Il Veneto è in prima linea per cercare di risolvere il problema della carenza di medici. A marzo la Regione ha presentato al ministero della Salute la proposta di assumere negli ospedali i neolaureati con contratto a tempo determinato fino alla conclusione del tirocinio. E di farli specializzare direttamente in corsia, come già accade ma inquadrandoli come dirigenti medici, quindi inserendoli in organico e coinvolgendoli nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza secondo le mansioni loro attribuite e sotto la guida di tutor universitari. La piattaforma è stata recepita dal ministro della Salute, Giulia Grillo, che l’ha messa al centro di un tavolo avviato con il Miur, il ministero dell’Economia e le altre Regioni. Intanto Azienda Zero, il «cervello» della sanità veneta, ha bandito una serie di concorsi, i più recenti per reclutare 256 camici bianchi e 312 operatori sociosanitari. Alla gara per infermieri si sono presentati 6400 candidati, a quella riservata ai tecnici di laboratorio 1100.
Per tamponare l’emergenza, neolaureati sono stati assunti con contratti di libera professione nei Pronto Soccorso, a smaltire i codici bianchi affiancati da medici strutturati, e lo scorso 26 marzo la giunta Zaia ha approvato la delibera che riporta i pensionati in corsia a tempo determinato. Negli stessi giorni l’Università di Padova ha aumentato del 20% gli ingressi a Medicina. Infine, con l’autonomia, il Veneto ha chiesto di poter specializzare i neolaureati anche negli ospedali di Venezia, Vicenza e Treviso, non solo nelle due Aziende universitarie di Padova e Verona. E, in mancanza del numero necessario di specializzandi, di essere autorizzato a sottoscrivere convenzioni con Atenei stranieri come Tirana, quale ulteriore fonte di reclutamento.
«Nel Veneto mancano 1300 medici, specialmente dell’urgenza-emergenza, anestesisti, ginecologi e pediatri — ha detto l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, giovedì sera a «Porta a Porta» (Rai 1), che per trattare il tema ha dedicato un focus al Veneto —. I nostri direttori generali stanno facendo salti mortali per non chiudere nessun ospedale». «La richiesta di assistenza è superiore alla disponibilità di professionisti — ha confermato Luciano Flor, direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Padova, che conta 930 medici e 1200 specializzandi —. Abbiamo più posti a concorso che candidati». «La valigia dell’emigrante è stata sostituita dalla borsa del medico ospedaliero — la riflessione di Giampiero Avruscio, direttore dell’Angiologia e presidente dell’Anpo (primari) — dentro ci sono un maggior peso assistenziale, un maggior rischio clinico e poca valorizzazione del nostro lavoro. Da una parte i giovani sono costretti ad andare nel privato o all’estero in cerca di gratificazioni, dall’altra richiamiamo i pensionati. Stiamo uccidendo il nostro futuro». Il programma di Bruno Vespa ha catturato anche la voce degli specializzandi, con Michele Negrello: «Senza di noi l’ospedale andrebbe incontro a difficoltà importanti. Secondo il nostro contratto non possiamo sostituire i medici strutturati, ma in molti casi dobbiamo tamponare situazioni di carenza».
Il ministro Grillo, medico anche lei, ha ricordato: «Abbiamo aumentato le borse di studio per specializzandi da 6934 a 8100. L’altro grande passaggio, senza il quale non risolveremo mai il problema, sarà di trasformare il percorso post laurea, in modo che i neolaureati entrino immediatamente nel mondo del lavoro, affiancati dai tutor universitari. Oggi un neolaureato perde sei mesi-un anno per abilitarsi, deve entrare per concorso in una delle Scuole di specializzazione, che però offrono posti inferiori rispetto al numero dei candidati. E quindi viviamo il paradosso di ritrovarci con camici bianchi a spasso, senza la possibilità di diventare specialisti, pur avendone bisogno».