La Sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2019 che ha stabilito che gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva sono a carico dei bilanci delle Regioni rigettando il ricorso della Regione Veneto contro la legge di bilancio 2018 continua a far discutere. Secondo il ricorso della Regione tale legge “prevederebbe un incremento del 3,48% dei costi contrattuali per il personale dipendente delle amministrazioni centrali, che sarebbe destinata a essere applicata al comparto delle Regioni e degli enti del Ssn senza che sia stato previsto alcuno stanziamento aggiuntivo a favore delle regioni“. La questione è stata ritenuta “non fondata” in quanto la norma “non impone alle Regioni di assicurare al loro personale e a quello sanitario il medesimo incremento retributivo”, ma si limita a ribadire che gli oneri della contrattazione collettiva sono a carico delle regioni.
Alla pubblicazione della sentenza alcuni sindacati medici avevano sottolineato come il ricorso chiedesse di non applicare ai dirigenti medici e sanitari l’incremento contrattuale minimo del 3,48% sulle retribuzioni previsto per tutto il pubblico impiego. E come in attesa dell’esito del ricorso le trattative per il contratto nazionale fossero state “artatamente rallentate”. Sostenendo che la Regione Veneto, come altre Regioni, dal 2010 avesse fatto “sparire” gli obbligatori accantonamenti annuali, previsti dalla normativa nazionale, che andrebbero effettuati per garantire i rinnovi contrattuali. (vedi tabella).
Ieri è arrivata la “smentita” della Regione che sostiene di non aver boicottato i rinnovi contrattuali. Anzi di aver cercato maggiori fondi per pagare di più il personale sanitario.
Oggi la decisa risposta nelle assemblee unitarie di tutti i dipendenti che nell’ordine del giorno finale, ribadiscono la propria posizione, stigmatizzando tra l’altro:
“La decisione scandalosa della Regione Veneto di ricorrere alla Corte Costituzionale contro l’incremento del 3,48% della massa salariale (previsto per il rinnovo del Ccnl della Dirigenza del Ruolo Sanitario e sancito per legge nazionale) con il preciso intento di fare cassa a scapito dei dipendenti e di ricattare il Governo al fine di conseguire un ulteriore aumento del Fsn, malgrado quello in atto fosse stato già accettato dalla Conferenza Stato Regioni. Questo atteggiamento cinico e totalmente avverso ai dipendenti è stato la causa più importante del ritardo di circa un anno delle trattative per il rinnovo del Ccnl della dirigenza del Ruolo Sanitario e della crescente disaffezione di tali dipendenti, disposti anche a lasciare il SSN per migrare al privato o all’estero pur di non subire più tale clima. Solamente ora vi è un apparente risveglio delle Regioni, compreso il Veneto, per il rinnovo del contratto, costretti dalla sentenza avversa della Corte Costituzionale al ricorso della Regione Veneto”.
3 maggio 2019