Dal 2023 non si potrà più accedere alla pensione anticipata con 38 anni di contributi: con Quota 103 ne serviranno almeno 41 insieme a 62 anni d’età, una soglia più bassa di due anni di quella di Quota 102, in funzione fino al 31 dicembre di quest’anno. Anche le lavoratrici vedono cambiare i requisiti per l’uscita anticipata con il ricalcolo contributivo dell’assegno, che variano a seconda del numero dei figli. L’attuale schema di Opzione donna con 58 anni e 35 di versamenti dovrebbe rimanere attivo il prossimo anno solo per chi ha almeno due figli e dovrebbe valere anche per le “autonome” (oggi vincolate a un limite anagrafico più alto di un anno); poi, se il testo definitivo della manovra confermerà le anticipazioni arrivate dal governo, si dovrebbe salire a 59 anni nel caso di un solo figlio e a 60 per le donne senza figli. Per i lavoratori in particolari situazioni di difficoltà resterà poi attivo l’Ape sociale e rimarranno percorribili anche tutte le altre via d’uscita “ordinarie”. Tutte le pensioni saranno soggette al nuovo meccanismo di rivalutazione. Che con i tagli agli adeguamenti degli assegni più alti permetterà di recuperare risorse non trascurabili. E che per questo motivo è finito nel mirino dei sindacati.
Lo Spi-Cgil attacca il governo: «I pensionati sono trattati come bancomat». E anche la Uil con il segretario generale, Carmelo Barbagallo, e con Domenico Proietti, parla di «profonda ingiustizia». Proprio la Uil ha effettuato alcune simulazioni dalle quali emerge che il taglio alla rivalutazione delle pensioni peserà nel 2023 per circa 400 euro l’anno sugli assegni sopra la soglia dei 2.100 euro lordi al mese (quattro volte il minimo) e per 2.700 euro l’anno per quelle che superano i 5.200 euro lordi mensili. Ma vediamo i canali d’uscita attivi il prossimo anno.
Pensioni di vecchiaia
La soglia di riferimento resta quella dei 67 anni con almeno 20 anni di contribuzione. Alcune categorie di lavoratori impegnati in mansioni particolarmente rischiose potranno continuare ad accedere al pensionamento, se in possesso di 30 anni di versamenti, a 66 anni e 7 mesi.
Quota 102: chi uscirà ancora
Chi possiederà entro il 31 dicembre 2022 i requisiti richiesti potrà chiedere il pensionamento con Quota 102 (64 anni d’età e 38 di contributi) anche in futuro.
Il mix «62+41» con finestre
Dal 1° gennaio 2023, per dodici mesi, sarà utilizzabile l’uscita con il mix Quota 41 e 62 anni (Quota 103 di fatto). Sono previste due finestre: tre mesi per i lavoratori privati e sei per i “pubblici”. Chi matura i requisiti il 31 dicembre 2022, per uscire dovrà però attendere aprile, se è un dipendente privato, o agosto se si tratta di un dipendente pubblico. La pensione non potrà superare le cinque volte il minimo Inps (circa 2.626 euro) e non sarà cumulabile con altro reddito da lavoro oltre i 5mila euro.
Opzione donna tarata sui figli
Il prossimo anno rimarrà attivo il canale di Opzione donna ma con una nuova configurazione tarata sul numero dei figli. Se non ci saranno ripensamenti in extremis, potranno uscire, con il ricalcolo contributivo dell’assegno, a 58 anni e con 35 di versamenti tutte le lavoratrici con due o più figli. La soglia anagrafica salirà a 59 anni con un solo figlio e a 60 per le lavoratrici senza figli.
Ape sociale e «precoci»
Anche nel 2023 alcune categorie di lavoratori in difficoltà, come i disoccupati di lungo corso o gli invalidi civili, potranno utilizzare l’Ape sociale, che consente l’uscita con 63 anni e 30 anni di contributi. Che salgono a 36 per gli addetti ad attività rischiose (32 per i ceramisti). Potranno poi uscire con 41 anni di versamenti, indipendentemente dall’età, i lavoratori “precoci”.
Uscita solo con la contribuzione
Tra le vie d’uscita “ordinaria” resterà quella che consente il pensionamento con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età.
Il Sole 24 Ore
25 novembre 2022