Oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario previdenziale in trasformazione legato alla scarsa natalità, alla conseguente riduzione del numero di lavoratori attivi e all’allungamento dell’aspettativa di vita media. Questo scenario farà aumentare sempre di più il numero di pensionati rispetto ai lavoratori attivi e sarà necessario approntare sistemi e misure di pareggi di bilancio che garantiscano ai pensionati di percepire la pensione per un numero elevato di anni. L’ingresso ritardato al mondo del lavoro e il metodo di calcolo contributivo “puro”, l’unico per gli assunti dopo il 1° gennaio 2012, non permetteranno di raggiungere, a parità di anni lavorati, i livelli pensionistici della generazione precedente. Questo significa che il tenore di vita che un veterinario pubblico avrà negli anni precedenti la pensione, non potrà più essere lo stesso dopo il termine effettivo del suo servizio. Come possono le giovani generazioni di veterinari pubblici assicurarsi un trattamento pensionistico adeguato? La risposta è nell’adesione a forme di previdenza completare che possono incrementare il livello della rendita pensionistica e, almeno in parte, colmare il “gap” con i trattamenti erogati in passato. Di questi temi si è discusso nel corso del 51° Congresso Nazionale SIVeMP 2022, in un apposito gruppo di lavoro, coordinato da esperti previdenziali, in cui sono stati forniti gli elementi conoscitivi per una scelta consapevole.
Il sistema previdenziale italiano è composto da una previdenza “obbligatoria” e da una “facoltativa” chiamata anche “complementare”.
Il sistema di tutela obbligatoria previsto nell’ordinamento previdenziale italiano è strutturato in due settori di riferimento: uno destinato ai lavoratori dipendenti pubblici, privati, autonomi e collaboratori, gestito dall’INPS (che include anche le ex gestioni INPDAP ed ENPALS), l’altro indirizzato alle categorie di liberi professionisti, ad esempio la cassa previdenziale dei veterinari liberi professionisti ENPAV.
Sono iscritti obbligatoriamente all’ Enpav tutti i veterinari iscritti all’albo professionale che esercitano la libera professione, anche in modo non esclusivo, inclusi i professionisti che svolgono l’attività professionale come lavoratori autonomi convenzionati con associazioni, enti o soggetti pubblici o privati, ovvero svolgono attività professionale in regime di collaborazione anche occasionale, inclusa la funzione di consulente tecnico in sede giudiziaria o di ausiliario di polizia penitenziaria.
L’iscrizione è, invece, facoltativa per chi, iscritto per la prima volta all’ordine professionale dopo il 27 aprile 1991 (cioè dopo l’entrata in vigore della legge n. 136 del 12 aprile 1991), esercita esclusivamente attività di lavoro, dipendente o anche autonomo, per la quale sia coperto da altre forme di previdenza obbligatoria, nonché per coloro che al compimento del sessantottesimo anno di età non possono far valere 35 anni di contribuzione e vogliono continuare i versamenti per avere diritto alla pensione di vecchiaia.
Trent’anni di riforme previdenziali e l’attuale sistema
I notevoli cambiamenti del sistema di previdenza obbligatoria a partire dagli anni ’90, sono stati determinati essenzialmente dall’aumento della spesa pensionistica dovuto al calcolo delle prestazioni con il sistema retributivo, all’elargizione di baby pensioni ai dipendenti pubblici (con soli 15 anni di contribuzione), ai prepensionamenti nell’ambito del settore privato, al continuo aumento dell’aspettativa di vita e alle altre forme di accesso facilitato.
Si assiste così alla nascita di molteplici riforme in ambito previdenziale; la “riforma Amato” del 1992 che innalza gradualmente l’età pensionistica da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 anni per gli uomini, e il requisito contributivo minimo da 15 a 20 anni, la “riforma Dini” del 1995 che rivoluziona il sistema di calcolo della prestazione, passando dal metodo retributivo a quello contributivo, per arrivare alla “riforma Fornero” del 2011 che riduce da tre a due i trattamenti erogati dal sistema previdenziale obbligatorio pubblico gestito dall’INPS.
Attualmente sono in vigore 2 forme di pensione:
- Contributivo calcolato sul montante, somma dei contributi versati durante la vita lavorativa;
- Misto, anzianità maturate fino al 31 dicembre 2011 che danno vita alla quota di pensione retributiva, anzianità maturate dal 1° gennaio 2012 che danno vita alla quota di pensione contributiva.
Per i nuovi assunti dal 1 gennaio 2012, vige solamente il sistema contributivo.
L’età pensionabile non è uguale per tutti, ma dipende dalla gestione previdenziale e dal tipo di pensione richiesta (di vecchiaia, anticipata, di anzianità).
Dal 1° gennaio 2012, le prestazioni erogate dall’INPS sono state razionalizzate con la soppressione dei trattamenti di anzianità con le c.d. “quote” (somma tra anzianità contributiva e età anagrafica).
