Il Sole 24 Ore. Mentre si tampona un fronte subito se ne apre un altro. E la partita della riforma del processo penale sembra non potere finire. Non entro la settimana quando, secondo una tabella di marcia già rivista, il testo dovrebbe approdare in Aula alla Camera. E ieri sera la soglia della preoccupazione tra Palazzo Chigi e via Arenula restava assai alta, con un incontro tra il premier Mario Draghi e la ministra Marta Cartabia per fare il punto dell’ennesima giornata ad alta tensione.
Mentre infatti i tecnici di Palazzo Chigi e di Via Arenula provavano a dare una significativa veste giuridica alla esclusione, o comunque alla limitazione, dall’area della improcedibilità dei reati di mafia e terrorismo per venire incontro alle preoccupazioni di una parte della magistratura e sperabilmente del M5s a guida Giuseppe Conte, in commissione Giustizia della Camera si consumava l’ennesimo psicodramma. Con un ufficio di presidenza che doveva prendere atto della volontà di Forza Italia di insistere sull’allargamento del perimetro della delega, sino a comprendere la riforma di alcuni reati contro la pubblica amministrazione, abuso d’ufficio in testa (reato peraltro oggetto da un anno a questa parte di una riforma, voluta dal secondo Governo Conte, che ne ha sensibilmente ristretto il perimetro del penalmente rilevante). Già bocciati dalla presidenza in passato, ora riproposti e nuovamente respinti, Fi ha chiamato in causa il presidente della Camera Roberto Fico con un ricorso. Solo oggi arriverà la risposta di Fico che, anche se negativa come si presume, potrebbe non essere risolutiva, visto che la maggioranza della commissione (Forza Italia con Lega e gruppo misto) potrebbe riaprire la questione imponendo l’allargamento dell’oggetto del Ddl. Una prospettiva che renderebbe del tutto impossibile l’approvazione del testo entro l’estate: si dovrebbe infatti riaprire l’istruttoria e svolgere audizioni.
Un atteggiamento, quello di Fi, che si spiega come reazione alle pretese del M5s di intavolare una trattativa solitaria con Draghi e Cartabia per modificare il testo approvato in Cdm con un voto – va ricordato – all’unanimità. Trattativa a due che da Palazzo Chigi smentiscono: «Le eventuali modifiche – si ripete – dovranno essere accettate da tutti i partiti della maggioranza». Una coperta davvero troppo corta, insomma, che assieme al continuo rilancio da parte di Conte (oltre a far rientrare tutti i reati di mafia e terrorismo tra quelli imprescrittibili l’ex premier sta spingendo in queste ore per inserire nella lista anche i reati contro la Pa) fa pensare che alla fine si andrà al voto in Aula con il testo approvato dal Cdm senza modifiche. Tanto più che non solo il centrodestra, ma lo stesso Pd storce il naso di fronte all’eventualità di allargare il perimetro dei reati imprescrittibili a tutti i reati di mafia: «Così si vanifica lo spirito della riforma», sono i commenti preoccupati dei deputati dem. Il Pd, con il capogruppo in commissione Alfredo Bazoli, rilancia piuttosto la sua proposta di mediazione, già di fatto accolta da Cartabia, di prevedere un periodo di transizione più lungo. Il che, naturalmente, non basta al M5s.
Il fatto è che Conte vorrebbe evitare che le votazioni sulla nuova piattaforma on line che dovrebbero incoronarlo leader del M5s e che si terranno lunedì 2 agosto e martedì 3 agosto coincidano con l’annunciato voto di fiducia. Ma se il testo va in Aula venerdì 30, come deciso, il voto di fiducia – o i voti di fiducia (4 o 5) nel caso di mancato accordo su un maxiemendamento – ci sarà proprio lunedì e martedì. L’ex premier punta insomma ad arrivare alla propria incoronazione mantenendo la mano ferma sulla giustizia. Anche se il sì alla fiducia, come assicura chi ci ha parlato, non è in discussione. Oggi, dopo la decisione dell’ufficio di presidenza sulla richiesta di Fi, Conte incontrerà i membri M5s della commissione. Come che vada, sarà una giornata decisiva per la riforma Cartabia.