Il Corriere del Veneto. Proprio quando sembrava che governo e Regioni marciassero compatti sui temi della salute, con una serie di progetti concordati per fronteggiare insieme il problema della carenza di medici (leggi l’aumento delle borse di studio per gli specializzandi, il via libera alla loro assunzione, l’approvazione delle 16 proposte del Veneto tra cui il ricorso temporaneo a camici bianchi pensionati), arriva una doccia fredda sulla testa della giunta Zaia. E proprio in materia di sanità. Il governo ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale due passaggi della legge regionale del 25 novembre 2019 (il collegato alla legge di stabilità 2020): uno è il comma che obbliga lo specializzando titolare di una borsa di studio finanziata dalla Regione a partecipare ai concorsi banditi in Veneto nei 5 anni successivi e, se superati, a prestarvi servizio per almeno 3 anni; l’altro è l’articolo che equipara a quelli del personale delle altre aziende sanitarie venete gli stipendi dei dipendenti dell’Azienda ospedaliera di Padova (2,2 milioni di euro per ciascun esercizio 2020, 2021 e 2022). Autorizzata dal Consiglio regionale a rideterminare i fondi per l’organico, previa delibera della giunta — non ancora emanata — e nel rispetto dei limiti di spesa.
Misure adottate per contrastare la continua emorragia di medici, come ricorda il governatore Luca Zaia: «La difficoltà di trovare specialisti è cronaca di tutti i giorni e le borse di studio aggiuntive rispetto a quelle statali (90, finanziate con 9,7 milioni di euro, accanto alle 564 pagate da Roma, ndr ) è uno dei grandi sforzi che sosteniamo per contenere il fenomeno. Inoltre la retribuzione adeguata per tutti i professionisti delle nostre strutture non è solo un fatto di giustizia: il privato non si fa problemi a offrire ottimi stipendi ai migliori medici e noi cosa facciamo? Diciamo loro che non possiamo pagarli in maniera uguale tra le aziende? Con l’autonomia non esisterebbe il problema. Ci opporremo all’impugnazione in tutte le sedi».
Ci sono poi altri interrogativi che aspettano risposta. «L’obbligo di permanenza di almeno tre anni ai titolari di borse di studio regionali l’hanno introdotto prima di noi le Province autonome di Trento e Bolzano (per specializzandi di Verona e Innsbruck, ndr ), ma non è stata impugnata. Forse perché sono realtà a statuto speciale? — osserva Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità —. Così come il livellamento degli stipendi al pari dei dipendenti delle altre aziende sanitarie del Veneto è già stato deliberato per l’organico dello Iov. E anche in questo caso il governo non ha avuto nulla da ridire». Magari perché l’Istituto oncologico veneto è un Irccs, cioè un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico finanziato dallo Stato.
Le motivazioni opposte dal Consiglio dei ministri si limitano all’aspetto giudiziario, rilevando in sintesi un contrasto tra le disposizioni regionali e quelle statali. Sulle borse di studio per gli specializzandi: «Le clausole aggiuntive introdotte dalla legge regionale esulano dal contenuto tipico del contratto di formazione, discostandosi dai principi fondamentali dettati dal legislatore statale. Il concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione medica ha carattere nazionale: le clausole in parola, atteso che il contratto regionale viene stipulato all’esito della selezione nazionale, rischia di risolversi in una ingiustificata discriminazione nei confronti dei soggetti non beneficiari del contratto statale, con conseguente violazione del principio costituzionale di uguaglianza». Sugli stipendi: «La disciplina del trattamento economico accessorio è competenza esclusiva del legislatore nazionale». E poi si contesta «la disparità di trattamento economico, che deriverebbe al solo personale interessato rispetto al restante personale pubblico, su cui la legge statale è intervenuta». «È vergognoso, scandaloso — sbotta Giampiero Avruscio, presidente Anpo, il sindacato dei primari che per primo ha sollevato il caso —. Dobbiamo continuare ad essere i peggio pagati del Veneto, nonostante l’elevato peso assistenziale, l’elevato livello di complessità delle patologie trattate, l’elevato rischio clinico, le esose assicurazioni personali che ci paghiamo noi? E tutto ciò nonostante l’eccellenza della nostra sanità, a livello regionale e nazionale». «Giusto» il vincolo dei tre anni al lavoro in Veneto imposto agli specializzandi titolari di borse di studio «pagate dai contribuenti veneti» per il professor Stefano Merigliano, presidente della Scuola di Medicina dell’Ateneo di Padova, e per Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaao (ospedalieri).