Esiste inoltre la possibilità del cumulo previdenziale: possono accedere alla pensione coloro che hanno versamenti in più gestioni (INPS, Casse professionali) e che sommando i vari periodi contributivi raggiungono i 42 anni e 10 mesi di versamenti per gli uomini e i 41 anni e 10 mesi di versamenti per le donne.
Raggiunto il traguardo della pensione e alla cessazione del rapporto di lavoro al lavoratore subordinato viene conferito il TFR (trattamento di fine rapporto), porzione di retribuzione “differita” che spetta ai dipendenti pubblici assunti dopo il 1° gennaio 2001, maturato e accantonato progressivamente nel corso del rapporto di lavoro, in ragione del 7,41% della retribuzione lorda annua. Ai dipendenti pubblici assunti prima del 1° gennaio 2001, spetta invece il TFS (trattamento di fine servizio).
Oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario previdenziale in ulteriore trasformazione legato alla scarsa natalità, alla conseguente riduzione del numero di lavoratori attivi e all’allungamento dell’aspettativa di vita media. Per contrastare il fenomeno del progressivo svuotamento delle casse previdenziali dovuto all’aumento del numero di pensionati rispetto ai lavoratori attivi, si rende necessario adottare dei sistemi e delle misure a garanzia dei pareggi di bilancio, al fine di assicurare ai pensionati pensioni adeguate nel lungo periodo.
È logico pensare che, alla luce di quanto sopraesposto, sarà sempre più difficile mantenere la sostenibilità del sistema previdenziale. Prendendo in considerazione ad esempio il “tasso di sostituzione”, cioè il rapporto tra l’importo del primo rateo pensionistico e l’ultimo stipendio o reddito percepito prima del pensionamento, ci si accorge che diminuirà costantemente nel tempo, fino ad arrivare ad un livello minimo per chi andrà in pensione negli anni 2035/2040, per poi tendere a rialzarsi dal 2045 in poi. Questo significa che il tenore di vita che un veterinario pubblico avrà negli anni precedenti la pensione, non potrà più essere lo stesso dopo il termine effettivo del suo servizio.
Le forme di previdenza complementare
Il sistema previdenziale italiano ha previsto la possibilità di affiancare alla contribuzione “obbligatoria”, quella “complementare”. Mettendo da parte una quota di contributi volontari, il dipendente potrà usufruire in seguito di un ulteriore contributo pensionistico al momento del congedo lavorativo, ovvero al raggiungimento di una determinata anzianità al realizzarsi di un periodo contributivo fissato dalla normativa dell’ente previdenziale. Per essere in grado di fare le scelte giuste per il proprio futuro previdenziale è importante avere le conoscenze di tutte le offerte di mercato; aderire oggi ad una delle diverse forme di pensione complementare, significa scegliere tra le diverse soluzioni quella che consenta di incrementare maggiormente il livello della rendita pensionistica. L’obiettivo e quello di permettere ai lavoratori di costruirsi di giorno in giorno una pensione complementare, per affrontare con maggior serenità il periodo post-lavorativo.
I fondi pensione integrativi e le polizze vita si affiancano al primo pilastro del sistema pensionistico pubblico all’interno e per questo vengono definiti rispettivamente secondo e terzo pilastro.
Nel corso del gruppo di lavoro SIVEMP sono state illustrate, in particolare, alcune tra le principali forme di previdenza complementare per il veterinario pubblico:
– Fondo Sanità;
– Fondo Perseo Sirio;
– continuità di iscrizione alla cassa previdenziale ENPAV.
Il Fondo Sanità è un sistema di previdenza complementare collettiva a capitalizzazione, che permette ai titolari delle quote versate (patrimonio) un rendimento legato agli anni di investimento. I contributi versati al Fondo Sanità sono liberi e volontari. Chi aderisce a questo sistema decide quanto e quando versare; l’entità dei versamenti determina il livello della rendita pensionistica. È un fondo “chiuso” al quale possono aderire solamente esercenti delle professioni sanitarie è a contribuzione definita e ha dei vantaggi anche dal punto di vista fiscale:
- deducibilità fino a 5164,57 euro/anno;
- tassazione del rendimento del patrimonio al 20% invece del 26%, tassazione della rendita vitalizia dal 15 al 9%;
- per gli iscritti da più di 15 anni la tassazione diminuisce.
E’ un fondo che prevede la possibilità di iscrivere e versare anche per i familiari a carico. Il Fondo Sanità si dimostra particolarmente vantaggioso al crescere degli anni di contribuzione.
Il Fondo Perseo Sirio è un fondo di previdenza complementare caratterizzato da:
- deducibilità fino a 5.164,57 euro/anno;
- tassazione finale del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) del 9%.
