La legge regionale 48 del 2018 ha autorizzato la stipula di contratti di lavoro autonomo di medici privi del requisito di specializzazione allo scopo di far fronte alle carenze di personale medico nei Pronto soccorso e nell’area internistica. Avverso quella legge aveva presentato ricorso al Tar il sindacato dei medici ospedalieri Anaao. Intanto perchè un medico non ancora specializzato non ha l’esperienza e un bagaglio di conoscenze sufficienti a rederlo organico in un reparto ospedaliero. E poi perchè ammettere i dottori non ancora specializzati diventa penalizzante verso i colleghi che invece hanno conseguito la specializzazione. I giudici amministrativi avevano sollevato la questione di legittimità costituzionale davanti alla Consulta. Con sentenza del 18 febbraio la Corte stabilisce che tali questioni di legittimità non tengono conto del fatto che la stessa normativa statale è intervenuta nel tempo a prevedere la possibiltà di contratti agli specializzandi per fronteggiare l’emergenza con soluzioni temporanee. Va registrato però che la legge veneta risale a prima dell’emergenza Covid. E che ancora una volta l’epidemia di Sars Cov 2 sembra essere usata come ‘pretesto’ per scardinare l’ordinamento giuridico. Da qui l’allarme dei sindacati della dirigenza medica e sanitaria per quella che appare come una deregulation. Figure professionali non adeguatamente formate in reparti cruciali come i Pronto soccorso rappresentano un rischio per la sicurezza dei pazienti. Da tempo le OO.SS. mediche sostengono, invece, le assunzioni degli specializzandi nei ruoli e nei modi indicati dall’ordinamento giuridico. Cosa ben diversa dall’arruolamento con contratti di lavoro autonomo di medici neolaureati senza alcuna formazione specifica.
La Corte Costituzionale considera inammissibili le questioni di illegittimità costituzionale sollevate dal Tar nel giudizio promosso dall’Anaao Veneto contro la legge 48 del 2018 della Regione Veneto, che nella parte in cui approva, quale parte integrante della stessa legge regionale, il Piano socio sanitario (PSSR) 2019-2023, prevede, tra le altre cose, che per garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei Livelli essenziali di assistenza, “le aziende sanitarie possono, in via eccezionale, conferire ai medici incarichi individuali, con contratto di lavoro autonomo, per lo svolgimento di funzioni ordinarie” e, qualora non si possano reperire medici in possesso della specializzazione richiesta, la selezione possa estendersi a medici con specializzazione equipollente o affine; ed inoltre prevede che, qualora anche i suddetti medici non siano reperibili, l’incarico individuale possa essere conferito a medici privi del diploma di specializzazione, sulla base di linee di indirizzo regionali che definiscono le modalità di inserimento dei medici all’interno di strutture aziendali e di individuazione di ambiti di autonomia esercitabili con tutoraggio del personale strutturato.
Inoltre, la norma impugnata, consentendo la stipula di contratti di lavoro autonomo con medici privi di specializzazione e senza durata predeterminata, sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in riferimento agli artt. 7, commi 5-bis e 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che nella materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore statale, prevedono che le pubbliche amministrazioni possono utilizzare contratti di lavoro a tempo determinato solo per specifiche esigenze di carattere temporaneo ed eccezionale, a cui non possono far fronte con personale in servizio; contratti stipulabili solo con esperti di particolare e comprovata specializzazione e in relazione a progetti specifici e determinati.
Infine, per il Tar, la disposizione impugnata sarebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. e con i principi di coordinamento della finanza pubblica, non essendo chiaro se il reclutamento del personale estraneo alla pubblica amministrazione avvenga nel rispetto dei limiti percentuali di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché in contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost., in quanto il sistema di reclutamento delineato dalla normativa nazionale (art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992; art. 24 del d.P.R. n. 483 del 1997 e art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999) è funzionale alla tutela del diritto alla salute e all’attuazione del principio di uguaglianza per garantire l’uniformità del trattamento normativo ed economico del personale sanitario assunto con contratto di lavoro autonomo.
Per la Consulta i rilievi sono però inammissibili. Questo perché, si legge nella sentenza, è “inadeguata la prospettazione del TAR rimettente laddove, nell’individuare la normativa statale interposta integrante i principi fondamentali in materia di tutela della salute, si è riferito, non già alla situazione emergenziale che ha determinato la legislazione regionale, ma ai diversi requisiti richiesti per l’immissione in ruolo del personale strutturato.
La Corte Costituzionale evidenzia, infatti, come dall’esame di diversi disposizioni emerge che “il legislatore statale ha previsto in più occasioni, anche per far fronte alla carenza di personale sanitario specializzato, la possibilità di stipulare contratti a termine anche di lavoro autonomo, talora per i soli specializzandi e talaltra per i laureati abilitati, così da fronteggiare l’emergenza con soluzioni temporanee”.
Inoltre “la risalente normativa statale degli anni Novanta, indicata come interposta dall’ordinanza di rimessione, si poneva in un contesto di conclamato eccesso di laureati in medicina; al contrario, va rilevato che l’introduzione del numero programmato per l’accesso alle facoltà di medicina e chirurgia ha determinato uno squilibrio tra la domanda e l’offerta di impiego. L’aumento dei posti nelle facoltà e nelle scuole di specializzazione sembra, ora, destinato a superare le descritte emergenze, che, tuttavia, attualmente permangono in maniera differenziata sul territorio, con particolare riguardo alle specializzazioni collegate alla medicina di urgenza, per ciò si registra un permanente deficit di candidati”.
Per la Consulta “risulta decisiva la circostanza del mutamento del complessivo quadro della indisponibilità di sanitari specializzati da destinare alle strutture di pronto soccorso; quadro che, infatti, con la normativa statale più recente è addivenuto a consentire il contingente impiego di medici non specializzati”.
L’ordinanza di rimessione, dunque, secondo la Corte Costituzionale, avrebbe dovuto confrontarsi con questa evoluzione della normativa statale, “soprattutto in considerazione del fatto che l’adozione della legge regionale censurata è stata determinata dalla carenza del personale specializzato particolarmente avvertito nel settore della medicina d’urgenza”.
18 febbraio 2022
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