Il Corriere del Veneto. La sostenibilità dell’azienda si basa sull’equilibrio fra costi e ricavi. A volte, se ci sono delle variazioni improvvise o non gestibili diversamente, l’imprenditore deve ricorrere a scelte dolorose. In alcuni casi sono tagli alla produzione, riduzioni d’organico o chiusure degli impianti. In altri (pochi) casi, deve scegliere se dare da mangiare alle bestie o sopprimerle. Cinico, per qualcuno, ma nelle campagne funziona da sempre così. Perché nutrirle, le bestie, oggi in qualche occasione è diventato soprattutto un costo, la vendita al consumatore non lo compensa più. E trattandosi di una latteria, il sacrificio riguarda le vacche: quelle che producono poco latte, che non superano i 35 litri, oggi purtroppo hanno il destino segnato. Non sono più convenienti, lo dice il mercato. E per quanto cinico sia mettere su una bilancia la vita di un animale e la sopravvivenza dell’azienda, bisogna arrendersi alla realtà.
Lo racconta Lorenzo Brugnera, il presidente delle Latterie Soligo, una vera eccellenza della Marca Trevigiana. Fondata nel 1883, la cooperativa oggi ha 150 soci e vende alcuni dei formaggi più celebri della provincia, fra i quali la casatella. La settimana scorsa la Latteria Soligo ha dovuto «alleggerirsi» di cinque vacche da latte; questa settimana di sette. E se per tutti i produttori caseari la proporzione è questa, si tratta di centinaia di capi a settimana. «La situazione si sta facendo disperata – spiega Brugnera, che di questo ha parlato anche con i colleghi -. Il costo delle materie prime che usiamo per alimentare le vacche è raddoppiato in due anni, e questo senza considerare i rincari del gasolio agricolo che è passato da 60 centesimi a un euro e 40. Il fatto è questo: il mais è passato da 18, 20 euro al quintale a 42, la soia è cresciuta da 32 a 63, i foraggi da 12 a 25 euro. Una vacca che prima costava 6 euro al giorno oggi ne costa 12 euro». E se produce meno di 35 litri… Gli animali a bassa redditività vengono mandati all’abbattimento. «Tutte le aziende in questo momento lo devono fare, a questa Italia non interessa nulla dell’agricoltura e noi agricoltori siamo bistrattati – continua Brugnera -. È un problema enorme. A volte mi viene voglia di chiudere tutto, di dire basta, ma questo è il mio lavoro da cinquant’anni. Questa è la mia famiglia. Ma mi chiedo, basta essere innamorati del proprio lavoro per andare avanti?».
Ad ascoltare il suo sfogo, sembra che la crisi economica, energetica e delle materie prime stia mettendo a dura prova la tempra di chi ha già superato momenti difficili. Dire addio a vacche che da molto tempo sono compagne quotidiane non è facile. La scelta è drastica e dolorosa. La Latteria Soligo può contare su circa trentamila vacche e allevatori del veneziano, vicentino, del friulano e della Marca trevigiana: produce un milione di quintali di latte all’anno. Ma se i prezzi di vendita della carne cominciano a crescere un po’, garantendo margini di guadagno, quelli del latte sono fermi. E si va in perdita.
Per questo motivo bisogna ricorrere a un intervento straordinario: l’animale che non è più redditizio per l’azienda deve essere accantonato, dargli da mangiare (oltretutto ora che le materie prime scarseggiano e costano due volte tanto) non rientra più nel budget di sostenibilità aziendale. «E pensare – chiude Brugnera – che la nostra cooperativa ha superato due guerre».