Stefano Simonetti, Il Sole 24 Ore sanità. Con il passaggio dell’emendamento in Senato l’ormai famoso “comma 687”è stato sterilizzato, almeno fino alla prossima tornata contrattuale. Le vicende contrastate di questa disposizione sono riassunte nell’articolo pubblicato il 22 dicembre scorso (e, in modo ancor più dettagliato, il 22 novembre 2018 ) ma vorrei qui aggiungere una osservazione di natura “sistemica”. Nella Relazione tecnica di accompagnamento della legge, in relazione al comma 881 si legge una scarna formulazione illustrativa della norma ma si ribadisce che la disposizione è adottata “in considerazione della mancata attuazione nei termini previsti della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 2015, n. 124”.
Tale precisazione è presa di peso dallo stesso comma 687 emendato, ma con il rinvio operato oggi non c’entra assolutamente nulla, anzi non c’entrava nulla fin dall’inizio come ho inutilmente cercato di spiegare più volte. Innanzitutto la questione della mancata riforma della dirigenza pubblica risale a ben più di cinque anni fa e non può essere la motivazione per eventi che avverranno addirittura tra due o tre anni, cioè il rinnovo 2022-2024: più il tempo passa e più gli istituti contrattuali dell’Area delle Funzioni locali si consolidano nei confronti dei 5.000 dirigenti interessati e la sola ipotesi di un passaggio all’Area Sanità appare sempre più irragionevole e inutile.
E, in ogni caso, gli estensori della norma originaria avevano legato in modo inscindibile ruolo e contratto collettivo di lavoro. Ma non è così perché quello dei ruoli è un aspetto parallelo e indipendente rispetto alla contrattazione, tanto è vero che per 25 anni i dirigenti sanitari non medici – certamente appartenenti al ruolo sanitario – sono stati collocati nella ex Area III insieme alla dirigenza PTA. I ruoli all’epoca erano quattro: sanitario, professionale, tecnico e amministrativo e nulla era cambiato dal DPR 761 del 1979, anche perché quella inerente ai “ruoli” è materia riserva di legge e la contrattazione collettiva è tutt’altra cosa. Solo per completezza, si segnala che attualmente i ruoli sono sei perché ai quattro originari si sono aggiunti il ruolo socio-sanitario (art. 34, comma 9-ter della legge 106/2021) e quello della ricerca (art. 1, comma 422 della legge 205/2017).
Una ulteriore perla della Relazione è quella che afferma che “resta a carico del fondo sanitario nazionale il finanziamento del relativo contratto collettivo”: perché, dove altro dovrebbero essere imputati i costi?
In stretta connessione con l’approvazione definitiva della legge di Bilancio 2022 (mattina e notte del 29 dicembre) è stata sottoscritta la preintesa del CCNQ per la definizione delle Aree di negoziazione per i dirigenti. Come è noto la materia era stata stralciata dal contratto firmato il 3 agosto 2021, proprio per gli aspetti controversi del comma 687, risolti i quali si è potuto chiudere l’accordo quadro. Il testo è di due soli articoli e conferma le quattro Aree già definite nel 2016. Tuttavia qualche osservazione si riesce a fare anche su questo passaggio. Innanzitutto il CCNQ sembra che non sia stato firmato da tutte le confederazioni (sono 13 quelle ammesse al tavolo negoziale) ma stranamente il frontespizio del contratto non è stato pubblicato sul sito dell’ARAN, come è sempre avvenuto. Resta la curiosità di comprendere le ragioni della mancata firma e di come si poteva mai pensare che già dalla tornata contrattuale 2019-2021 – praticamente ormai scaduta – i dirigenti PTA fossero accorpati con la dirigenza sanitaria con la quale sul piano giuridico e funzionale non hanno nulla in comune se non essere dipendenti dei medesimi datori di lavoro. Altra domanda interessante sarebbe quella di chiedere agli eventuali non firmatari il razionale sotteso al fatto che il prossimo contratto di dirigenti amministrativi, ingegneri, avvocati, statistici ecc. possa essere trattato solo dai sindacati medici.
