Manuela Soressi, Il Sole 24 Ore. Toglieteci tutto, ma non il nostro (buon) cibo quotidiano. Così si è detto, per decenni, degli italiani. Ma la crisi globale che sta caratterizzando il 2022 ha inciso anche su quest’approccio. Di fronte ai tanti rincari, presenti o annunciati, le famiglie cercano sempre più di risparmiare. Anche nel food. Tanto che da settembre emergono i primi segnali di trading down del carrello della spesa, con l’abbandono dei prodotti premium a favore di quelli di primo prezzo. A rivelarlo è l’indagine realizzata da Iri e GS1 Italy, che ha monitorato l’andamento del largo consumo nei primi nove mesi del 2022. Rispetto al gennaio-settembre 2021, a fronte di prezzi aumentati del 5,8% e di un’inflazione salita del 5,7%, le vendite a volume sono rimaste stabili (+0,1%) mostrando la capacità degli italiani di “incassare” il carovita.
Per riuscire a far quadrare i conti di casa il 23% degli intervistati ha dichiarato di frequentare i discount più spesso che nel recente passato. L’escalation di questo canale continua: il giro d’affari è aumentato del 12,2% in un anno (così come accade da un biennio) e la quota a valore sul totale è arrivata al 20,6%, guadagnando tre punti rispetto al 2019. Ma gli effetti della congiuntura economica si sono fatti sentire anche su questo format: il discount è il canale distributivo dove l’inflazione si è fatta più sentire (8,6%), soprattutto da settembre (14,1%), e dove la pressione promozionale è calata maggiormente (-3,0% contro il -2,2% medio). Ma anche quello dov’è cresciuta di più la presenza di grandi marche industriali (tornate a fare innovazione), così com’è accaduto in un altro canale che sta beneficiando di questa caccia alla convenienza, ossia quello degli specialisti del drug, casa e persona (+4,4%).
La ricerca di convenienza ha penalizzato l’ecommerce rallentandone l’avanzata. I tassi di crescita a tre cifre del giro d’affari registrati nel 2020 e quelli a due cifre del 2021 sono lontani. Nell’anno finito a settembre i generalisti online hanno incassato un +4,1%, l’home delivery un +4,7% e il click&collect un +0,5%. Così la quota dell’e-commerce sul giro d’affari del largo consumo resta ferma al 2,3% di quota, come nel 2021.
Non solo è cambiato il dove si va a fare la spesa, ma anche il come. E il carrello non è diventato solo più vuoto che in passato, ma anche più «basic». L’analisi per fascia di prezzo o di posizionamento a scaffale mostra l’avanzata dei primi prezzi (+7,6% sull’anno mobile) e dei prodotti mainstream (+6,7%) e la contrazione di quelli premium (-1,7%), in particolare di grandi marche. Le private label guadagnano quasi l’1% di quota, anche grazie all’aumento dell’offerta a scaffale, tranne che nei discount e negli specialisti drug.
Sulle variazioni del carrello della spesa pesa anche l’impatto dell’inflazione, molto evidente soprattutto in alcune filiere sotto pressione. Il record va all’olio di semi (+49,4%), alla pasta di semola (+23,5%) e al burro (+20,8%), seguiti da avicunicoli, formaggi da tavola, riso bianco, maionese, nettari, carta igienica, tovaglioli, fazzoletti e asciugamani di carta con un tasso inflattivo superiore al 10%. Su altri prodotti i rincari si sono fatti sentire di meno, com’è accaduto all’acqua gassata. In questo caso, semmai, il problema è stato quello di trovare il prodotto nei negozi, come ha rivelato l’ultimo Barometro Osa. «I produttori di acqua frizzante hanno dovuto fare i conti con la scarsa reperibilità di anidride carbonica che ha fatto schizzare al 27% i tassi di out of stock – spiega Emanuela La Rocca di Iri – Un fenomeno che ha interessato anche le bevande gassate, per cui l’out of stock è stato del 6%». Non è solo un problema di Co2 visto che il tasso di out of stock è tornato a salire in tutti i reparti e canali (3,8%) così come le vendite perse a causa degli scaffali vuoti (5,2%). Un’inefficienza che si è fatta sentire soprattutto nel cura persona (+0,7% le vendite perse) anche se il reparto più colpito resta l’ortofrutta, con il 7,9% di mancato incasso a causa dell’assenza di prodotto a scaffale.
Aumenti per pane, burro e marmellata. Espresso verso 1,50 euro Tengono solo i prodotti salutisti (senza zuccheri aggiunti o lattosio)
Maria Teresa Manuelli, Il Sole 24 Ore. L’inflazione pesa sulla colazione, ma gli italiani non vi rinunciano. A influire sulle decisioni degli appassionati di cornetto e cappuccino ci sono i pesanti rincari: il caffè al bar in alcune città è arrivato a costare 1,30 euro e il croissant 2 euro. Una situazione difficile denunciata anche dalle associazioni dei consumatori, tra cui HelpConsumatori che non esclude che il prezzo della tazzina possa salire fino a 1,50 euro entro la fine dell’anno.
