Manifestazione dell’Intersindacale medica, veterinaria e sanitaria organizzata il 15 dicembre a Roma in difesa del Servizio sanitario nazionale e di chi ne compone il corpo e l’anima: i medici, i veterinari e i dirigenti Ssn. Anche il Veneto è stato interessato dalla mobilitazione con assemblee intersindacali che si sono tenute in concomitanza con la manifestazione nazionale nelle aziende sanitarie, all’Azienda ospedale università di Padova, all’Auoi di Verona e all’Istituto zooprofilattico di Legnaro. Buona la partecipazione sia in presenza che in collegamento nelle assemblee di Vicenza, Venezia, Padova, Treviso con una discussione molto sentita che, oltre ai temi della protesta nazionale ha toccato anche le criticità a livello veneto, dalle gravi carenze degli organici, l’utilizzo massiccio di medici a gettone, i carichi di lavoro aumentati, gli incarichi non assegnati, ai ritardi nella contrattazione decentrata e nel turn over. Molti gli spunti di interesse che costituiranno la base per un approfondimento futuro a livello intersindacale
«Siamo tutti stanchi, arrabbiati e disillusi e forse è anche colpa nostra perché avete riposto in noi aspettative che non sempre sono state rispettate. Ma dobbiamo comprendere che il Ssn è il dono più prezioso e in quanto tale dobbiamo salvaguardarlo. Per poterlo fare, in alcuni momenti dobbiamo avere il coraggio di non guardare indietro ma avanti, serve salvaguardare i professionisti che lo formano portano avanti – e non c’è più tempo per aspettare – creando condizioni di lavoro sicure, occorre una legge, una legge che oggi non esiste, di tutela. Questo passa inevitabilmente per un contratto che è già scaduto, non attuato. E ancora non ci convoca nessuno, mentre senza contratto di lavoro non esiste lavoratore pubblico. E occorre prima di tutto riconsegnare a ciascuno di noi il tempo improcrastinabile in termini di vita che il Covid ci ha sottratto , quel tempo che abbiamo regalato alle aziende con 5 milioni di ferie non pagate e 10 milioni di ore di straordinario non retribuite». Così il segretario nazionale dell’Anaao Assomed Pierino Di Silverio ha dato l’apertura ufficiale alla manifestazione dell’Intersindacale medica, organizzata il 15 dicembre a Roma in difesa del Servizio sanitario nazionale e di chi ne compone il corpo e l’anima: i medici e i dirigenti Ssn. Il 16 dicembre, in calendario c’è la convocazione da parte del ministro della Sanità Orazio Schillaci. Una convocazione percepita come “tardiva”: «Il ministro – ha commentato Di Silverio – ha già coinvolto alcuni rappresentanti di alcune società scientifiche, senza coinvolgere le parti sociali. Ma uno stato democratico prevede il confronto con i lavoratori direttamente interessati».
«Sette medici al giorno se ne vanno dal Ssn, un’emorragia che va fermata subito, ma per farlo servono investimenti, che in questa finanziaria non si vedono – ha avvisato ancora il segretario Anaao-Assiomed dal palco-. E occorre che il medico abbia la possibilità di curare senza essere soggetto al tempo o alla legge: la depenalizzazione dell’atto medico è un punto di partenza imprescindibile per il nostro lavoro. Sono 35mila le cause intentate ai medici ogni anno e 300mila giacciono nei cassetti e il 97% si conclude con un nulla di fatto ma crea una condizione insostenibile. Oggi l’Intersindacale scende in piazza unita al di là degli orticelli: è il momento di avviare un percorso che finirà solo quando avremo salvaguardato il diritto alla cura e a curare, imprescindibile in ogni Stato democratico quale è il nostro. C’è bisogno di ognuno di noi per salvaguardare quell’articolo 32 che è la stella polare. Salvare oggi il Ssn significa salvare le cure dei nostri figli, dei nostri padri e del futuro».