Ma c’è di più nella preintesa di cui parliamo ed è una questione tutt’altro che formale. Nell’art. 2 vengono fatte due precisazioni: nel comma 3 si conferma che “l’area delle Funzioni locali comprende … i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali delle amministrazioni del comparto della Sanità di cui all’art. 6 del CCNQ del 3/8/2021 … ” e nel successivo comma 5 si ribadisce ulteriormente che “l’area della Sanità comprende i dirigenti medici, veterinari, odontoiatri e sanitari delle amministrazioni del comparto della Sanità ivi compresi i dirigenti delle professioni sanitarie di cui all’art. 6 della legge 10 agosto 2000, n. 251 con esclusione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali di cui al comma 3”. E i dirigenti sociologi che fine hanno fatto ? Copiare i contenuti del pregresso CCNQ non può essere sufficiente perché l’estate scorsa il legislatore nazionale ha pensato bene di istituire il nuovo ruolo socio-sanitario.
Storicamente il profilo del sociologo era inquadrato nel ruolo tecnico e nel CCNL del 17.12.2020 ha costituito insieme agli altri colleghi del medesimo ruolo (dirigenti statistici, analisti e ambientali) e a quelli dei ruoli professionale e amministrativo la sezione PTA del contratto collettivo dell’Area delle Funzioni locali. Ma oggi il sociologo non fa più parte del ruolo tecnico e abbandona (?) l’Area delle Funzioni locali ma non si sa bene e per andare dove, visto che non viene esplicitamente indicato in quella della Sanità. La sede per decidere il destino dell’unico profilo dirigenziale del novello ruolo socio-sanitario non poteva che essere il contratto quadro ma così non è stato. Il destino dei 367 dirigenti sociologi è affidato ad un “ravvedimento operoso” che in sede di stipula definitiva del CCNL integri il comma 3 dell’art. 2 ovvero, quantomeno, chiarisca la questione mediante una dichiarazione congiunta allegata al teso.
A tale ultimo proposito e secondo il mio parere, per il rinnovo che si andrà a negoziare a breve – per modo di dire – i sociologi dovrebbero rimanere nell’Area delle funzioni locali perché la tornata contrattuale è, come è noto, tutta ancora da definire, sebbene sia in pratica scaduta ma anche perché la modifica legislativa è intervenuta ad agosto 2021 cioè a 8/9 della durata complessiva del triennio ed eventuali cambiamenti di area avrebbero sostanzialmente un effetto retroattivo di assai dubbia legittimità visto che un principio fondante del nostro ordinamento giuridico dispone che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”: il ruolo socio-sanitario è stato istituito il 25 luglio 2021 e, ragionando diversamente da quanto sostengo, la sua istituzione verrebbe retrodatata surrettiziamente all’1 gennaio 2019.
Colgo l’occasione per fare una precisazione rispetto all’articolo del 30 dicembre sulla legge di bilancio. Il comma 268 alla lettera a) quando si dice che “possono avvalersi anche per il 2022 delle misure previste ….”, intende solo per i medici specializzandi mentre non dovrebbe più essere possibile utilizzare i sanitari pensionati, anche se sembra che nel DL di fine anno la misura venga riproposta.
Infine, si segnala che nel decreto Milleproroghe all’art. 1 si rinvia l’adozione del PIAO ((Piano Integrato di Attività e Organizzazione) al 30 aprile 2022 e fino ad allora non si applicano le sanzioni, mentre all’art. 4 rinveniamo i seguenti interventi in materia di salute:
•rinvio al 31 dicembre 2022 della possibilità di concorrere ad incarichi convenzionali di medicina generale per gli iscritti al relativo corso di formazione;
•rinvio al 31 dicembre 2022 della possibilità per i semplici laureati di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale;
•proroga dell’iscrizione nell’elenco degli idonei all’incarico di direttore generale non oltre il 30 giugno 2022.