Quando sui tavoli del negoziato arrivano le cifre delle tabelle economiche significa che il rinnovo contrattuale tenta l’accelerata verso il traguardo della firma. Nel caso degli infermieri, o meglio dei 544mila dipendenti della sanità pubblica che non sono dirigenti medici, i numeri sono arrivati ieri. E completano un testo al centro da settimane di un confronto ancora serrato fra Aran e sindacati per riscrivere l’ordinamento professionale in sanità, e per sbloccare quell’indennità «di specificità infermieristica» finanziata a fine 2020 dalla legge di bilancio del governo Conte-2 con 335 milioni l’anno ma rimasta parcheggiata in attesa del contratto.
Il viaggio nelle cifre che percorrono le 132 pagine della bozza presentata ieri può allora partire da qui. L’indennità, pensata per ricompensare la categoria dello sforzo straordinario nella lunga battaglia contro il Covid, si traduce in un aumento strutturale da 62,81 euro al mese per l’area degli operatori, il primo scalino nella gerarchia sanitaria; la spinta sale a 66,97 euro per gli assistenti e arriva a 72,79 per professionisti e funzionari.
La tabella, che dettaglia per i diversi profili professionali i valori anticipati sul Sole 24 Ore del 27 gennaio, arriva in fondo alla maxi-bozza con il nuovo contratto 2019/2021. Ed è preceduta dalle altre griglie che completano un mosaico contrattuale da 1,015 miliardi a regime.
La più importante riguarda gli aumenti del tabellare, che a seconda della posizione economica vanno da 54,5 a 98,1 euro lordi al mese. Quando il nuovo contratto sarà in vigore, quindi, gli stipendi base saliranno a 18.131,89 euro lordi all’anno per la posizione economica più bassa, la «A» nella nuova architettura degli ordinamenti, e arriveranno a 32.081,46 euro nella più alta, la «DS6».
Come negli altri comparti del pubblico impiego, che arrivano al rinnovo contrattuale quando il triennio di riferimento è ormai scaduto, il nuovo stipendio base porterà con sé una ricca mole di arretrati: che ipotizzando con un po’ di ottimismo una firma rapida e un’entrata in vigore a maggio produrranno un’una tantum da 1.200 euro abbondanti per gli stipendi più bassi su su fino ai 2.200 euro per le parti alte dell’organigramma.
Il terzo capitolo numerico riguarda i «differenziali stipendiali», le nuove promozioni economiche che sostituiscono le attuali progressioni orizzontali con l’obiettivo di premiare l’esperienza professionale maturata sul campo. Anche in questo caso, numero e valore degli aumenti cambiano a seconda dei livelli di inquadramento, nei quattro scalini che in sanità si troveranno sotto la nuova area delle «elevate professionalità». Nelle aree prima («operatori ausiliari») e seconda («operatori») si potrà ambire nel corso della carriera a 6 differenziali, che saranno da 500 e 600 euro all’anno. Gli «assistenti» (area terza) potranno invece collezionarne fino a 7, da 850 euro. E lo stesso numero massimo sarà fra gli obiettivi dei «professionisti sanitari» e dei «funzionari» (area quarta), dove la promozione porterà in busta paga la cifra tonda di mille euro all’anno.
Questa pioggia di numeri, si diceva, è destinata ad animare un rinnovo organizzativo che introduce anche nella sanità l’area della «elevata qualificazione» pensata per ricostruire le competenze tecniche in una Pa arrivata seminuda alla prova del Pnrr. E rinnova il sistema degli «incarichi» che oltre ad assegnare compiti specifici rinforzano lo stipendio. Sul punto sono state consumate molte energie negoziali, fino alla definizione del principio per cui tutti i dipendenti della quarta area avranno un incarico. Una nuova riunione è in agenda venerdì, in un calendario stretto che indica la voglia di accelerare. E oggi si replica con il contratto degli enti locali, anche loro destinati a essere articolati in cinque livelli.