Wired. La peste è diventata la malattia per antonomasia, soprattutto in seguito alla grande epidemia che si è diffusa in Eurasia intorno al 1350 conosciuta come Peste Nera. Il nome deriva dal fatto che questa malattia era riconoscibile per la comparsa di lividi scuri di natura emorragica. Ora, sull’origine geografica della malattia, dopo anni di ipotesi e smentite, arriva una risposta: proverrebbe da una regione nota come lago Issyk Kul, oggi parte del Kirghizistan settentrionale, dove sono stati rinvenuti i corpi delle più antiche vittime della malattia. La scoperta è stata pubblicata su Nature.
La malattia è causata da un batterio chiamato Yersinia pestis, e nel medioevo ha colpito inizialmente l’Asia per poi diffondersi, in seconda battuta, in Europa a metà del quattordicesimo secolo. In totale la pandemia è durata quasi 500 anni, manifestandosi a intervalli regolari a più riprese e in vari luoghi in Europa. Quella di metà del quattrocento, invece, è stata una delle più grandi catastrofi causate da malattie infettive della storia dell’umanità. Nel 1347, attraverso la rete commerciale la malattia si è diffusa da Costantinopoli alla Sicilia, arrivando al porto di Messina, per poi arrivare in breve tempo anche a Firenze e Genova, e da qui in tutta Europa. La data di fine pandemia storicamente è fissata al 1350, ma sono state registrate morti almeno fino al 1353: si stima che essa abbia causato la morte del 60 per cento circa di tutta la popolazione dell’Eurasia occidentale. Quella europea, dicevamo, fu solo la seconda ondata di peste, arrivata dopo che 20 milioni di persone erano già morte a causa della malattia in Asia. In tutto, in pochi anni circa 200 milioni di persone sono morte nel mondo.
Il batterio Y. Pestis, isolato nel 1894, è presente nei roditori, e viene trasmesso all’uomo attraverso le pulci. Come tutte le malattie epidemiche, oggi lo sappiamo bene, la peste nera proviene da un unico ceppo di malattia, da cui sono nate in seguito altre varianti. Negli ultimi anni, il confronto tra i genomi dei batteri antichi e moderni ha dimostrato che la peste nera può essere associata alla comparsa di quattro varianti principali (chiamate rami 1, 2, 3 e 4), i cui discendenti si sono dispersi tra i focolai di roditori in Eurasia, Africa e nelle Americhe. Nel nuovo studio, i ricercatori sono stati in grado di circoscrivere il momento della diversificazione delle varianti, avvenuto fra il 1316 e il 1340. Per quel che riguarda le radici geografiche, invece, la teoria più popolare sosteneva che fossero in Cina. Non c’erano tuttavia prove certe a sostegno di questa ipotesi e, al contrario, vi erano già prove archeologiche che facevano pensare ai cimiteri situati vicino al lago Issyk-Kul dell’odierno Kirghizistan.
Per indagare l’origine geografica della seconda pandemia di peste (quella che dall’Asia si è diffusa in Europa), gli scienziati hanno analizzato il Dna di sette individui esumati nel 1800 dai cimiteri di Kara-Djigach e Burana, vicino al lago Issyk-Kul, in Kirghizistan. Sulla base delle iscrizioni tombali, questi cimiteri mostravano un numero sproporzionatamente alto di sepolture datate tra il 1338 e il 1339, e dichiaravano che la causa della morte era dovuta a una pestilenza non specificata. L’analisi dei dati archeologici, storici e genomici antichi ha mostrato un chiaro coinvolgimento del batterio della peste Y. pestis negli individui. I ricercatori sono stati in grado di estrarre e ricostruire due genomi antichi del batterio, che sono stati ricondotti a un unico ceppo e sono stati identificati come l’antenato comune più recente delle varianti oggi note, e comunemente associate alla comparsa della pandemia. L’ipotesi è supportata anche dal confronto con il genoma delle varianti moderne. Secondo i ricercatori, i due cimiteri analizzati ospiterebbero quindi le prime e più antiche vittime della peste nera.