Alto numero di tamponi in Veneto. L’attività di diagnosi ha raggiunto numeri tali da richiedere un aggiornamento del Piano di sanità pubblica in materia di test, come spiega l’assessore Manuela Lanzarin nella delibera che lo recepisce e che è stata pubblicata ieri, anche in considerazione dell’attuale scenario epidemiologico, il quale “richiede una particolare attenzione nella sorveglianza e nella diagnosi differenziale”.
IL PIANO – TEST E SCREENING PER SARS-CoV-2
LE TIPOLOGIE
Quindi ora cambiano le regole. A cominciare dalle tipologie di tampone che devono essere utilizzate nei diversi contesti. Per i controlli sul personale delle aziende sanitarie, vanno impiegati primariamente i test antigenici da laboratorio in chemiluminescenza oppure i molecolari anche salivari, ma in caso di urgenza o indisponibilità possono essere usati pure i rapidi con metodica in immunofluorescenza e cioè quelli di terza generazione. Vale lo stesso ordine di priorità anche per gli operatori e gli ospiti delle strutture residenziali e sociosanitarie territoriali, come le case di riposo, con la specificazione che gli strumenti meno sofisticati possono essere mantenuti per le realtà di minori dimensioni o geograficamente disagiate e che i salivari molecolari vanno preferiti nei soggetti con disabilità. Per quanto riguarda i pazienti che accedono ai Pronto Soccorso, possono essere utilizzati i tamponi di seconda, terza e prima generazione, purché questi ultimi rispettino le caratteristiche minime di sensibilità (90%) e specificità (97%), parametri che definiscono rispettivamente la capacità di identificare correttamente i soggetti positivi e quelli negativi, senza inciampare nei “falsi”.
Questi stessi requisiti, oltre alla capacità di rilevare anche le basse cariche virali, valgono pure per i test di seconda e prima generazione adoperabili nei centri Covid, dove tuttavia sono preferibili quelli di terza. Attenzione però: se i pazienti hanno bisogno del referto per ottenere il Green pass, “sono utilizzabili prioritariamente i test immunocromatografici lateral flow (prima generazione) indicati nell’apposito elenco fornito dall’Unione Europea”, evidentemente contando sul fatto che queste persone vengono controllate ogni 48 ore. Invece nelle scuole bisogna usare i tamponi molecolari, possibilmente salivari, o al massimo gli antigenici di terza generazione, con la raccomandazione alle Ulss di prevedere “percorsi dedicati al fine di garantire la priorità e la tempestività nell’esecuzione e nella refertazione”.
LO SCREENING
Dato l’aumento dei contagi, cambia la frequenza degli screening periodici. Nelle strutture sociosanitarie e socioassistenziali territoriali, il test va ripetuto ogni 10 giorni sugli operatori e sugli ospiti vaccinati, ogni 48 ore su quelli che non lo sono ancora. All’interno delle Ulss, per gli operatori vaccinati il tampone deve essere effettuato ogni 10 giorni per i sanitari e ogni 20 per i non sanitari; per il personale non sanitario e non vaccinato è necessario il test ogni 48 ore, con oneri a suo carico. I COSTI
A proposito dei costi, scatta il pagamento di 15 euro per i maggiorenni e di 8 euro per i minorenni anche in caso di viaggi all’estero, motivi personali come il rilascio del Green pass, esigenze di lavoro, attività sportive organizzate, eventi ricreativi e culturali. L’ACCESSO
Nei reparti di degenza, il tampone deve essere fatto nelle 48 ore precedenti il ricovero programmato o all’ingresso in caso di urgenza. Visitatori e caregiver devono presentare il Green pass, ma in specifici contesti di rischio può essere richiesto pure il test, che resta discrezionale nell’accesso dei pazienti al Pronto soccorso e ai servizi ambulatoriali, mentre i loro accompagnatori devono avere il certificato verde.