Il Corriere del Veneto. Dal primo aprile in farmacia i tamponi di fine isolamento, per i positivi al Covid-19, e di fine quarantena, per i contatti stretti, si pagano. Così come si pagano i test per gli studenti, poiché lo screening nelle scuole è finito a gennaio con l’esaurimento del finanziamento dedicato, istituito dall’ormai ex commissario all’emergenza, generale Francesco Figliuolo. Per tutti resta il prezzo calmierato a 15 euro, imposto anche ai bambini sotto i 12 anni, che finora godevano di una tariffa agevolata a 8, agli stranieri, viceversa prima esaminati al costo di 22 euro, e agli esentati dalla vaccinazione per motivi di salute, fino al 31 marzo screenati gratuitamente. E’ la conseguenza della fine dello stato di emergenza scattata il 31 marzo, che ha fatto decadere il protocollo d’intesa firmato dal generale Figliuolo con Federfarma.
Il pericolo è il ritorno ai 22/35 euro a tampone visti prima dell’accordo nazionale, perché c’è di nuovo mercato libero e quindi le farmacie possono muoversi in autonomia. Ma Federfarma ha inviato alle 14mila associate italiane che eseguono il tampone antigenico rapido (su un totale di 19mila) l’invito scritto a mantenere il costo appunto di 15 euro. E lo stesso vale per la mascherine FFp2, che durante lo stato d’emergenza il governo aveva abbassato a 0,75 centesimi (nel marzo 2020 erano partite da 12,90 euro, per poi scendere a 4,90), e che già stanno rincarando, nonostante la sollecitazione dell’associazione di categoria a mantenere il prezzo «popolare». «D’accordo con la Regione abbiamo avvertito del cambio di rotta le 1436 farmacie operanti nel Veneto, nell’attesa di un provvedimento nazionale che uniformi ufficialmente la situazione — conferma Andrea Bellon, presidente di Federfarma Veneto —. In merito ai tamponi le Regioni si stanno regolando ognuna per conto proprio, anche perché il finanziamento per consentire finora la gratuità dei test di fine isolamento e quarantena l’hanno corrisposto loro, mentre il governo pagava la differenza tra 8 e 15 euro per gli under 12. Da fine gennaio a inizio marzo abbiamo notato un graduale calo di richieste, tornate a salire nelle ultime due settimane. Ma rispetto al picco pandemico di dicembre ne facciamo un terzo».
Potere dei nuovi decreti, che fino al 31 marzo avevano imposto il Green pass rafforzato, da vaccino o da guarigione dal Covid, per lavorare, eliminando l’opzione test ogni 48/72 ore, ora ripristinata. E poi hanno interrotto i controlli nelle scuole e il tampone per i contatti stretti dei positivi al primo e al quinto giorno se asintomatici. Risultato: se a dicembre e a gennaio il migliaio di farmacie venete coinvolte effettuava 1,5 milioni di test, in marzo il numero complessivo è sceso a 564.135, ma con un indice di positività al Covid del 15%, schizzato al 20% il 31 marzo. A dicembre era al 2,3%, a gennaio al 15,7%, al febbraio al 10,7%. «All’inizio di marzo il trend si è stabilizzato — aggiunge Bellon — ma comunque eseguiamo un terzo dei test effettuati tra dicembre e gennaio. In compenso troviamo più persone infette».
E infatti il Veneto, con i 6.821 registrati ieri (più 20 vittime), ha raggiunto il milione e mezzo di contagi, 1.504.856 per l’esattezza. L’incidenza è risalita a 950 casi per 100mila abitanti, superiore di 114 punti alla media nazionale di 836 per 100mila. In Emilia Romagna l’indicatore si ferma a 639, in Friuli Venezia Giulia si abbassa a 587, in Lombardia si assesta a 584, per restare nel Nordest. «Il dato sui contagi è epidemiologicamente instabile, perché dipende dal numero dei tamponi e il Veneto ne effettua più delle altre regioni (1.406 per 100mila abitanti contro una media nazionale di 869, ndr ) — avverte il professor Vincenzo Baldo, presidente per il Triveneto della Società italiana d’Igiene e ordinario all’Università di Padova —. Più affidabile il dato sui ricoveri, che mostra un trend in linea con il resto d’Italia, se non migliore». In effetti il tasso di occupazione in area medica è del 9,5% (806 degenti Covid), a fronte del 15,2% nazionale e in Terapia intensiva del 3,5% (61 pazienti) rispetto al 4,7% italiano.