Elemento caratterizzante del Fondo Perseo Sirio è il fatto di avere una posizione pensionistica alimentata dal contributo a carico del lavoratore, accompagnato dal contributo a carico del datore di lavoro e da quello legato al futuro TFR:
- 1% (minimo) da parte del lavoratore della retribuzione utile al calcolo del TFR;
- 1% (fisso) da parte del datore di lavoro della retribuzione utile al calcolo del TFR;
- 1,5% incentivo statale sul TFS (solo per i dipendenti pubblici assunti prima del 2001).
L’ENPAV è la cassa previdenziale obbligatoria per i veterinari liberi professionisti e per i veterinari pubblici iscritti all’ordine professionale prima del 27 aprile 1991; l’iscrizione per i veterinari pubblici iscritti all’ordine professionale dopo il 27 aprile 1991 è facoltativa.
L’ENPAV eroga diversi tipi di prestazioni:
- pensione di vecchiaia ordinaria che viene corrisposta agli iscritti che abbiano compiuto almeno 68 anni di età, dopo almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione. Gli iscritti che al compimento del sessantottesimo anno di età non abbiano maturato 35 anni di contribuzione, possono continuare i versamenti per il periodo necessario al conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia;
- pensione di vecchiaia anticipata, corrisposta agli iscritti con almeno 62 anni di età anagrafica che abbiano maturato 40 anni di effettiva iscrizione e contribuzione all’Ente, oppure agli iscritti che abbiano maturato 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione all’Ente ed abbiano un’età anagrafica compresa tra i 62 ed i 67 anni;
- pensione modulare costituita mediante un segmento volontario che si aggiunge alla pensione base di natura reddituale del sistema pensionistico obbligatorio Enpav. Tutti gli iscritti attivi ed i pensionati d’invalidità che versano il contributo soggettivo hanno la facoltà di aderirvi destinando un’aliquota percentuale (tra il 2 ed il 14 per cento) del reddito professionale dichiarato (qualora tale reddito sia pari a zero, si considera un reddito convenzionale). L’adesione va rinnovata ogni anno e risulta in flessione nel numero negli ultimi cinque anni (da 1.361 nel 2015 a 783 nel 2019);
- pensione di inabilità che spetta all’iscritto qualora la sua capacità all’esercizio della professione sia esclusa a causa di malattia o infortunio sopravvenuti all’iscrizione, in modo permanente e totale, oppure nel caso in cui la patologia preesista all’iscrizione, sempreché l’evento inabilitante si sia verificato e la domanda sia stata presentata in costanza di iscrizione all’Ente. Per avere accesso a tale prestazione l’assistito deve aver compiuto almeno cinque anni di effettiva iscrizione e di contribuzione anche non continuativi. Qualora l’inabilità sia causata da infortunio si prescinde dal requisito dell’anzianità minima;
- pensione di invalidità che spetta all’iscritto la cui capacità all’esercizio della professione si sia ridotta a meno di un terzo in modo continuativo e per qualsiasi causa sopravvenuta dopo l’iscrizione.
Dopo la concessione della pensione è possibile rimanere iscritti all’albo professionale; in costanza di iscrizione il pensionato di invalidità è obbligato a versare il contributo soggettivo minimo in misura ridotta al 50 per cento e, qualora prosegua nell’esercizio della professione, dovrà versare i contributi in autoliquidazione. La maggior parte degli iscritti all’ENPAV che già percepiscono la pensione ha scelto di rimanere iscritto all’albo professionale e quindi all’ente previdenziale, potendo così percepire una doppia rendita pensionistica. La pensione di vecchiaia Enpav si percepisce al compimento del 68° anno e con almeno 35 anni di contribuzione, ma si può optare anche per la pensione anticipata a 62 anni di età e 35 di contribuzione, accettando la relativa penalizzazione. Anche per ENPAV il calcolo dell’importo della pensione è di tipo retributivo, basato sul calcolo della media dei 35 migliori redditi dichiarati durante la vita contributiva.
Conclusioni
Il messaggio veicolato nel contesto dell’incontro formativo “Giornate romane SIVeMP” del 51° Congresso Nazionale SIVeMP 2022 è che il giovane veterinario, alla luce dell’attuale sistema pensionistico del nostro Paese, deve pensare fin dai primi anni di servizio al proprio futuro previdenziale e costruirsi un percorso adatto.
Il SIVeMP assicura ai propri iscritti un servizio di consulenza previdenziale per fornire risposte tempestive ai tanti possibili dubbi e perplessità. Quesiti e richieste di chiarimento possono essere inviate all’indirizzo email previdenza@sivemp.it e per conoscenza all’indirizzo email sivemp.veneto@gmail.com
Al gruppo di lavoro “La previdenza per i giovani veterinari” per la delegazione del Veneto hanno partecipato:
Angelo Sandri, Germana Giuggioli, Marta Vescovi, Giacomo Berto
La Previdenza per i Giovani Veterinari – slide