La Stampa. Ora la grande paura del Nord è risvegliarsi alla fine dell’incubo della pandemia e scoprire di non essere più il motore del Paese. E ritrovarsi lontano dalle locomotive d’Europa. Più di dieci anni tra recessione e crescita rallentata, seguiti dalla peggiore crisi sanitaria, economica e sociale del Dopoguerra: un uno-due che rischia di piegare le regioni più produttive d’Italia e tra le primissime d’Europa. Gli imprenditori sono più arrabbiati che spaventati, ma dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia, passando per Lombardia e Veneto, il sentiment è lo stesso: la capacità di reazione alla pandemia, e nello specifico il Recovery Fund, segnano un passaggio storico. O si sale sul treno al momento giusto o si finirà per rimanere fermi a guardare il resto d’Europa rimettersi a viaggiare veloce.
I numeri
I dati raccolti dall’economista Mauro Zangola fotografano realtà difficilmente immaginabili fino a qualche anno fa. In quasi tutte le principali regioni settentrionali è a rischio povertà più di un abitante su dieci: dal 10,1% dell’Emilia Romagna, all’11,1% di Lombardia e Veneto al 14,2% del Piemonte. I tassi di occupazione ormai solo in pochissimi casi riescono a superare il 70% e ovunque si alza la quota di giovani che non studiano, né lavorano, né cercano un’occupazione (in Lombardia ed Emilia Romagna sfiora il 15%, mentre solo il Veneto arriva ad avere un under 25 occupato su tre).
Il Piemonte, ormai, è un caso: «È una regione ad alto rischio retrocessione, è sui livelli del Centro Italia» sintetizza Zangola. I dati gli danno ragione: in tutti gli indicatori sono i peggiori del Settentrione e affiancati a quelli della Liguria fanno emergere il Nord Ovest come il grande malato. L’origine sta nella frenata del Pil e della produttività: la ricchezza generata pro capite è di 31.793 euro (il Trentino supera i 43 mila, la Lombardia i 39 mila, il Veneto i 33 mila, l’Emilia Romagna i 38 mila) e il valore aggiunto generato da ogni piemontese è più basso di circa un quarto e un quinto rispetto a un trentino, un emiliano o un lombardo.
Rabbia e sfiducia
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Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, prova a guardare avanti e sprona le categorie produttive: «Tocca anche agli imprenditori avere il coraggio di innovare: export, internazionalizzazione e condivisione globale del sapere sono elementi che la pandemia ha rafforzato e che serviranno ancora di più nel 2021. È cruciale mettersi al centro di network nazionali e internazionali, il mondo andrà verso una trasformazione digitale sempre più spinta ma non avverrà una trasformazione delle nostre imprese in autonomia. Dobbiamo essere terreno fertile per far attecchire questo cambiamento».
Ma da sole, le imprese, non possono fare: «Bisogna ridurre il debito e attivare investimenti efficienti – sostiene il presidente dell’Amma, Stefano Serra –. Serve una grande semplificazione dei processi e, per il Recovery, un piano di dettaglio delle azioni, con iter amministrativi fluidi. L’obiettivo deve essere attirare investimenti e anche favorire il reshoring delle aziende che hanno lasciato il Paese».