Il Corriere del Veneto