Non solo al bar anche a casa la colazione inizia a gravare. I biscotti sono infatti rincarati del 9,8% e il latte del 19% secondo le stime di Coldiretti sui dati Istat dell’inflazione ad agosto rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’effetto degli aumenti energetici si fa però sentire anche sul pane che è aumentato del 13,6%, sullo zucchero del 14,9%, sul burro del 33,5%, sulla marmellata del 7,9% e, appunto, sul caffè del 6,7 per cento.
Già nel corso del 2021, però i 12.704 prodotti per la colazione monitorati dall’Osservatorio Immagino nel suo report, che analizza l’evoluzione del carrello della spesa, avevano accusato una diminuzione del 2,4% del valore delle vendite in supermercati e ipermercati, attestandosi poco sopra i 5,7 miliardi di euro. Anche se c’è chi è andato controcorrente, aumentando il sell-out: si tratta dei prodotti posizionati nei mondi del salutismo, della sicurezza, della naturalità e del benessere, che si sono mostrati capaci di guidare le scelte d’acquisto degli italiani per il menu della prima colazione. L’area valoriale maggiormente premiata nel 2021 è stata quella del salutismo (+5,3% il sell-out), in cui spicca la crescita del business dei prodotti “senza lattosio” (+6%).
Invece il mondo più significativo per giro d’affari è quello del benessere, che contribuisce per il 22,7% al sell-out totale e dove spicca l’affermazione dei prodotti accompagnati dal claim “proteine”, vero fenomeno del 2021, con una crescita annua di +9,6% delle vendite. Performance annue molto positive anche per i claim “pochi zuccheri” e “senza zuccheri aggiunti” (+5,9% ciascuno) e per i prodotti con “avena” (+6,2%) e per quelli “vegani” (+6%). Da segnalare anche, per la tematica della sicurezza alimentare, la crescita del claim “filiera” con un +4%, e l’attenzione alla naturalità, con “mandorla” (+5%) e “senza conservanti” (+3%).
Tramontata quindi l’era di cappuccio e brioche? Forse sono solo cambiate alcune abitudini. Secondo l’Osservatorio Nestlé su come si è modificato il rito della prima colazione, agli italiani piace soprattutto farla a casa: le dedichiamo 15 minuti durante la settimana e mezz’ora nel weekend, meglio se in famiglia, ma i giovani e i senior preferiscono la solitudine. Latte per gli uomini, yogurt per le donne e il cornetto che mette d’accordo tutti. New entry però sono, appunto, gli alimenti salutari e, dopo gli ultimi due anni, abbiamo aggiunto al rito mattutino anche i cibi che rafforzano il sistema immunitario. Negli ultimi anni la colazione in Italia è stata più leggera (42%), più veloce (32%) e più in casa: si fa infatti nella propria abitazione per il 92%. Sembra così essere diventata di controtendenza la colazione fatta al bar, praticata da una minoranza (8%), contro circa l’11% evidenziato da una ricerca del 2019.
Tra le nuove tendenze “salutiste” per la colazione ecco spuntare allora anche i biscotti fatti con gli insetti. Li propone la start up vicentina Fucibo e sono prodotti utilizzando tra gli ingredienti farine di insetti autorizzate dalla Ue. Disponibili in due gusti: Classic e Cacao. «La scelta degli insetti – sostiene Lorenzo Pezzato, cofounder assieme a Davide Rossi – li rende più sostenibili e speciali anche dal punto di vista nutrizionale con un notevole apporto di proteine, vitamine, grassi buoni e fibre.». Più tradizionali, ma sempre in ottica “healthy” sono invece i biscotti all’Olio Evo 100% italiano e gocce di cioccolato di Oleificio Zucchi pensati per la prima colazione degli studenti. «Oltre ad arricchire le ricette con il suo sapore, l’olio extravergine d’oliva contribuisce a rallentare l’invecchiamento del cervello e a mantenere le capacità di memoria», spiega Giorgio Donegani, tecnologo alimentare, esperto in nutrizione ed educazione alimentare.
Ma c’è anche un 1-2% di italiani che preferisce la colazione salata (dati Doxa/UnionFood). A loro si è rivolta già dallo scorso anno ad esempio F.lli Veroni con la linea di prodotti BioBrain: kit pronti e completi (con salumi, brioche salata, frutta secca e tisana), creati insieme alla nutrizionista Gigliola Braga «che forniscono un mix equilibrato di nutrienti ed energia, massimizzando le prestazioni cerebrali e aiutando così a potenziare memoria, energia e concentrazione».