«Vorrei ringraziare di cuore tutti quelli che ci hanno portato a questo sfascio: a chi ha tagliato 40mila posti letto, chi ha impedito le assunzioni negli ospedali, chi ha tagliato la spesa sanitaria, e le Regioni che sono un buco nero. Ma devo ringraziare anche chi ci governerà, per la mancata visione, almeno fino adesso: non c’è un progetto, non c’è una visione», ha attaccato Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed. «Probabilmente – ha aggiunto – qualcosa che si potrebbe fare per il Pnrr non vedrà la luce perché mancano le risorse. Noi dovremmo avere accesso almeno a 5 miliardi di euro nell’immediato per problemi strutturali e invece ci troviamo verso 26 mld di evasione di Iva e non tutti sanno che rappresentiamo il 13% dei cittadini con reddito oltre 35mila euro che versa il 60% dell’Irpef e quindi 167 miliardi. A fronte di questo siamo bloccati negli ospedali, non abbiamo posti letto né vita sociale per noi e per le nostre famiglie, veniamo aggrediti peché le strutture non funzionano. Solo il 16% dei colleghi hanno la possibilità di fare carriera: allora a un collega giovane “chi glielo fa fare”? L’ultimo baluardo siamo noi, se restiamo uniti forse qualcosa lo portiamo a casa».
«Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni almeno, non hanno fatto che tentare di eliminare la rappresentatività del sindacato nella convinzione di poter amministrare in modo economicistico il Ssn e questo è stato smentito dal fatto che i medici si dimettono per andare nel privato a guadagnare 4 volte tanto. Ma quando sarà raggiunto il colmo di questa fuga, quei medici si troveranno con un far west delle remunerazioni al ribasso», ha avvisato Alessandro Vergallo, segretario Aaroi-Emac.
«Entro il 2030 circa la metà dei medici andranno in pensione. Se non si interviene con urgenza il governo sarà responsabile del fallimento del Servizio sanitario nazionale», denuncia il segretario nazionale della Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn, Andrea Filippi. Dai dati del report sull’occupazione nella Pa della Fp Cgil, osserva, «emerge come l’età dei medici e dei dirigenti del Servizio sanitario nazionale sia superiore ai 55 anni. Entro il 2030 cesseranno dal servizio 49 mila medici, il 44% dei 112 mila attualmente in servizio. Serve prevedere nuove assunzioni, non solo per il turnover, ma per garantire i Lea. Una dinamica peraltro che non tiene conto della fuga dei medici dal Ssn, dovuta alle pessime condizioni di lavoro e alle retribuzioni. Medici che abbandonano il pubblico per scegliere i contratti libero professionali che questa legge di Bilancio favorisce con la flat tax. Dietro questi numeri, dietro la quotidiana realtà, emerge con forza il bisogno di intervenire per rendere attrattivo il lavoro pubblico, anche investendo sul prossimo contratto nazionale. Altrimenti sanciremo il fallimento del Ssn, vanificando anche l’ingente investimento fatto in questi anni sulla formazione specialistica. Bisogna intervenire sull’organizzazione dei servizi e del lavoro, assumere personale e valorizzare le professioni. Queste sono le richieste prioritarie che i sindacati dei medici e dei dirigenti del Ssn», conclude Filippi.
«La pacchia è finita!», esordisce il presidente dei veterinari FVM, Aldo Grasselli, citando forse volutamente la premier Meloni. «Il welfare è alle battute finali. Il Servizio sanitario nazionale, la tecnostruttura pubblica che ha garantito salute e sanità gratuita per 40 anni, sta per crollare sotto l’assalto di imprenditori spregiudicati, lobbisti seducenti, economisti fasulli, amministratori incapaci o condizionati, manager ignavi e servili, professionisti infedeli, politiche sanitarie ottuse o inconcludenti – attacca -. Le liste d’attesa nella sanità pubblica gratuita sono infinite? Il diritto alla salute non è più garantito? Il sud migra al nord per avere speranze? Siete dirottati verso la sanità privata convenzionata che è pronta ad accogliervi dopo che ha reclutato le professionalità che la sanità pubblica non sa trattenere? Non date la colpa alla pandemia o alla guerra, il Ssn che avete costruito e pagato con le vostre tasse è sotto assedio da anni e ora siamo in vista del saccheggio finale. La privatizzazione del vostro diritto alla salute è in atto, se volete curarvi potete pagare in contanti, ora addirittura sino a 5.000 euro al giorno. Non è vero che mancano le risorse per un Ssn efficiente e gratuito. Non è vero che il Ssn non è più sostenibile. In Italia c’è una evasione fiscale che supera i 100 miliardi ogni anno. Ecco perché non si trovano le risorse per assumere personale: medici, veterinari, farmacisti, biologi, psicologi, infermieri, operatori sanitari e amministrativi per garantire salute e sanità a tutti. Non si trovano le risorse per assumere stabilmente il personale indispensabile per garantire l’erogazione dei Lea ma si sperperano molti più soldi per pagare medici e infermieri a gettone, a ore, a prestazione, come nel più vivace libero mercato che sia mai stato creato ad arte».