Cosa significa parlare di etica quando si parla di allevamento? Che rapporto lega l’allevatore ai suoi animali? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Pulina, professore ordinario di zootecnia dell’Università di Sassari e presidente di Carni sostenibili associazione no profit per il consumo consapevole e la produzione sostenibile di carne. Ma non solo, Pulina è anche autore di Carnipedia, un trattato sul mondo della carne, che fra curiosità e massime popolari dedicate alla nobile proteina, affronta anche questioni necessarie come quelle legate al benessere animale.
Cosa si intende per allevamento etico e in che modo l’allevamento intensivo si concilia con questo?
“Un allevamento etico è quello che innanzitutto rispetta le cinque libertà che devono essere garantite agli animali: dalla fame e dalla sete, dal dolore e dalle malattie, dal disagio e dal malessere psicologico, dalla paura e dalla mancanza di comportamento naturale. I nostri obblighi nei confronti degli animali prescindono dalle forme di allevamento, essendoci mancanza di benessere negli allevamenti estensivi condotti da cattivi allevatori e invece il rispetto totale degli animali in allevamenti intensivi condotti da bravi allevatori. Dobbiamo infine ricordare che gli animali zootecnici sono nostri artefatti, li abbiamo selezionati noi con determinate caratteristiche che dobbiamo perciò capire e rispettare per rendere loro una vita degna di essere vissuta”.
Come si coniuga tutto ciò con il fatto che l’animale dovrà essere ucciso?
“Il sacrificio degli animali è una necessità che affronta il tema del bene dell’uomo in primo luogo. In natura non esiste, se non in casi rarissimi, una morte per vecchiaia (è una prerogativa esclusivamente umana), ma si muore per malattie, predazione, fame e sete. Noi umani moderni abbiamo superato il problema dell’uccisione degli animali con la caccia dopo averli braccati e spaventati, con la loro soppressione a fine ciclo vitale con modalità che non creino loro sofferenza o paura. L’importante per una specie diversa dalla nostra è il suo successo evolutivo e gli animali zootecnici lo hanno sicuramente raggiunto grazie all’uomo”.
A livello normativo quali sono le leggi che tutelano il benessere animale?
L’Unione europea ha varato un insieme di norme recepite dai Paesi membri sul rispetto del benessere degli animali zootecnici, sia nella fase di allevamento, che in quella di trasporto e macellazione. Questa normativa, con la direttiva Farm to Fork, è in fase di profonda revisione e fornirà ulteriori elementi per il miglioramento del benessere dei nostri animali anche alla luce degli avanzamenti scientifici in questo settore. In Italia il Ministero della Salute, di concerto con quelle per l’Agricoltura, ha lanciato un programma nazionale per il benessere animale con uno strumento di valutazione aziendale detto ClassyFarm che consentirà ai veterinari aziendali e agli ispettori delle ASL di verificare il grado di rispetto delle norme e delle pratiche per la salvaguardia degli animali
Siamo abituati a pensare che benessere animale e allevamento siano due istanze lontane, in alcuni casi inconciliabili. È così? E Perché si ha questa impressione?
“Perché siamo convinti che in natura gli animali stiano meglio. Laddove per natura si intende, come ho accennato prima, un luogo dove il 70% dei giovani non arriva a maturità perché muore (fra atroci sofferenze) per predazione, malattie o stenti. Un allevamento confinato, intensivo o estensivo, è un luogo di comfort per gli animali che sono nutriti, dissetati, curati e difesi dai predatori. Ci sono casi interessanti di vacche da latte che lasciate libere di scegliere fra uscire al pascolo o restare in stalla, scelgono di passare la maggior parte del loro tempo all’interno della struttura in cui si sentono più protette, meglio alimentate e più riparate dalle intemperie o dal caldo”.
Ambiente, allevamento e nutrizione, sono tre declinazioni di una stessa cura. Ci può spiegare in che modo tutti e tre questi aspetti sono interconnessi?
Ambiente, nel senso di impatti ambientali degli allevamenti, è una preoccupazione importante per la zootecnia come lo è per le altre attività dell’uomo. Produrre di più con gli stessi input implica avere meno scarti per unità di prodotto e in generale, per cui una alimentazione corretta che consenta di produrre la maggiora quantità possibile da ciascun animale salvaguardandone la salute è quella che sicuramente genera meno impatti ambientali. Va precisato, però, che questi impatti sono di natura esclusivamente biologica e non di sintesi come quelli di altre attività umane, e che si operano in campagna, luogo in cui questi possono essere comodamente assorbili e filtrati nei cicli naturali. Per questo motivo, noi preferiamo parlare di bilanci ambientali piuttosto che di impatti e, in molti casi, questi sono addirittura negativi come nel caso delle emissioni di gas serra per i quali la zootecnica italiana mostra maggiori assorbimenti che emissioni”.
AGI