Il Ministero della Salute ha comunicato alle Regioni che il Parlamento britannico ha appena rilasciato la dichiarazione “Border Controls Statement made on 14 September 2021” (https://questions-statements.parliament.uk/written-statements/detail/2021-09-14/hcws285 ) ai sensi della quale il governo del Regno Unito adotta la revisione del calendario per l’introduzione delle nuove modalità di controllo delle merci di origine UE esportate verso la Gran Bretagna.
In particolare, si posticipa l’obbligo di certificazione sanitaria al 1° luglio 2022
Il governo britannico ha annunciato di posticipare l’introduzione di controlli doganali completi sulle importazioni dall’Unione Europea, in un approccio “pragmatico” mentre il Paese sta affrontando difficolta’ di approvvigionamento. “Vogliamo che le aziende si concentrino sulla ripresa post-pandemia piuttosto che dover affrontare nuove richieste alla frontiera, motivo per cui abbiamo fissato una nuova tempistica pragmatica per l’introduzione di controlli completi”, ha dichiarato il ministro della Brexit David Frost in una nota. “Le aziende ora avranno piu’ tempo per prepararsi a questi controlli, che saranno introdotti gradualmente nel 2022”, ha aggiunto. La pandemia di coronavirus ha causato problemi di approvvigionamento nel Regno Unito, particolarmente sentiti nel settore agroalimentare, dove dal prossimo mese sarebbero state introdotte nuove regole sull’importazione di prodotti di origine animale.
La pandemia, si legge nella dichiarazione, ha avuto impatti più duraturi sulle imprese, sia nel Regno Unito che nell’Unione europea, rispetto a quanto previsto da molti osservatori a marzo. Ci sono anche pressioni sulle catene di approvvigionamento globali, causate da un’ampia gamma di fattori, tra cui la pandemia e l’aumento dei costi del trasporto merci globale. Queste pressioni si fanno sentire soprattutto nel settore agroalimentare.
In tali circostanze, il Governo ha deciso di ritardare ulteriormente alcuni elementi dei nuovi controlli, in particolare l’obbligo di notifica preventiva delle importazioni agroalimentari sarà introdotto il 1° gennaio 2022 anziché il 1° ottobre 2021. I nuovi requisiti per i certificati sanitari di esportazione, che avrebbero dovuto essere introdotti il 1° ottobre 2021, saranno ora introdotti il 1° luglio 2022.
LO SCENARIO
Brexit, verso il momento della verità. L’allarme che ha portato alla decisione di oggi
Ora un’ulteriore proroga unilaterale da parte britannica
Per questo Marks&Spencer, catena di grandi magazzini considerata la cartina al tornasole del retail britannico, aveva lanciato l’allarme. In una lettera ai fornitori il presidente di M&S Archie Norman ha avvertito che «è evidente che né le autorità britanniche né quelle europee erano pronte» per il 1° ottobre.
I problemi sono diversi, secondo Norman. Le procedure burocratiche sono onerose – i poveri esportatori italiani, francesi o tedeschi dovranno presentare 700 pagine di documentazione. Poi c’è il fatto che gli uffici che rilasciano i certificati per l’export sono aperti dal lunedì al venerdì, mentre la catena delle forniture oggi funziona 24 ore al giorno e 7 giorni a settimana.
Il risultato è che, mentre gli esportatori europei combattono con la burocrazia e i ritardi, camionate di cibo deperibile andranno a male. I consumatori britannici si troveranno scaffali vuoti, meno scelta di cibi o bevande europee e la quasi certezza che i prezzi aumenteranno. Oltre il 25% dei prodotti alimentari che gli inglesi mangiano arriva dalla Ue.
Lo scattare dei controlli al confine britannico «rischia di imporre ai produttori di formaggio francesi o di chorizo spagnoli gli stessi costi che noi abbiamo dovuto affrontare esportando prodotti nella Ue», ha sottolineato Norman. Potrebbe aggiungere alla lista anche i produttori di prosciutto di Parma o di gorgonzola italiani.
L’unica soluzione secondo M&S, che ha il sostegno di tutta la categoria, è stabilire l’equivalenza delle regole fitosanitarie tra Regno Unito e Ue, eliminando la necessità di oneri inutili. Fumo negli occhi per Londra: non sarebbe una vera Brexit.
Gli scambi commerciali non sono stati certo senza intoppi finora. Paradossalmente infatti la Ue, che non voleva Brexit, ha iniziato subito a fare i controlli previsti al confine e a imporre l’onere di documentazioni aggiuntive. La conseguenza è stata un crollo di 2 miliardi di sterline delle esportazioni di prodotti agroalimentari britannici nella Ue nel primo semestre 2021, secondo i dati della Food and Drink Federation britannica.
C’è una sottile ironia nella situazione attuale. Lo slogan vincente di Brexit era stato «riprendiamoci il controllo delle nostre leggi e dei nostri confini». L’ideologia però si è infranta contro il muro della realtà. Allo stato Londra ha preferito rinunciare al suo diritto di effettuare controlli sulle merci al confine, per ragioni che sono del tutto pratiche.
Oltre alle difficoltà legate alle nuove procedure e alla documentazione richiesta, infatti, la Gran Bretagna sta affrontando problemi di mancanza di personale e seri intoppi nella catena di approvvigionamenti. La carenza di camionisti, in particolare, dovuta in parte al Covid e in parte alla Brexit, sta causando problemi gravi. Prodotti di ogni genere, da alimentari a medicine, non arrivano nei negozi o nelle farmacie non perché scarseggino, ma perché non ci sono abbastanza autisti che portino le merci a destinazione.
Secondo l’associazione di settore sono ben 100mila i camionisti che mancano all’appello. La richiesta di visti temporanei per permettere agli autotrasportatori europei di lavorare in Gran Bretagna è stata però respinta dal Governo, che ha invece esortato le ditte ad «addestrare camionisti inglesi» per risolvere il problema.
Non mancano solo i camionisti. Già si prevedono problemi in vista del marzo 2022, quando scatteranno i controlli obbligatori sugli animali vivi e sulle piante importate dalla Ue. Non ci sono infatti abbastanza veterinari per effettuarli.
Situazione analoga in Irlanda del Nord, dove continua a non esserci un’intesa tra Londra e Bruxelles su quali siano i controlli necessari, che dovrebbero scattare il 30 settembre. Il Governo britannico vuole rinegoziare il protocollo, la Ue si rifiuta. Cosa ha fatto Londra? Ha annunciato l’ennesima proroga unilaterale, rimandando sine die la data in cui dovranno scattare i controlli. Ancora una volta, un problema rinviato non è un problema risolto.