Matteo Prioschi, Il Sole 24 Ore. “Flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione, favorendo il ricambio generazionale», nonché «innalzamento delle pensioni minime, sociali e di invalidità”. Il secondo dei due punti dedicati alle pensioni del programma elettorale del centrodestra è definito (mancano solo gli importi), il primo va riempito di contenuti. L’obiettivo è “evitare il ritorno alla riforma Fornero” utilizzando una espressione non precisa, in quanto la riforma non se ne è mai andata. È tuttora in vigore, seppur mitigata da alcuni provvedimenti temporanei.
La situazione attuale
I due canali principali di uscita sono rimasti invariati: vecchiaia ad almeno 67 anni di età e 20 di contributi; anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi indipendentemente dall’età (un anno in meno per le donne). Quest’anno, però, si può andare in pensione anche con quota 102 (almeno 64 anni di età e 38 di contributi) o con opzione donna (almeno 58 o 59 anni di età e 35 di contributi raggiunti nel 2021 – utilizzabile solo per le donne). Disponibile anche lo scivolo-prestazione assistenziale costituito dall’Ape sociale, a partire da 63 anni di età. Tre opzioni che, salvo proroghe, usciranno di scena a fine anno. Non in scadenza, invece, i canali specifici per i lavoratori precoci e per quelli che svolgono mansioni usuranti, che però vengono utilizzati da un numero ridotto di persone a causa dei stringenti requisiti di accesso.
Non vanno dimenticati gli strumenti di accompagnamento alla pensione con caratteristiche e costi più o meno ripartiti tra Stato e lavoratori-aziende: contratto di espansione, isopensione, assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali, Rita (previdenza integrativa). Modificati ma al contempo potenziati nel corso del tempo nell’ottica di alleggerire il peso sui conti pubblici delle operazioni di esodo dalle imprese.
Quanto ai requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia e quella anticipata, almeno per altri due anni non ci saranno modifiche. Per la vecchiaia è già stato ufficializzato che nulla cambierà fino al 2024, in quanto la speranza di vita non è cresciuta, anzi, a causa del Covid si è ridotta. Inoltre le stime più recenti della Ragioneria generale dello Stato confermano i 67 anni fino al 2026. I minimi per l’anticipata sono stati congelati fino al 2026 dal decreto legge 4/2019.
Alla ricerca della flessibilità
Entrando nel dettaglio dei programmi dei tre partiti, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, si constata che l’unico provvedimento su cui tutti paiono concordare è la proroga (o meglio la stabilizzazione) di opzione donna, che Fdi vorrebbe estendere agli uomini. Il programma di questo partito è il più dettagliato e l’unico che va a incidere su uno dei meccanismi base della riforma Fornero, cioè l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla variazione della speranza di vita. Una regola che prevede, peraltro, solo l’adeguamento al rialzo, mentre, in caso di riduzione della speranza di vita (proprio come avvenuto di recente) i requisiti in vigore restano invariati. Secondo Fdi questo meccanismo va abolito e i 67 anni devono rimanere tali anche dopo il 2024.
Ma nelle proposte del partito guidato da Giorgia Meloni si trova, tra le altre cose, l’integrazione al minimo per chi è soggetto interamente al sistema di calcolo contributivo (e l’abolizione dell’importo minimo per il pensionamento di vecchiaia, oggi pari a poco più di 700 euro lordi mensili); l’eliminazione del minimale contributivo per artigiani e commercianti; esodi volontari fino a sette anni con sgravi contributivi e una dote statale. Ma anche il ricalcolo della quota delle pensioni oltre i 5mila euro mensili se non correlati ai contributi versati.
Meno articolate le proposte di Lega e Forza Italia, con la prima che punta sul cavallo di battaglia “quota 41” cioè l’uscita con almeno 41 anni di contributi a prescindere dall’età, ma lancia anche la pensione di vecchiaia delle donne a 63 anni e la proroga dell’Ape sociale. Forza Italia parla di una pensione a 62 anni, la revisione dei requisiti per chi svolge attività usuranti e l’equiparazione delle lavoratrici autonome a quelle dipendenti.
Il peso dei conti
Tante idee, come l’innalzamento delle pensioni ad almeno mille euro, la cui realizzazione dovrà essere verificata alla luce delle risorse disponibili. Che non saranno tante, anche perché, come già evidenziato dal Sole 24 Ore, a inizio 2023 l’adeguamento, all’inflazione di quest’anno, dei trattamenti in essere assorbirà 8-10 miliardi di euro.
L’esigenza di far quadrare i conti potrebbe quindi portare ad adottare soluzioni di flessibilità connesse a un ricalcolo della pensione, che poi è quello che già accade con opzione donna.
Tre ipotesi di anticipo collegate al calcolo, o alla quota contributiva, della pensione si trovano nel ventunesimo rapporto annuale dell’Inps. Soluzioni che comunque non sono a costo zero perché da un lato comportano una riduzione degli importi degli assegni (nella logica del contributivo a una minore età corrisponde un importo inferiore in quanto si prevede che sarà erogato per più tempo) e dall’altra determinano un aumento della spesa pensionistica per almeno i prossimi dieci anni.