Il WWF presenta il report “Il danno invisibile dei crimini di natura”. Lombardia prima regione per illeciti denunciati. Nel mirino uccelli, rettili ma anche squali e anguille
L’Italia è un crocevia fondamentale del traffico di specie protette e, in generale, dei crimini contro la fauna selvatica. È quanto denuncia il WWF con il report “Il danno invisibile dei crimini di natura”, realizzato nell’ambito del progetto europeo SWiPE e lanciato alla vigilia di una data simbolo per la fauna protetta – il World Wildlife Day celebrato dall’ONU.
Il report fornisce un’analisi approfondita sul bracconaggio, che minaccia la biodiversità in Italia, e gli intrecci con il traffico illegale internazionale di specie protette, da cui emerge la gravità e la diffusione di un fenomeno a cui – afferma il WWF – “non corrispondono adeguate misure di contrasto”.
Bracconaggio e commercio illegale
Sono molto spesso le “tradizioni” alimentari ad alimentare il bracconaggio o il commercio illegale – afferma l’associazione ambientalista – ma non è solo la fauna terrestre o l’avifauna a finire vittima dei bracconieri.
Dai dati forniti delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera relativi alla pesca illegale emerge, ad esempio, che a fronte di un numero di ispezioni che negli ultimi anni si è aggirato tra le 110 e le 140 mila, sono state elevate sanzioni da 7 a oltre 12 milioni di euro con un “picco” di oltre 760 tonnellate di prodotto ittico sequestrato nel 2016. Tra le specie particolarmente oggetto di illeciti vi sono l’anguilla, le oloturie, i datteri di mare e alcune specie di squali.
Dati allarmanti arrivano anche dai CRAS, i centri di recupero fauna selvatica gestiti dal WWF: solo in Lombardia gli “ospedali degli animali” di Valpredina e Vanzago hanno accolto e curato nel 2021 circa 7.500 animali bisognosi di cure. Al CRAS di Valpredina 6 ammissioni su 10 ogni anno, in media, sono riconducibili a reati contro la fauna selvatica. Oltre il 50% della fauna consegnata al centro bergamasco riguarda specie sottoposte a protezione, di cui circa il 36% sono particolarmente protette: al primo posto i rapaci.
“Tutto ciò accade “di nascosto” – denuncia il WWF – mentre l’Italia sconta una grave carenza in termini di monitoraggio e “conoscenza” del fenomeno. Non esiste una banca dati centralizzata sui crimini di natura, non c’è un tracciamento del fenomeno che provoca ogni anno una grave riduzione del capitale naturale del nostro Paese. Tutto ciò nonostante l’Italia sia dotata di un Piano di azione Nazionale “Antibracconaggio””.
Il traffico illegale di specie protette
Secondo il Report WWF i principali flussi di traffico illegale di specie protette coinvolgono la direttrice Italia/Stati Uniti. Oggetto di questi traffici sono nella maggior parte dei casi i rettili. Gli uccelli sono le specie più minacciate in Italia dai criminali di natura, in particolare i passeriformi come i cardellini (illegalmente commercializzati per fini ornamentali) o i fringuelli, i pettirossi e altri piccoli uccelli, destinati al mercato illecito della ristorazione, e i rapaci spesso vittime di spari o avvelenamenti.
“Questo – spiega ancora l’associazione – accade anche a causa delle sanzioni irrisorie previste rispetto ai guadagni illeciti generati da questi traffici. Tra i grandi carnivori al primo posto i lupi, considerati “specie problematiche” o “nocive” e spesso uccisi per odio atavico”.
Il WWF lancia, dunque, un appello a Governo e Parlamento “affinché si adottino misure più intense e strumenti più efficaci di contrasto all’illegalità ambientale, a cominciare dalla creazione di banche dati regionali (solo 5 regioni dimostrano di avere dati affidabili), il coordinamento tra le istituzioni, l’aumento dei controlli e il rafforzamento delle sanzioni”.