Sono tra noi, anche dentro di noi. Virus e batteri sono il nostro habitat e il nostro cruccio. Scatenano epidemie, ci obbligano a difenderci, spesso costringendoci a una rincorsa continua. Il Covid ce l’ha insegnato; il virus respiratorio sinciziale (VrsS) dei bambini ce l’ha ribadito, il Monkeypox (vaiolo delle scimmie) ci ha sbalordito perche ci sembrava così lontano e l’abbiamo trovato sotto casa; le epatiti acute nei bimbi ci hanno angosciato, visto che rimangono un mistero. Dunque è l’era delle epidemie-pandemie che ci aspetta? Un pericolo che arriva dritto dritto da malattie infettive che in passato ci sembravano rare, anzi rarissime, è quello che ci attende in futuro? Ne hanno parlato sul palco del Festival di Salute 2022 esperti di fama internazionale come il microbiologo Rino Rappuoli, l’infettivologo Stefano Vella, il virologo e immunologo Roberto Burioni, l’epatologo del Policlinico di Milano, Pietro Lampertico.
L’hanno definita “l’era dei virus”. Il nostro futuro prossimo dovrebbe presentarsi più o meno così. Se fino a qualche anno fa ci sembrava assodato che fossimo fatti di sole cellule umane, poi abbiamo capito che siamo abitati da miliardi di batteri e funghi che condizionano la nostra vita, e quindi siamo, se facciamo le proporzioni “dei sacchi di microbi con le scarpe”.
Ma cos’è un virus? È una matassa di proteine che contiene del materiale genetico. Per vivere e riprodursi deve inserire questo materiale in una cellula e sfruttare le materie prime e le “attrezzature” della cellula stessa, cosa che a volte può essere un problema. Tanto maggiore è la quantità e la varietà delle cellule a disposizione, tanto più saranno i virus. Nel nostro corpo i batteri, che sono molti di più, vari e disponibili delle nostre stesse cellule, sono il principale bersaglio dei virus. Che in definitiva sono gli “esseri” più numerosi del nostro corpo: circa dieci volte tanto i batteri. E non sono tutti uguali, perché ci sono virus “buoni” e virus “cattivi” .
Il fatto di doverci cimentare spesso con i salti di specie, le zoonosi, quando i virus ‘saltano’ dall’animale all’uomo, dà al problema la giusta portata. Nel caso dei virus, tra i più comuni nelle zoonosi, si tratta sempre di un cambiamento nei loro geni. Ed è il fenomeno che negli ultimi tre anni ci ha costretto a lock down, mascherine, disinfettanti e nevrosi da isolamento. Con il Covid il salto di specie ha fatto centro. Ma anche in precedenza aveva prodotto risultati roboanti.
La storia dell’uomo, così come quella degli animali, è stata caratterizzata da decine di epidemie e pandemie causate da virus ignoti e da altri che abbiamo scoperto. Nell’ultimo secolo, per esempio, l’influenza spagnola del 1918 contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 50 milioni. La maggior par te delle pandemie ha un’origine animale. S ono, appunto, delle zoonosi. Altre, invece, arrivano dalla conquista di nuovi territori. E più di recente non è andata meglio. Basti pensare alle epidemie-pandemie dell’influenza A/H1N1 (suina) datata 2009 e, ovviamente, al S ars-CoV-2, causa della pandemia Covid.
Quando un virus, nuovo o sconosciuto, viene a contatto con l’uomo i risultati non sono quasi mai prevedibili. Può accadere che non si adatti al nuovo ospite, perché bloccato dal sistema immunitario, e così non causa danni. In questi casi, chi viene a contatto con un patogeno può non rendersene nemmeno conto. Però può andare peggio, quando riesce a colpire le cellule umane e scatena sintomi: ci riferiamo alla ‘patogenicità’. La sua forma più estrema? La morte del paziente.
Nel frattempo, c’è pure un altra popolazione invisibile da cui guardarci: i batteri. Sarebbero loro i nemici numero due da cui difenderci, e in futuro ancor a più tenaci nel colpirci a causa della nostra propensione ad assumere tanti antibiotici? Parliamo di organismi unicellulari microscopici, tra le forme di vita più antiche e conosciute sulla terra. Ne esistono migliaia di tipi diversi e vivono in tutti gli ambienti possibili in ogni parte del mondo: nel terreno, nell’acqua di mare e in profondità dentro la crosta terrestre. Persino nei rifiuti radioattivi. Molti sono utili perchè, ad esempio, facilitano la digestione degli alimenti o impediscono la proliferazione di altri batteri più pericolosi. Tuttavia ci sono anche quelli che causano malattie, quelli patogeni.
Dunque, con quali di questi piccoli ‘ospiti’ dovremo fare i conti in futuro? Rappuoli non ha dubbi sul fatto che «dobbiamo abituarci all’idea che le pandemie ci saranno nel nostro domani» e perciò, sottolinea, «bisogna investire in diagnosi e vaccini».
Ma perché dovremmo mettere in calendario nuovi attacchi di virus e batteri su larga scala? Rappuoli spiega: «Da una parte, nella vita moderna, le epidemie aumentano perché tutti viaggiano, si incontrano continuamente. Di conseguenza ci troviamo sempre più a contatto con virus e batteri che non avevamo mai visto».
E gli effetti delle pandemie? Pare proprio che anche con quelli dovremo misurarci con maggiore frequenza. «Ciò che abbiamo visto sino ad oggi, e SARS-CoV-2, ultimo virus in ordine di tempo, ci ha confermato – prosegue – è che le pandemie provocano due effetti fondamentali: il primo sulla salute, perché la gente si ammala; l’altro sull’economia. La società moderna deve essere preparata. Significa investire, ma non lo stiamo facendo abbastanza». I pericoli per il futuro? «Altri virus, ad esempio all’influenza aviaria, che tutti si aspettano – prevede l’esperto – . Ma dobbiamo guardarci pure dai batteri resistenti agli antibiotici: è una pandemia iniziata, sta aumentado di giorno in giorno, e se non facciamo nulla, fra 10-15 anni avrà un’impatto sulla salute enorme perché già uccide 5 milioni di persone all’anno».
Il capitolo “cosa fare” per Rappuoli si traduce nello «smettere di abusare degli antibiotici, perché li assumiamo in misura oltre il necessario, cosa che li rende inutili e sta cambiando l’ecologia mondiale trasformandoli in batterio- resistenti». Mentre su ciò che ci aspetta lo scienziato lancia una proiezione da brividi: «Per il 2050 i batteri riuscir anno a uccidere più dei tumori. E, come tutte le altre pandemie, questa avrà un impatto economico enorme: da qui ad allora sarà di circa 100 trilioni».
Donatella Zorzetto, Repubblica