Dopo tre anni di tregua, le imposte locali tornano ad aumentare. In mezzo a qualche rara agevolazione, i bilanci preventivi 2019 dei Comuni mostrano i primi effetti della “mano libera” che l’ultima manovra ha lasciato agli amministratori. L’Imu cresce in quasi una città su dieci (il 9,4%) tra gli 85 capoluoghi che hanno risposto al Sole 24 Ore del Lunedì. L’addizionale Irpef, invece, aumenta nel 7,3% dei casi.
Sembrano percentuali contenute, ma in molti Comuni le aliquote avevano già raggiunto il massimo nel 2016, quando era scattato lo stop ai rincari. Senza contare che il blocco non si era applicato alle città in dissesto, come Catania, Terni (che ha il prelievo al top dal 2018) e Caserta (che venerdì ha rinunciato a deliberare sulla definizione delle liti, si veda l’articolo in basso). Comunque, sono i tributi minori a registrare più ritocchi: dall’imposta di soggiorno (10,7%) alla Tosap (6,2%) fino all’imposta di pubblicità (con il record del 37,8%, motivato però da ragioni tecniche, si veda l’altro articolo in basso).
Affitti concordati: sconti in bilico
Gli aumenti dell’Imu riguardano in genere tipologie di immobili particolari o utilizzi specifici, che beneficiavano di un regime di favore. Ad esempio, a Pordenone arriva al 10,6 per mille il prelievo sui negozi sfitti (categoria C/1) nel centro cittadino. A La Spezia cresce dal 9,6 al 10,6 l’aliquota sui centri commerciali (D/8). A Torino passa dal 7,6 al 10,6 per mille l’Imu sulle abitazioni concesse dal proprietario in uso gratuito ai parenti; sale al 10,6 per mille anche il prelievo sulle case affittate a canone libero per le quali il locatore aveva concesso uno sconto all’inquilino.
Sempre a Torino, spinta dalle difficoltà del bilancio cittadino, cresce l’Imu sulle case affittate a canone concordato (dal 5,75 al 7,08 per mille). Scelta analoga a La Spezia (dal 4,6 al 6 per mille), espressamente motivata dalla volontà di riassorbire lo sconto statale del 25% varato nel 2016. Di segno opposto la decisione di altre città: limano l’aliquota Firenze (dal 7,6 al 5,7 per mille), Grosseto (dall’8,6 all’8) e Pavia (dal 10,6 al 9,6).
Lo «scambio» tra Imu e Tasi
Molte modifiche all’Imu vanno lette tenendo d’occhio la Tasi, prelievo che ha la stessa base imponibile e che spesso ne costituisce una “addizionale di fatto”. Diversi Comuni, infatti, eliminano la Tasi e accorpano l’Imu, con risultati non sempre immediati a livello di tax rate. Come a Udine, Padova e Carbonia, dove la Tasi sulle prime case di pregio (categorie A/1, A/8 e A/9) è stata azzerata e rimpiazzata da un incremento dell’Imu.
Lo stesso tipo di “scambio”, però, riguarda anche altri immobili, e in alcuni casi è a somma positiva. A Ragusa la Tasi sugli uffici (A/10) scende dal 2,5 all’1 per mille e l’Imu aumenta dal 7,6 al 9, con uno sconto dello 0,1 per mille. A Lucca, oltre ad assorbire la Tasi nell’Imu, viene anche eliminata la maggiorazione Tasi.
Addizionali Irpef al top
Restando sui tributi “maggiori”, non sono molte le città che hanno rivisto l’addizionale Irpef, ma si tratta quasi sempre di ritocchi di peso. A Barletta, ad esempio, se la soglia di esenzione resta ferma a 7.500 euro, per i contribuenti con redditi fino a 15mila euro l’aliquota passa dallo 0,2% allo 0,5 per cento. Mentre va dallo 0,4% allo 0,6% per lo scaglione fino a 28mila euro e dallo 0,6% allo 0,7% fino a 55mila euro. Aliquote praticamente già al livello massimo per gli scaglioni di reddito più alti.
A Mantova e Rimini si è invece deciso di abbandonare la formula flat (rispettivamente dello 0,4% e 0,3%) per abbracciare il sistema degli scaglioni progressivi (dallo 0,38% allo 0,8% a Mantova e dallo 0,55% allo 0,8% a Rimini). A Trapani – dove il consiglio comunale è stato convocato venerdì scorso, a ridosso della scadenza del 31 marzo – non si è intervenuti sull’aliquota, già alla soglia massima dello 0,8%, ma è stata ridotta la soglia di esenzione, da 13mila a 10mila euro.
Oltre ai rincari, le addizionali Irpef registrano anche alcune riduzioni: a Pisa è stata aumentata la soglia di esenzione, come anche a Forlì, che ha ridotto anche l’aliquota per chi ha redditi da 15mila a 28mila euro.
Tosap più leggera sulle edicole
I ritocchi non risparmiano la tassa di occupazione del suolo pubblico (Tosap, in diversi centri istituita come canone, Cosap). Genova e Torino hanno aggiornato il prelievo all’Istat, ma nel capoluogo piemontese sono stati modificati anche alcuni moltiplicatori che incidono sul calcolo. In altre città la tassazione viene estesa ad alcune situazioni particolari: dai passi carrabili (Ragusa) agli impianti di telefonia mobile e nuove tecnologie di comunicazione (Belluno).
Tra le riduzioni tariffarie, diversi Comuni scelgono le edicole, provate dalla crisi: succede ad esempio a Padova e Reggio Emilia (dove si interviene anche sui chioschi dei fiorai), mentre Firenze esenta le locandine dei giornalai (oltre alle pensiline di fermata del bus). Alessandria, invece, taglia dal 100 al 50% le sanzioni per l’omesso versamento del tributo.
IL SOLE 24 ORE