Due campioni a confronto: suini di allevamenti tradizionali vs suini da allevamenti specific pathogen-free. Uno studio finalizzato ad inserirsi nel contesto della diffusione di vaccini vivi attenuati contro la peste suina africana.
Il virus della peste suina africana provoca una febbre emorragica letale nei suini domestici e nei cinghiali. Recentemente il genotipo II di ASFV ha colpito centinaia di milioni di animali nel continente eurasiatico con importanti impatti socioeconomici. Uno studio pubblicato su Plos Pathogens, ha scoperto che le differenze nello stato di attivazione di base del sistema immunitario in suini da allevamento privi di patogeni specifici (SPF) e in suini di allevamenti convenzionali sono importanti nella determinazione del decorso della malattia di ASF. Dopo l’inoculazione con il ceppo ASFV del genotipo II altamente virulento Armenia 2008, segni clinici gravi, viremia e citochine pro-infiammatorie sono comparsi nei suini SPF prima che in quelli da allevamento, indicando una ridotta capacità di controllare nella fase iniziale la replicazione del virus. Al contrario, durante l’infezione con il ceppo attenuato Estonia 2014, i suini SPF hanno presentato una malattia più lieve e più breve con recupero completo, mentre nei suini da allevamento si è manifestata una malattia prolungata con una mortalità del 50%. L’immunofenotipizzazione, le citochine, il trascrittoma ematico e le analisi del microbiota prima e durante l’infezione suggeriscono che l’attivazione immunitaria di base più elevata mostrata dai suini da allevamento agisce come un’arma a doppio taglio con conseguenze sulla gravità della malattia e sulle risposte immunitarie. Questi risultati sono di grande importanza nel contesto della diffusione di vaccini vivi attenuati contro la peste suina africana e più in generale nella comprensione delle interazioni ospite-patogeno nelle febbri emorragiche.